Conosco bene Giovanni Veronesi, ma conosco ancora meglio Novecento di Bernardo Bertolucci e, soprattutto… e dico soprattutto… La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana.
Veronesi cerca di seguire le loro orme ma, fa del suo peggio imbruttendo attori e attrici e riesce anche a imbruttire il film.
Senza i due titoli citati, L’ultima ruota del carro non esisterebbe. E, visto che sono emotivamente legato a entrambi, non me la sento proprio di fare a meno di loro, sacrificandoli, per non vedere più il terzo.
Perché, intendiamoci, è palese che Veronesi Filippo Bologna, Ugo Chiti e Ernesto Fioretti abbiano cercato di emulare questi due capolavoroni del cinema italiano intingendoli nel registro della commedia (anziché nel melodramma storico- politico-poetico).
Una sceneggiatura troppo banalotta, le peggiori luci possibili (Fabio Cianchetti, io ti adoro!!! Ma dove stavi in questo film?!?) e poi vecchi volti che pensavo di non poter mai più rivedere al cinema e che invece escono fuori con dei personaggi che dicono robe destabilizzanti tipo Dalila Di Lazzaro (la signora veneta), Francesca Antonelli (Agnese) e Francesca D’Aloja (la stravagante Donna Giulia).
Così, la storia (dagli Anni Sessanta in poi) del tapino traslocatore Ernesto (Elio Germano) non turba e non cattura neanche quando va incontro alle sfighe. Troppo burino, troppo superficiale come personaggio perché lo spettatore possa cogliere sul suo volto le paure o la felicità che, invece, avrebbero colpito noi comuni mortali. E questo discorso vale anche per tutti quelli che sono intorno a lui.
Lì, dove Nicola Carati (Luigi Lo Cascio in La meglio gioventù) riusciva a creare ironia e sorpresa anche nello sfacimento generale, Ernesto fa da tappezzeria.
Lì, dove Alfredo Berlinghieri e Olmo Dalcò (rispettivamente Robert De Niro e Gérard Depardieu in Novecento) si infiammavano politicamente e non, Ernesto alza le spalle e gira su Studio Sport.
Perché è il tipico italiano medio del cacchio, Ernesto.
Che il film, oltretutto, sia misogino e che releghi le donne o a mogli-amanti-deformate a troie di qualcuno o ricche-acculturate da prendere per il culo è un dato di fatto.
Detto questo, trasferite pure Elisa alla parrocchia di Santi Cosma e Damiano di Lanusei, perché la sua colonna sonora è invisibile e, udito l’ultimo singolo uscito dal suo nuovo album (L’anima vola), potrebbe avere un successone come autrice di robe ecclesiastiche remixate.
Fabio Secchi Frau