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Rain Blood Chronicles: Mirage – Recensione

Da Videogiochi @ZGiochi
Recensione del 29/01/2014

Cover Rain Blood Chronicles: Mirage

PC TESTATO SU
PC

Genere: Hack'n Slash

Sviluppatore:

Produttore:

Distributore: Steam

Lingua: Inglese

Giocatori: 2

Data di uscita: 11/11/2013

VISITA LA SCHEDA DI Rain Blood Chronicles: Mirage

Pro-1Gameplay coinvolgente e appagante, per quanto non perfetto Contro-1Trama dimenticabile, anzi fate finta che non esista

Pro-2Stilisticamente magnifico, gran parte del gioco perlomeno Contro-2Sbavature qua e là

Pro-3Ottima rigiocabilità Contro-3Traduzioni degne di Zero Wing

Nella generazione appena conclusa abbiamo assistito ad una maggiore consapevolezza, sia da parte degli sviluppatori che dei giocatori, delle potenzialità offerte dal PC come piattaforma puramente da gaming, che ha permesso a generi solitamente relegati al mondo console, quali platform, picchiaduro o action, di approdare anche in questo settore in continua ascesa. Non è un caso dunque che il PC rappresenti oramai una tappa fissa per gran parte dei multi-piattaforma, sebbene spesso a scoppio ritardato, ma tuttora permangono dei vuoti rispetto ai comunque più blasonati sistemi d’intrattenimento, prontamente riempiti dalle produzioni indipendenti, al momento principale fonte di diletto per tutti quei giocatori in cerca di idee originali, concept old-school o esperienze poco gettonate dalle grandi case; Rain Blood Chronicles: Mirage, sviluppato dal team cinese S-Game e da poco su Steam, appartiene a quest’ultima categoria. Trattasi infatti di un hack’n slash a scorrimento orizzontale dai forti sapori orientali, che ricorda sotto diversi punti di vista lo splendido Muramasa: The Demon Blade di Vanillaware, frenetico, tecnico e dallo stile accattivante. Una piccola perla, o il solito made in China? Di seguito la recensione.

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ALL YOUR BASE ARE BELONG TO US

Prima di approcciare a cuor leggero Rain Blood Chronicles: Mirage, è doverosa una premessa: le apparenze ingannano, il gioco non è affatto come la prima, pessima, impressione potrebbe suggerire. Nello specifico, alla produzione S-Game piace prendersi il suo tempo, il battle system richiede dedizione prima di essere inquadrato, tuttavia una volta affondati i denti nelle meccaniche la pratica si dimostra di buona levatura, seppur con qualche ruggine. Dispiace non poter dire lo stesso del comparto narrativo in generale, confuso, sciatto, un pastrocchio che va a rovinare quella che altrimenti poteva essere un’avventura davvero intrigante se ben orchestrata, o un ottimo beat’em up in caso dialoghi e cutscenes fossero state eliminate completamente dal progetto (e visti i risvolti francamente avremmo preferito così); purtroppo la realtà dei fatti impone di sorvolare tacitamente sugli orrori che si presentano a schermo per apprezzare i restanti pregi del titolo, ma andiamo con ordine.

La storia ci viene presentata attraverso due interlocutori estranei alla vicenda, un nonno che tramanda una leggenda al nipote. Parla di un’immensa aeronave mai scorta da occhio umano, la “Lord’s Boat”, e del suo errare nei cieli del regno. La sua comparsa è sinonimo di catastrofe e ogni villaggio su cui si sarebbe posata la sua ombra in passato è stato raso al suolo, e la popolazione decimata. Per trovare fondamento ai recenti disordini, un’antica e segreta cabala di assassini manda in avanscoperta il suo agente migliore, Jade, ma quest’ultimo svanisce misteriosamente subito dopo aver fatto recapitare una lettera in cui conferma l’esistenza della nave, quindi vengono inviati i suoi due discepoli, Soul e Shang, per scoprire la verità e sgominare la malvagia organizzazione di turno. Fin qui ci siamo, l’introduzione, come lo stesso trailer tiene a sottolineare, lascia intendere una sorta di revival dei film (e non solo) di arti marziali che spopolavano negli anni ’70-’80, con combattimenti dietro ogni angolo, nemici sempre più forti, scambi di battute che forniscono giusto l’ennesimo pretesto per prendersi a sprangate e colpi di scena votati alla medesima causa; un fine lodevole, peccato che il risultato finale lasci molto a desiderare. Se da un lato infatti è vero che la trama riveste un ruolo di contorno, la frequenza e la lunghezza degli intermezzi non fanno che evidenziare un character design inesistente (tolti i protagonisti il resto del cast viene buttato sul set e schiatta senza lasciare nulla se non le proprie interiora sul pavimento) e una struttura a episodi fin troppo lineare e apatica, che culmina con la rivelazione scioccante dell’ultimo minuto forzatissima e il finale monco, positivo poiché auspica un eventuale sequel, dando la possibilità al team di limare gli ancora numerosi spigoli, ma ora come ora rimane solo l’amaro in bocca, assieme a un bel po’ di interrogativi.

