Titolo: Acque letali
Autori: Gian Giuseppe Ruzzu, Carlo Carere
Editore: Ciesse Edizioni
Anno: 2012
Genere: thriller
ISBN Libro: 978-88-6660-022-0
ISBN eBook: 978-88-6660-023-7
Num. Pagine: 272
Prezzo libro: 16,00 €
Prezzo eBook: 5,00 €
Voto:
Romanzo liberamente ispirato a fatti veri tratto dalla sceneggiatura “Prima Che Finisca Il Giorno” vincitrice al 2008 Endas International Screenplay Competition
Trama: Un terremoto distrugge una grande quantità di scorie radioattive occultate illegalmente in un terreno del Sud Italia. Le conseguenze potrebbero essere devastanti poiché l’acquedotto di una vicina cittadina verrà a breve contaminato. Nessuno ne è al corrente tranne un giornalista e un’epidemiologa i quali, nel tentativo di far luce sull’evento diventano il target di una spietata organizzazione dedita al traffico di scorie, pronta a tutto pur di mantenere la vicenda segreta. Soli contro tutti e braccati dai trafficanti, i due protagonisti sono costretti a indagare autonomamente, arrischiandosi in una corsa contro il tempo dall’esito della quale dipenderà la loro vita e quella di decine di migliaia di persone.
Recensione: Come in tutti i thriller che si rispetti, nel romanzo si prospetta la battaglia tra il bene e il male, i quali però non rappresentano modelli astratti o generiche e impalpabili metafore.
Cosa rappresenti il MALE non è scontato rivelarlo: quello che qui viene raccontato è quanto di più inimmaginabile possa indicarsi. Esprime ciò che trascende la nostra natura, anche la più perversa. È un male che vola alto, forse troppo, andando oltre le fragilità, le nequizie e gli sbandamenti dell’umano. Si va al di là della consueta cronaca giudiziaria, di quelli che potrebbero ritenersi reati comuni (anche se gravi, perché pregiudicano il consorzio civile). Cosa mai riportano queste pagine? Non semplici truffe o scaltri raggiri, ma nemmeno consuete – si fa per dire – associazioni a delinquere. Non si raccontano solo delitti efferati, non si descrivono puri e semplici atti di corruzione. Gli autori mettono sul piatto qualcosa che potrebbe scandalizzare il delinquente comune, di cui persino il mariolo patentato avrebbe orrore e non solo vergogna.
Emerge, e nemmeno dai bassifondi, un manipolo di guerriglieri al soldo di chissà chi, intenti a porre nel nulla qualsiasi ostacolo che possa smascherare il traffico di rifiuti di un certo tipo. E per traffico si intende non il loro smaltimento ma l’occultamento nel suolo o nei mari, col rischio accettato di inquinare terreni, falde acquifere, fondali, con tutto quello che ne deriva. Insomma: un conto sono i problemi logistici, la negligenza dovuta a cattiva amministrazione, a carente programmazione nello stoccaggio e smaltimento dei rifiuti. Un altro invece è la pianificazione criminale di attività che sistematicamente attentano alla salubrità del suolo e di coloro che lo coltivano, ci costruiscono case e vi abitano. Si tratta, a ben vedere, di un crimine contro l’umanità. Uno di quelli talmente aberranti da avere in sé un che di diabolico, da superare anche la più perversa delle volontà umane, simile a un suicidio collettivo. Il tutto per un vantaggio personale che non si capisce bene in cosa consista, avendo barattato non solo l’altrui ma la propria salute. Nemmeno Faust avrebbe firmato un patto del genere. Non c’è prezzo in contropartita che non si riveli prima o poi un conto troppo salato da saldare.
Fin qui cosa c’è di nuovo? C’è che i rifiuti di cui si parla non sono tanto i rifiuti urbani o industriali non smaltiti come si dovrebbe e che causano grattacapi che sono nell’ordine del giorno, consueti, noti. Il mostro che si aggira tra le pagine è una contaminazione di scorie radioattive senza precedenti, ma solo perché di questi non c’è cronaca, non c’è storia ma soltanto silenzio. Mancano le denunce, ci sono grida ma non quelle manzoniane dei legulei, solo voci che vengono zittite o svergognate.
A rompere il muro del silenzio, a dire il vero, qualcuno c’è stato: Roberto Saviano con Gomorra, e già il suo è un quadro insostenibile, ricco di ramificazioni.
Se Acque Letali rispetto a Gomorra è opera di finzione, lo è fino a un certo punto. La storia è romanzata ma realistica: si ispira a fatti realmente accaduti, o che potrebbero accadere.
E il BENE, invece, dove sta di stanza? Nei momenti più drammatici e orribili, davanti ai quali nessuno vorrebbe trovarsi, si intravedono spesso degli spiragli, piccole luci preziose. Da qualche parte ci sono sempre una Enrica Siniscalchi e un Charlie Serrano: persone comuni, poco fuori dall’ordinario, munite di testa dura e buona volontà. Qualche volta hanno trascorsi non facili, da costoro non ti aspetteresti quello scampolo di eccellenza tanto desiderata e apprezzata quanto, nella realtà dei fatti, scansata, disarmata, umiliata dalla mediocrità e dalla ottusità dei più. Sono anche persone che raramente occupano posti chiave, cioè funzioni apicali, posti di responsabilità. Si trovano per lo più dietro le quinte e paradossalmente, proprio per questo, si rivelano più recettive e addentro alle cose.
Persone comuni, ho detto, proprio quelle che in genere si defilano dagli atti di eroismo. Chi se la sentirebbe mai di affrontare qualcosa di peggio di Pandora e del suo vaso scoperchiato? Non si ritengono all’altezza, accettano il giudizio che altri hanno espresso nei loro confronti. Non spetta a loro intervenire, dire l’ultima parola. Non ci sono le autorità per questo?
Sennonché le autorità sono fatte di persone comuni, cioè da individui dai quali non ti aspetteresti nulla che ecceda le qualità imposte dal loro ruolo e dal loro (magro) stipendio. Eppure anche lì si nasconde l’eccellenza, al riparo chissà in quale cantuccio, costantemente offesa e messa da parte.
Il MALE sembra più organizzato, più intelligente del BENE. O forse solo più feroce. Il BENE non ha granché da opporre, scivola più tra detti e contraddetti, non ha le vesti di Rambo e simili, il super-eroe americano non è contemplato. Lo scoramento, piuttosto, la tentazione di gettare la spugna può farla da padrona.
«Mi hanno derisa, dato della matta solo perché ho fatto una cosa giusta. Perché va tutto così alla rovescia in questo mondo?» si lamenta a un certo punto Enrica.
Se nel romanzo vi è un lieto fine, (chi leggerà vedrà) esso non ci rasserena affatto. Se in questo universo letterario, parallelo a chi legge, le cose sembrano procedere per il meglio, noi che chiudiamo il libro ci troviamo proiettati nel nostro, dove tutto è in bilico. Anche così, tuttavia, le cose non sono più le stesse: un monito si solleva sopra le ultime righe. “Ora tocca a noi”.