John Rambo (Sylvester Stallone), ex berretto verde e reduce del Vietnam, arriva a Hope, piccola cittadina nello Stato di Washington (in realtà situata nel Canada), per far visita al compagno di guerra Delmore Barry. Scoperto dai genitori del ragazzo che il cancro se l’è portato via, continua il suo viaggio senza meta e prova a entrare in città, ma incontra lo sceriffo Will Teasle (Brian Dennehy), che lo arresta per vagabondaggio. Gli spavaldi poliziotti di Hope ci vanno giù pesante, ma non hanno fatto i conti con la furia di Rambo.
“Come si fa a non rivedere Rambo a ogni nuovo passaggio in tv?” Questo è quello che mi chiedo ogni volta che lo trasmettono ancora e, neanche il tempo di rispondermi, sono già lì che lo riguardo. Dramma crepuscolare di un uomo solo, segnato per sempre dalla guerra e al suo ritorno rifiutato dalla società. Intriso di tematiche psicologiche e pervaso di critiche al sistema e all’esercito, non è un film sulla violenza, semmai su certe dinamiche che possono condurre a perpetrarla. Diventato nell’immaginario collettivo un eroe solitario e devastante (fascia rossa sulla fronte e collana di munizioni indosso), incarna perfettamente la ribellione al potere, eppure viene umanizzato dall’intervento di Stallone (qui in una delle sue migliori interpretazioni), che in fase di sceneggiatura lo rese meno spietato rispetto al libro di David Morrell (First blood il titolo originale) e ne cambiò anche le sorti nel finale. Esplosioni e inseguimenti non mancano, e le musiche di Jerry Goldsmith sono epiche e memorabili. Battute passate alla storia come «In città sei tu la legge, qui sono io» oppure «Lasciami stare o scateno una guerra che non te la sogni neppure», o ancora «Non è stato Dio a fare Rambo. L’ho fatto io» e «Io non sono qui per salvare Rambo da voi. Sono qui per salvare voi da lui» (quest’ultime due pronunciate dal Colonnello Trautman, reso celebre da Richard Crenna), e un ultimo struggente monologo. Parte indimenticabile per il caratterista Brian Dennehy e ruolo minore per il rosso David Caruso (l’Horatio Caine di C.S.I.: Miami). Non credete ai sequel che vedono un John Rambo snaturato, privato della sua dimensione sociale e ridotto a puro guerriero senza causa; se esistesse davvero, oggi, a trent’anni di distanza, se ne starebbe in qualche fattoria nel Montana o in qualche altra parte, a godersi la sua vecchiaia in mezzo a verdi praterie. O almeno io lo vedo così. Riposati, Johnny.