Ciò, assieme a dei dialoghi da “recita di fine anno”, impedisce al giocatore di calarsi nel ruolo e la situazione diventa ancora più ridicola, o esilarante se amate il trash, non appena ci si confronta con l’aberrante localizzazione in Inglese. Non serve certo essere madrelingua per rendersi conto che qualcosa non va, sintassi e punteggiatura sono completamente sfasate, nulla che intacchi la già sconclusionata storia, fatta eccezione per la flebile atmosfera (meglio riderci su in effetti); il problema sorge quando persino le descrizioni di oggetti e skill vanno estrapolate dall’engrish. Il tutto si traduce nei primi 20-30 minuti di gioco trascorsi in completo smarrimento nel tentativo di raccapezzarsi (il trial and error qui assume un nuovo significato), ma supponiamo anche questo faccia parte del “divertimento”, no?

NON SAPRÒ SCRIVERE, MA SO USARE LA SPADA

Lo ammettiamo, accanirsi sulla discutibile narrazione e il pessimo adattamento è stato un po’ come sparare sulla croce rossa, fortunatamente Rain Blood Chronicles: Mirage recupera dignitosamente quando è il gameplay a passare sotto i riflettori. Come accennato in apertura, il titolo S-Game è un hack’n slash bidimensionale in cui controlleremo due personaggi, Soul e Shang, ognuno con un peculiare stile di combattimento e abilità proprie, che potremo alternare in qualunque momento per adattarci alle circostanze. Soul è il classico guerriero à la Ninja Gaiden, dotato di attacchi potenti e dall’ampia portata, in grado di schivare occultandosi e contrattaccare con il giusto tempismo, veloce e semplice da usare, la scelta perfetta per le mischie e le boss fight; Shang dal canto suo è un tipo più tecnico e compensa un minor dinamismo con la capacità di creare a comando spade di energia per bloccare i nemici o attaccare dalla distanza; presi singolarmente i suoi fendenti sono deboli rispetto a quelli di Soul, ma molto più rapidi, che lo rendono ideale per il “juggling”, sebbene il suo approccio basato essenzialmente sul controllo del campo di battaglia potrebbe risultare ostico per un principiante. Dopo un tutorial abbastanza esplicativo, si avrà accesso alla base operativa della cabala da cui acquistare oggetti, che forniscono bonus passivi come loot maggiorato, recupero di salute e ki, resistenza al danno ed altro ancora, sbloccare nuove abilità, barattare oro in cambio di crediti o materiali e consultare i dati raccolti su Mirage e i suoi seguaci sconfitti.

