di Gianluca Bonazzi
Questo o quello? La “cultura” della contrapposizione
È la banale semplificazione che attraversa da alcuni decenni l’Italia, introdotta subdolamente da politicanti e altri personaggi da strapazzo, per cercare un consenso acritico, di parte, a prescindere.
da meranofestival.it
Con la scusa di rendere semplici le cose, le idee, le scelte nei vari campi della vita, abbiamo accettato un sistema, poi anche culturale, che ci ha impoverito, che ha ridotto la nostra visione ad un gretto qualunquismo semplicistico. Vero è che nel Medioevo l’ Italia era il paese di guelfi e ghibellini, ma nella realtà e nello spirito, fino agli anni ’70 del secolo scorso, sembrava ancora un piccolo continente di bellezza e cultura, conseguenza dell’attraversamento da parte a parte, nei millenni, di ogni sorta di popoli, e del fatto di essere cerniera naturale, impastata di terra e di acqua, tra Europa e Africa, tutte condizioni che hanno creato nel tempo pluralità e diversità, tanto da essere definita il Giardino d’Europa.
Chi si ricorda questo appellativo? Chi si ricorda il termine Belpaese?
Nel 1876 Antonio Stoppani, abate geologo, esplorò l’Italia alla ricerca di meraviglie geologiche. Alle soglie dell’ indipendenza nazionale, ne trasse un libro rivolto a tutti, ragazzi e adulti, che diventò ben presto un “best-seller” nazionale. Nel 1906, Egidio Galbani, fondatore dell’omonima azienda, creò un formaggio, e in suo onore lo chiamò, appunto, “Belpaese”, riportando il suo ritratto sull’etichetta e facendolo così conoscere all’estero.
Una nazione guida nel mondo in varie epoche, sia a livello culturale che in altri campi, evocata in ogni modo, da anni l’Italia si ritrova impantanata in una crisi senza fine, permeata da una logica di grandi opposti schieramenti, i quali a loro volta si dividono in sottodivisioni, incapaci di relazionarsi su alcunché se non sul promuovere, in modo più o meno evidente, l’ottica privata del salvataggio e del tornaconto personale, e disinteressandosi completamente di ogni senso civico.
La logica della contrapposizione frontale viene poi sapientemente evocata in caso di dibattiti economici ed ambientali, per definire strumentalmente il campo tra amici e nemici del progresso.
Lo scorso 7 aprile ho camminato sui luoghi dove dovrebbero costruire, col consenso del Comune di Borgotaro, 9 pale da 155 metri d’altezza, per sfruttare la poca energia del vento sui crinali tra il Santa Donna e la Val Vona, al confine tra i Comuni di Bardi e Borgotaro, in provincia di Parma. Ho visto coi miei occhi, ho potuto osservare, ho cercato di immaginare cosa significherebbe il tutto. Ho capito per l’ennesima volta come chi è a favore del progresso e dello sviluppo non lo faccia mai a ragion veduta, ma per sentito dire, come se fosse davanti a un tavolo, senza approfondire i pro e i contro del progetto, caso per caso; è capace solo di schierarsi come fosse un tifoso. Parla a vanvera, straparla, riferisce pareri non documentati, ma soprattutto non si presenta mai quando c’è la possibilità di capire le cose dal vero, mentre a pochi chilometri di distanza la situazione di un’altra parte della montagna parmense, che si sta letteralmente sbriciolando, potrebbe suggerire un minimo principio di precauzione, uno sguardo umile e tenero sulle cose, sulla vita. Conta invece solo il rilancio, a prescindere, di quanto detto dalla sua rispettabile parte, come cassa di risonanza e non persona capace di riflettere, in base a studio ed esperienza maturati nel tempo.
Chi vuol realizzare progetti devastanti il paesaggio, spesso stranieri ma con l’appoggio di forze locali, non lo fa mai informando preventivamente le popolazioni; rende privati i guadagni a spese della comunità, e quando viene scoperto paventa la minaccia di ritornare all’antico. “Volete la luce o la candela?” sembra chiedere l’accozzaglia di politici, di tecnici e di economisti. È evidente che giocano sporco, sapendo di farlo, contando sulla deriva, sulla distorsione o sull’inesistenza del linguaggio e delle relazioni, uniche condizioni in grado di connotare le persone.
da udinecultura.it
Se poi i luoghi sono abbandonati, come accade sempre più in montagna, ancor meglio, così i predoni vanno all’assalto delle risorse della “nave” terra; tanto nessuno guarda, scopre, protegge, tramanda. La madre di tutte le contrapposizioni è quella che vedeaffrontarsi in duello la cultura e il pane, come esclamò il ministro Tremonti qualche anno fa. Si sa chi vince, ma non viene detto – ovvio – che la cultura è un fatto di educazione e di formazione, che radica nella persona il principio della creazione e della relazione, che poi servirà in ogni campo.
Possibile che una nazione così ricca di bellezze si abbandoni senza reagire alla stupidità circostante?
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