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[Recensione] Inheritance – Christopher Paolini

Creato il 08 dicembre 2011 da Queenseptienna @queenseptienna

[RECENSIONE] INHERITANCE di CHRISTOPHER PAOLINI
[Recensione] Inheritance – Christopher Paolini
Titolo: Inheritance
Autore: Christopher Paolini
Editore: Rizzoli Narrativa
ISBN: 9788817051965
Prezzo: 24€
Pagine: 844
Voto: [Recensione] Inheritance – Christopher Paolini

Trama:

Sembrano appartenere a un’altra vita i giorni in cui Eragon era solo un ragazzo nella fattoria dello zio, e Saphira una pietra azzurra in una radura della foresta. Da allora, Cavaliere e dragonessa hanno festeggiato insperate vittorie nel Farthen Dûr, assistito ad antiche cerimonie a Ellesméra, pianto terribili perdite a Feinster. Una sola cosa è rimasta identica: il legame indissolubile che li unisce, e la speranza di deporre Galbatorix. Non sono gli unici a essere cambiati: Roran ha perso il villaggio in cui è cresciuto, ma in battaglia si è guadagnato rispetto e un soprannome, Fortemartello; Nasuada ha assunto il ruolo di un padre morto troppo presto; il destino ha donato a Murtagh un drago, ma gli ha strappato la libertà. E ora, per la prima volta nella storia, umani, elfi, nani e Urgali marciano uniti verso Urû’baen, la fortezza del traditore Galbatorix. Nell’ultima, terribile battaglia che li attende rischiano di perdere ciò che hanno di più caro, ma poco importa: in gioco c’è una nuova Alagaèsia, e l’occasione di lasciare in eredità al suo popolo un futuro in cui la tirannia del re nero sembrerà soltanto un orribile sogno. Tutto è iniziato con “Eragon”, tutto finisce con “Inheritance”.
Recensione:

Signori e signore, siamo finalmente giunti alla fine di un’epoca. Un’epoca strana, passata alquanto sottotono.
Ci si potrebbe dilungare per pagine sulle recensioni dei precedenti tre capitoli del ciclo dell’Eredità del Sig. Paolini, ma non in questo articolo. Siamo qui per trattare una cola cosa: la fine mediocre di una saga piuttosto scontata. Sono passati ben nove anni da quando tutto è iniziato, nove anni per scoprire cosa? Niente che già non fosse noto dal primo libro. Parliamone, tecnicamente il libro è scritto in modo adeguato: comprensivo, scorrevole e non stopposo: il fantasy leggero che con una buona trama leggeresti volentieri nel tempo libero, senza infamia e senza lode. Le uniche critiche alla parte concreta del libro sarebbero da farsi ai traduttori: terminologie troppo moderne per un fantasy (un drago in volo cabra? al massimo vira, un caccia F-14 cabra, ma tant’è.) Visivamente parlando l’autore qualcosa riesce a trasmettere, paesaggi, luoghi e persone sono descritti e delineati in modo appropriato e si immaginano bene, ma la mancanza di spessore della trama rende tutto banale. Come in Eragon, Eldest e Brisingr il giovane eroe viene letteralmente sbattuto a sinistra e a destra per tutta Alagaësia dalla fazioni rivali che se lo contendono, cercando di portarlo dalla propria parte in un modo o nell’altro; gettandolo nelle peggiori battaglie (in cui nonostante la pratica estenuante con ogni tipo di insegnate riesce sempre a fare una figura barbina, salvato da qualcuno dei suoi compagni) e plagiandolo in ogni modo possibile. Insomma, niente di diverso dagli altri tre libri, nessun colpo di scena o svolta inaspettata sorprendono durante la lettura di un classico “Eroe buono VS Grande cattivo” in cui però l’eroe non riesce a combinare nulla di sensato senza l’aiuto di qualcuno, senza contare che un buon 50% dei suoi insegnanti e amici sono persino morti per salvarlo, quindi via alle toccatine scaramantiche. Considerazioni tecnico/personali: la fine della saga non è esente dalle stesse critiche fatte a tutti i libri precedenti, ne sarebbe stata in grado di risollevare il tutto dal pantano in cui giaceva. Alcuni fatti e personaggi rimangono quasi completamente avvolti nel nulla, nonostante siano quasi protagonisti vengono solo citati senza quasi dare loro un briciolo di passato o un senso al potere che sprigionano per salvare il deretano a Eragon. Semplicemente spuntano in modi improbabili, agiscono e se ne vanno. Davvero troppi poi i riferimenti alla cultura Tolkieniana Sig. Paolini, posso capire l’ispirarsi, ma così è troppo. La compagnia di elfi/umani/nani, gli uruk-hai Urgali, una lingua elfica creata da zero e per non spoilerare non aggiungo altro.
Conclusioni? Tre stelle solo per un paio di punti che non posso rivelare per non incappare in spoiler selvaggi, ma che comunque hanno, humm, diversificato e fatto tirare un sospiro di sollievo? Per il resto 844 pagine per una saga che si conclude in modo scontato e scopiazzato sono troppe, un libro da week-end forse, ma nulla di esaltante.


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