La campagna è composta da otto location molto caratteristiche, tra montagne sacre, foreste avvelenate, città sul mare, fortezze protette da robot, curiosamente sviluppate principalmente in orizzontale a dispetto del background. La progressione è piuttosto lineare, gli stage sono scanditi dai continui combattimenti all’interno di arene chiuse e dalle sequenze animate “plot-driven” (tirate per i capelli, origliare da esaltati assetati di sangue non è un buon metodo per ottenere informazioni affidabili a nostri dire) fino allo scontro con il boss di fine livello, lasciando sporadicamente spazio a fasi platform (poco convincenti per la cronaca) e un pizzico di esplorazione alla ricerca di scrigni nascosti e segreti vari. Lineare invero, ma non monotona, anzi, esistono svariate tipologie di nemici e varianti, con pattern forse poco elaborati in grado però di dare del filo da torcere quando combinati, dalle reclute armate di spada agli arcieri, fino ad alchimisti, unità aeree, mostri e amenità assortite. Da soli non valgono granché, ma quando il loro numero inizia ad aumentare (ovvero sempre) sviluppano un’improbabile sinergia che forza il giocatore ad usare la testa oltre che i polpastrelli; il button mashing è una pratica poco efficace, anche alle difficoltà minori. Complessivamente il tasso di sfida non è mai proibitivo, complici i 20 ticket di respawn elargiti gratuitamente ad ogni nuova partita, ottimi per testare i limiti di ogni combo e contromossa sulla propria pelle! Imparando a gestire contemporaneamente Soul e Shang e memorizzando i tempi di reazione delle varie classi avversarie, farsi strada diventa semplice, ma al tempo stesso divertentissimo: il ritmo martellante dell’azione, il sistema di controllo preciso e reattivo (consigliamo caldamente l’uso di un pad, con la tastiera si muore, sul serio) e la mole di nemici a schermo rendono ogni sessione molto godibile… fintanto che escludiamo dal conteggio un bilanciamento altalenante, boss fight ora epiche, ora lame, e un level design che ci mette spesso i bastoni tra le ruote a causa di una realizzazione poco ponderata (i canali di scolo specialmente sono uno strazio).

I livelli superano mediamente i 30 minuti di lunghezza, nella media del genere, tuttavia per quanto infarciti di checkpoint intermedi non troveremo mai un vero e proprio punto di salvataggio, costringendoci a ricominciare daccapo qualora non riuscissimo ad arrivare fino in fondo; ci si può convivere, ma non è il massimo della praticità. Avremo comunque modo di rigiocarli diverse volte, vista la presenza di ben 4 livelli di difficoltà e l’acquisizione di tutte le abilità ed i relativi potenziamenti di entrambi i protagonisti, le quali richiedono almeno 2-3 run, che assieme alla co-op locale, le modalità extra, le valutazioni ed i numerosi achievements vanno come minimo a quadruplicare le 4-5 ore necessarie per veder scorrere i titoli di coda per la prima volta; per i completisti insomma c’è parecchia carne al fuoco su cui mettere le mani.

KORE WA ARTOH… NO, QUELLO NO…

Tecnicamente Rain Blood Chronicles: Mirage si difende bene, frame rate stabile e supporto completo all’alta definizione sono sempre ben accetti quando lo schermo è perennemente invaso dai nemici, ma il vanto del titolo S-Game è lo stile, fortemente influenzato dalla cultura cinese, in particolar modo del periodo medioevale, in cui è ambientato il gioco. Il tratto deciso e le tinte fredde rendono i fondali animati molto suggestivi, come se disegnati a mano, che ben si sposano con i dettagliati modelli dei nemici e i vivaci effetti speciali. Le animazioni ridotte a una manciata di fotogrammi danno infine al tutto un tocco old-school, per un colpo d’occhio notevole, sebbene la qualità complessiva non sia uniforme, considerata la presenza di alcuni elementi sottotono, probabilmente aggiunti in fretta e furia (effettivamente gli svarioni aumentano nelle fasi conclusive); fatto sta che si notano, e di brutto. Buona la colonna sonora, d’atmosfera e orecchiabile, meno il doppiaggio: sarà che non siamo ferrati con l’intonazione cinese, ma i doppiatori sembra stiano leggendo un foglio durante la pausa pranzo, non c’è sentimento, sia che i personaggi stiano per tirare le cuoia, siano in preda a deliri mistici, scherzino allegramente o abbiano appena saputo che Darth Fener è loro padre… Mistero.

Rain Blood Chronicles: Mirage – Recensione IN CONCLUSIONE
Una volta venuti a patti con i problemi di narrazione e una formula di gioco non sempre all'altezza delle aspettative, Rain Blood Chronicles: Mirage si rivela un discreto hack'n slash, dalle meccaniche solide, longevo, abbastanza impegnativo e ricco di fascino, un must per gli amanti del genere su PC, specie se in cerca di alternative a Muramasa, ma in definitiva un titolo da tenere d'occhio vista la velata accessibilità e la possibilità di giocarlo interamente in co-op; potrebbe non risultare un affarone a prezzo pieno, ma sappiamo come funziona Steam... ZVOTO 7
Voto dei lettori6
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