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Recensione di Il nuotatore di Joakim Zander

Creato il 24 giugno 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

11 Flares 11 Flares × Recensione di Il nuotatore di Joakim ZanderIl nuotatoreJoakim Zander
Pubblicato daBompiani
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Narratori stranieri Bompiani
Genere:Thriller
Pagine:
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La trama:

Due ragazzi, uno studente e la giovane assistente di una parlamentare europea si ritrovano, quasi per caso, in possesso di informazioni sensibili e riservate, che possono costare loro la vita. Un giovane avvocato è, senza sapere bene perché, ostaggio di un'organizzazione spregiudicata. Un personaggio dal passato misterioso veglia sulla ragazza, cercando di proteggerla.

Per quanto non sia particolarmente abituata al genere, credo che Il nuotatore possa essere definito come un “thriller classico”. Ci sono dei “buoni” in fuga, inseguiti da dei “cattivi” senza scrupoli, ci sono spie e sorveglianze, armi e due personaggi ambigui, con un passato doloroso e controverso alle spalle, che cercano in tutti i modi di aiutare i “buoni”. La narrazione è affidata a tre voci diverse: quella di Klara, la giovane assistente della parlamentare, che si trova per caso a seguire l’amico ed ex-compagno venuto in possesso delle informazioni sensibili; quella dell’avvocato, George, che è costretto a collaborare, sotto ricatto, per un’organizzazione sospetta, e quella di un americano misterioso, di cui non sapremo mai il nome, che capiamo quasi subito essere il padre di Klara. Curiosamente, solo l’americano parla in prima persona.

Inizialmente risulta abbastanza difficile seguire la storia, e non solo a causa dei tre punti di vista diversi: l’intreccio è davvero complicato ma non per questo incredibile; l’autore, Zander, è un avvocato svedese con esperienze in Medio Oriente e nelle aule parlamentari di Bruxelles. Spesso mi sono chiesta se, magari, qualcosa non fosse preso – con le dovute modifiche, s’intende – dalla realtà.

Da metà in poi, il ritmo si fa più serrato, angosciante e coinvolgente. Oltre alla spy story, dobbiamo confrontarci con il vissuto dei personaggi. Il nuotatore è anche una storia di amore paterno, di esigenza di riscatto. Mi ha quasi convinta di più questo aspetto che non la parte diciamo “thriller”. Gli eventi che conducono al finale sono raccontati in maniera complessa, convulsa, ma le cose si “risolvono” in maniera – a parer mio – semplicistica. Un po’ come se l’autore non volesse – o non sapesse – sciogliere la matassa in modo più articolato. La vicenda si svolge tra il Medio Oriente, Parigi, Bruxelles, Stoccolma e un arcipelago scandinavo: l’ambientazione purtroppo lascia un po’ a desiderare, solo l’arcipelago è descritto con toni semplici ma davvero evocativi.

Quanto scritto fin qui non credo giustifichi il voto basso, 2/5, il più basso che ho assegnato a un libro da quando scrivo qui. Per gli amanti del genere, può darsi che Il nuotatore sia una buona lettura, con una trama ben congegnata e coinvolgente, con l’unica “pecca” del finale affrettato. Personalmente, forse perché studio materie umanistiche e leggo classici da quando ero bambina, sento sempre l’esigenza di leggere un libro che sia qualcosa di più di una “bella storia”. Il nuotatore ha, a mio parer, un grave difetto: è scritto male. Mi dispiace quasi dare un giudizio così netto, ma in base al mio bagaglio di esperienze posso giudicarlo solo così.

Soprattutto quando la narrazione è affidata all’americano, abbiamo tutta una serie di riflessioni che vorrebbero essere profonde ma risultano solo stucchevoli e banali. Le ripetizioni, purtroppo, non si contano. L’autore sembra avere una predilezione per l’aggettivo “dannato” e l’avverbio “dannatamente”, a cui attribuisce un significato opposto a quello letterale: troviamo “dannatamente simpatica / carina”, oppure “dannata fortuna”. Questo aggettivo ( o avverbio) ricorre anche tre o quattro volte nella stessa pagina: davvero, fa cadere le braccia. Talvolta vi sono espressioni bizzarre, che forse vorrebbero suonare divertenti (“si fece strada a gomitate … con la sua American Express pronta a colpire”) e che a me hanno solo ricordato uno squallido stile pseudoamericano che, tra l’altro, andava di moda parecchi anni fa.

Da un lato, l’autore può e deve lavorare di più. Dall’altro, credo che dai libri presentati con fascetta gialla, tradotti in 28 lingue nel giro di pochi mesi, noi lettori abbiamo il diritto / dovere di aspettarci molto di più.

Giulia Chevron - Blog

 



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