Recensione dello spettacolo La trovata di Paolino di Petrolini al Teatro San Genesio
Creato il 24 novembre 2012 da Stifler84
“Petrolini è quella cosa/ che ti burla in ton garbato/ poi ti dice ti à piaciato? Se ti offendi se ne freg.” Con questi pochi versi egli si definiva. Volto storico del teatro comico italiano, irriverente sbeffeggiatore, Ettore Petrolini ha influenzato sicuramente il genere comico del teatro novecentesco. Dopo la lunga gavetta, la notorietà e il riconoscimento mussoliniano, Petrolini e il suo teatro sembravano dover essere archiviati come parentesi storica. Tuttavia, negli ultimi anni c'è stata una vera e propria riscoperta del suo teatro, dall'ammaliante risata, il quale sempre in sé racchiude lati più tragici. Le vicende petroliniane, ben ci mostrano in realtà quanto i tempi siano cambiati, i personaggi, l'estrazione culturale e la semplicità popolaresca, raccontano di un'altra Italia. Tuttavia, alcune cose sembrano caratteristiche di questo paese a forma di stivale: l'avversione alle suocere, l'ergastolo matrimoniale, il colore di certi personaggi (come il capostazione Paolino) che ancora oggi è possibile rinvenire nelle piccole stazioni di provincia. Ciò che soprattutto lo rende ancora rappresentabile, è la capacità delle gag di far ridere e finché si riderà ci sarà posto per Petrolini sui palcoscenici italiani. Accanto a personaggi più rappresentati e blasonati, quali Gastone e le altre macchiette, o commedie come Nerone, c'è un'intensa produzione che è rimasta sepolta e dimenticata. La trovata di Paolino, commedia in tre atti che Petrolini adattò partendo da quella di Renzo Martinelli, è tra quei lavori dimenticati, non rappresentati. Salvo però che un giorno, qualcuno dall'animo curioso, non vada a scartabellare tra le opere sopite riportandola alla luce. Felice Sandro Leo, regista della compagnia La Tana dell'Arte, ha creduto che questa opera dovesse essere conosciuta e, dopo aver affrontato Gastone, riporta in vita questo cimelio del teatro al Teatro San Genesio di Roma fino al 25 novembre. Paolino è Capostazione in una piccola stazione di provincia, oppresso dalla moglie e dalla suocera. L'unica sua consolazione è la giovane e maritabile figlia Matilde. Il divorzio era ancora uno scandalo e c'era ancora il flagello della malaria in molte zone d'Italia (a conferma di quanto fosse diverso il contesto storico), Paolino dunque escogita un piano per sfuggire alla morsa delle due donne: con l'aiuto di Don Serafino, chiederà il trasferimento a Scarlino, cittadina della maremma infestata dalla malaria, costringendo le due donne a non seguirlo per paura del contagio. È l'incidente scatenante che darà vita a tutta una serie di situazioni comiche. Nonostante l'evidente cornice storica, Felice Sandro Leo riesce comunque ad allestire una messa in scena frizzante ed aggiornata ai canoni comici del nostro tempo. La sua regia ha il pregio di non affidarsi esclusivamente all'estro creativo del suo primo attore – un Luca Pennacchioni brillante, coi tempi comici nel sangue e dalla sfrontata mimica facciale – ma mette insieme i vari pezzi del puzzle scenico, dà luce e vigore anche a quei personaggi che inizialmente erano stati concepiti come semplici comparse. Questo è importante per mantenere un equilibrio, creare un gruppo che lavora insieme per un risultato collettivo e non per l'esaltazione dei singoli, dando così possibilità ai giovani attori alle prime apparizioni, di confrontarsi con personaggi che non sono solo di confine, ma divengono essi stessi protagonisti di singoli istanti scenici. Altresì da notare come Sandro Leo imprima un dato ritmo allo spettacolo, il quale non è esplosione iniziale, ma un lento progredire di atto in atto, fino al brillante e tragico atto finale, cui il regista non manca di evidenziare dopo le grasse risate il suo epilogo amaro. Sì, perché sono commedie, ma non nascondono il lato drammatico della vita, un po' come Fantozzi cui mai la sua saga riservò un finale a lieto fine. Chissà se ora, il rinato Paolino, voglia già chiudere il sipario su di sé, o abbia voglia di continuare a vivere ancora e ancora, su nuovi palchi, in nuove stazioni. Se così sarà, dovrà allora ringraziare il suo secondo padre, Felice Sandro Leo, per averlo riportato alla luce. Ti à piaciato?, disse Petrolini: ci à piaciato.
Matteo Di Stefano
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non sono un critico ma x quello che conta ieri ho visto uno SPETTACOLO teatrale bravi tutti :-)
Inviato il 26 novembre a 10:49
E' bello ricevere apprezzamenti per il proprio lavoro, ma è ancor più bello sapere che ciò che si è riportato alla luce è una ricchezza per tutto il patrimonio del teatro romano e non solo. Quando si incontra un critico impegnato a valutare i contenuti di un'opera artistica, qualunque essi siano, senza dover ricorrere necessariamente a scopiazzare un comunicato stampa modificando soltanto qualche parolina per poi chiamarla "recensione", quando ad essa si da una collocazione storica e artistica con competenza professionale, allora penso finalmente che, viva Dio, qualcuno c'è che capisce cosa sia successo. La banalità nel mondo teatrale non ha spazi comodi, il nostro è un mondo di finzione di illusione e fantasia ma ricco di verità. A' piaciuto anche a me.
Felice Sandro Leo