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[Recensione] I peggiori di Chiara Zaccardi

Creato il 12 maggio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] I peggiori di Chiara ZaccardiTitolo: I peggiori
Autore: Chiara Zaccardi
Editore: Noubs
ISBN: 9788886885300
Anno: 2012
Lingua: italiana
Numero pagine: p. 378
Prezzo: € 15,00
Genere: Horror
Voto: [Recensione] I peggiori di Chiara Zaccardi

Trama: Hanno 17 anni, vivono a Cles, tranquilla cittadina della California, e frequentano un costoso liceo privato. Queste sembrano le sole cose che accomunano sette adolescenti come tanti. In realtà, c’è anche dell’altro: sono i più sbandati, ribelli, indisciplinati. La loro cattiva condotta rischia di farli espellere e li costringe a seguire un corso serale di rieducazione. Ma di notte, tra le mura della Kennedy High School, succede qualcosa, e il luogo che i ragazzi hanno sempre considerato familiare e sicuro si trasforma in un incubo. Se prima la posta in gioco era rimanere nella scuola, ben presto l’obiettivo diventa uscirne. O meglio, uscirne vivi. Perché l’alternativa è di venire catapultati in una spirale d’orrore dove bene e male, giusto e sbagliato divengono una cosa sola, mescolandosi in un viaggio da cui pare impossibile fare ritorno.

Recensione: Sette protagonisti sono davvero tanti, il lettore per seguire proficuamente gli eventi deve porsi nelle condizioni di distinguerli e di non confonderli. Deve capire chi siano, cosa pensino, quale sia il loro carattere. Il difficile è proprio questo, l’autrice si è assunta l’arduo compito di offrirci personaggi che non fossero di cartapesta o eccessivamente stilizzati. Un romanzo horror infatti non lascia molto spazio all’introspezione, gli eventi devono avvicendarsi in rapida successione per evitare pesantezza o lentezza.

Vi è una prima parte piuttosto cospicua e frammentaria, nella quale prendiamo confidenza con i sette studenti della Kennedy High School, prima che vengano coinvolti in una situazione angosciosa e terrificante. Le figure che emergono sono efficaci, il ritratto psicologico di ciascuno è esauriente, dettagliato, non manca di complessità. A tratti ci si perde, ma si ritrova presto il bandolo della matassa.

Incontriamo Pollyanna, l’artista del gruppo, in cerca di identità e di autonomia, intraprendente e cocciuta quanto basta per coronare a poco a poco le proprie attese. Crea di notte, al buio, dipingendo sui muri. Da essi, l’ideale albo da disegno, trae le migliori ispirazioni.

Lake ha velleità di Casanova, nei fatti è una mina vagante. Entusiasta degli effetti allucinatori di cui va in cerca, mischia pericolosamente cocaina e alcolici.

Keyra è la più problematica del gruppo. Accoglie su di sé i momenti critici, per poi vendicarsi in maniera inconsulta e sadica in un secondo momento contro chi le ha fatto del male.

A Claire piace recitare, lo dimostrerà in diversi contesti. È la più accorta, in apparenza la più controllata, ma non meno temibile. All’occorrenza non disdegna le vie di fatto.

Juliette è la più fragile. I genitori vivono all’estero,  non se la passano bene. È riuscita a entrare nel College grazie a una borsa di studio, per non perdere Will e Matthew, le sue uniche amicizie. Vive con i nonni aiutandoli a gestire un negozio di pollame.

Matthew, nonostante l’età, vive da solo e ha un rapporto complicato con il padre, un uomo severo, anaffettivo e dagli occhi limpidi, freddi e verdi. Impossibile farselo amico.

William, che chiude il gruppo dei sette, è uno dei più benestanti ma non meno inquietante.

Certo, 120 pagine possono sembrare troppe come preludio. Tuttavia senza questo lungo intermezzo quello che viene dopo sarebbe risultato mutilo. Non saremmo stati in grado di assimilare gli eventi, né cogliere l’orrore che l’autrice ha inteso esprimere. Ha costruito in maniera precisa e impeccabile un intero mondo, permettendo al lettore di orientarsi.

L’aspetto che apprezzo di più di questo romanzo è proprio questo. All’autrice piace  inseguire i dettagli, raccontare e costruire storie. La frammentarietà iniziale la considero un male necessario se non un peccato veniale, inevitabile. L’aver indugiato in questa lunga prima parte ha  il merito di aver stuzzicato il lettore, conscio che prima o poi qualcosa sarebbe accaduto.

La seconda parte entra nel vivo. Un corso di rieducazione, o presunto tale, riunisce quasi  l’intero gruppo. Dall’aula magna i suoi membri si trovano catapultati in un sotterraneo, in una camera della tortura, preda dei propri aguzzini. Come sopravvivere, reagire se non con la stessa moneta? Il canone dell’horror è rispettato, in un alternarsi di situazioni favorevoli e sfavorevoli, nelle quali il manico del coltello è nelle mani degli uni o degli altri.

Inaspettatamente vi è una terza parte, non breve. Non siamo vicini alla fine, forse accadrà qualcosa. I ragazzi hanno modo di raccontare la loro avventura, di tirare un sospiro di sollievo. Insomma: ne sono venuti fuori, il rapporto tra loro si è consolidato, anche se a poco a poco ritornano le beghe iniziali, segno che la normalità (ma quale?) è tornata a fare il suo corso. Seguono pagine in cui la psicologia dei sette viene sondata, per mostrare cosa è rimasto di loro, come sono cambiati: vi è chi è spossato, depresso e apatico, chi non è uscito vivo, chi tutto sommato sembra reagire meglio e tenta di rallegrare la compagnia, senza troppo esito. Esce persino un libro, con il resoconto in forma di romanzo di quanto è avvenuto:

«Il suo nome è Tortura, edito da Blackstars Books. Ragazzi, Tortura è un titolo forte, eloquente, che rispecchia in una parola ciò a cui siete stati sottoposti. Ma, oltre a questo, qual è l’essenza del contenuto?»
«Abbiamo raccontato la vicenda. Niente di più. Abbiamo cercato in tutti i modi di evitare giudizi. Crediamo che i fatti parlino da soli.»

Qualcosa ci dice che è questo il romanzo che abbiamo letto. Ma qual è la verità? Abbiamo letto il romanzo sbagliato. Lo capiamo dal colpo di scena finale che ribalta tutto e lascia sconcertati. Siamo quasi tentati, con il senno di poi, di scorrere il romanzo dall’inizio. Di più non si può dire.


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