Cara Virginia, sapendoti molto affaccendata oggi mi limito a raccontarti due letture, senza pretendere risposte.
Sono due libri che hanno in comune il punto di vista del racconto, quello dei bambini. Il primo è un libro di cui ho già accennato e anche fatto vedere la copertina perchè è bellissima, NoViolet Bulawayo, We Need New Names (non ancora tradotto in italiano):
NoViolet Bulawayo, We Need New Names
Anche il secondo ha una copertina molto bella e un titolo altrettanto: L’oceano in fondo al sentiero di Neil Gaiman:
L’oceano in fondo al sentiero di Neil Gaiman
Devo confessare, come peraltro si capisce dal titolo, che We need new names mi è piaciuto molto e Gaiman meno. La voce dei bambini è in entrambi credibilissima, e questo porta uno struggimento e un’intensità che mi sono care. Ma mentre Gaiman racconta di cose fantastiche, e la cupezza, che spesso ci rifiutiamo di attribuire al mondo dei bambini ma in cui poi ci identifichiamo quando la troviamo sulla pagina, la possiamo scansare perchè alla fine si tratta di un mondo palesemente immaginario, nel caso di “We need new names” la storia è vera e presente come se fossimo lì, nello Zimbawe distrutto o nella Merrica in cui la protagonista emigra, senza risposte e senza soluzioni. Ed anche il titolo è meravigliosamente espressivo: se ce ne siamo andati dal posto dove siamo nati, e non siamo più di quel posto ma non siamo nemmeno di quello nuovo dove siamo approdati, tutti i nomi che conosciamo sono inutili, e ce ne vogliono di nuovi. Quanti? Per quanto tempo? NoViolet Bulawayo ci mette di fronte a un dilemma e ci lascia lì, attoniti.
Yours Antonia