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Siamo a Fort Portal, Uganda occidentale, non lontano dal confine con il Congo ex Zaire. Sono seduto nel giardino di un ostello, classico posto da viaggiatori occidentali, spartano ma pulito, con quell’atmosfera tipica di questi posti, dove ci si scambiano consigli e racconti di viaggio, c’è la connessione internet quando c’è la luce, che ieri è arrivata verso le nove di sera. Di fronte a me è stata montata una tenda sotto la quale si sta tenendo un incontro, non ho capito se si tratta di una funzione religiosa, perché chiaramente non capisco la lingua, le persone si alzano una ad una e dicono qualcosa rivolti ad un uomo che pare condurre l’incontro, forse si stanno presentando, parlano tutti a bassa voce, ogni tanto ridono tutti. Dal giardino vicino arriva musica reggae a volume sostenuto, in fondo la giardino Blanca Noa e Malaika, mia nipote, giocano con le bambole congolesi comprate ieri sera. Siamo qui da ieri pomeriggio, arrivati dal parco Queen Elizabeth dove siamo stati due giorni per vedere gli animali, che abbiamo visto in abbondanza. La prima sera, tornando da un giro lì intorno abbiamo visto improvvisamente un leone a dieci quindici metri dal minibus, le bimbe erano eccitate e spaventate ad un tempo, perché era davvero vicino, camminava al lato della strada. E’ durato un minuto, ma un minuto lungo. Ne abbiamo parlato tutta la sera, le bimbe, e forse non solo loro, hanno sognato il leone quella notte. Il giorno dopo abbiamo fatto uno spettacoloso giro in barca lungo un canale che unisce due laghi, pieno di animali: ippopotami, elefanti, bufali, aquile, un paio di coccodrilli, varani e tantissimi uccelli, è stato bellissimo li abbiamo visti bene, ho fatto un milione di foto. Ieri mattina alle 6 siamo partiti io Rose e Luca, i miei cognati, con una guida di una organizzazione privata che ha messo dei radiocollari a dieci dei leoni del parco Queen Elizabeth, che sono un centinaio in tutto. Tramite un’antenna abbiamo individuato e trovato prima una leonessa e poi due maschi che la notte prima avevano ucciso un bufalo, che avevano iniziato a mangiare; quando siamo arrivati stavano riposando all’ombra, era davvero una scena di caccia stile documentario. Noi eravamo sul tetto del minibus, a non più di dieci metri da loro, ma non ho avuto paura, anche se in teoria una quota di rischio c’era, ma i due leoni erano talmente sazi che respiravano a fatica. La guida con la quale siamo andati ha l’autorizzazione ad uscire dalle piste ed entrare nella savana per arrivare vicino ai leoni, cosa vietata agli altri. Dopo quel meraviglioso giro siamo partiti con il nostro autista che guida il minibus (e che ieri non nascondeva la sua paura dei leoni, essendo un taxista di Kampala non è abituato a queste cose) ed in tre orette circa siamo arrivati qui, il paesaggio è molto verde, a tratti colline coltivate, a tratti di pianura, i paesi e cittadine che traversiamo in questo giro ad anello da Kampala verso ovest e poi ritorno non sono bellissimi secondo i nostri canoni di bellezza, le campagne pesso sono bellissime, qualche giorno fa abbiamo traversato una zona di colline coltivate a thè che era meravigliosa, ed è ancora poco definirla così. Purtroppo il cielo è quasi sempre coperto a causa del fatto che siamo sull’equatore (l’abbiamo passata ieri) e ci osno molte foreste in questa zona di mondo, ma non fa freddo mai, la temperatura è ideale anche se l’autista veste la mia felpa perché ha freddo, qui siamo a 1500 metri circa, lui è abituato al clima di Kampala e qui ha freddo, io ho dormito con il solo lenzuolo. Come ogni viaggio insegna, tutto è relativo nella vita. A Kampala stiamo da Rose e Luca, la loro casa è bella, con un bel giardino curato, non lontano dal lago Victoria, sulle cui rive siamo andati un giorno a mangiare il pesce in un ristorante molto popular con apparenti standard igienici molto lontani dalle nostre paranoie sull’argomento. Sono andato un giorno in città con Rose, ed in particolare al mercato di Owino, uno dei più grandi della città: la parola che sintetizza l’ha detta Luca, “è denso”. Ci sono migliaia di persone, sia tra chi vende o sta semplicemente lì al banco, o ci dorme, e sia tra chi è lì per comprare. Ed in città è lo stesso, ci sono migliaia e migliaia di persone, centinaia di minibus, mototaxi, merce ovunque, appesa fino al secondo o terzo piano dei palazzi, un traffico ed un o smog impressionante.Siamo partiti da Kampala cinque giorni fa, e siamo andati ad ovest per circca 350 km, fino a Ibanda, il villaggio dove vive la mamma di Rose, ed alcune delle sue sorelle. Abbiamo anche conosciuto Festo, il suo papà, che ha circa 70 anni e 16 figli da tre mogli diverse (se ho capito bene Rose è la più vecchia), abbiamo fatto pranzo e festa a casa della mamma, è stata davvero un’esperienza forte ed interessante, al di là di ogni retorica. Le case sono poverissime, senza luce né acqua, ma i vicini di Paulina, il nome della mamma di Rose, stavano ancora peggio, almeno dal punto di vista materiale, c’erano tantissimi bambini, ed in generale di vecchi qui se ne vedono davvero pochi, sia in città che fuori. Nel pomeriggio dopo pranzo è partita la musica ed il ballo (solo donne e bambini, sia tra i locali che tra noi “Musungu” – soprannome dei bianchi), tutto il villaggio veniva a curiosare, e spesso a mangiare un po’ del cibo che era stato preparato per l’occasione. Bello davvero. E migliaia di foto da fare. In teoria domani ci avviamo verso Kampala, oggi vorrei andare a vedere un lago con l’autista. Qui davanti a me la riunione continua, non credo sia un funzione religiosa, sembra più un incontro per spiegare qualcosa, il conduttore parla, ogni tanto dai presenti si alza un brusio di approvazione . Ciao.
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