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Recensione - “Kautokeino, un coltello insanguinato” di Lars Petersson
Creato il 08 dicembre 2014 da Diegothriller“Kautokeino, un coltello insanguinato” di Lars Petersson è il thriller nordico recensito oggi da ThrillerPages. Clicca qui e acquista il libro Clicca qui e acquista il libro in ebook Dopo l'interessante thriller psicologico La porta scura di Lars Maehle, la casa editrice Atmosphere ci regala un nuovo giallo ad ambientazione scandinava: il romanzo Kautokeino, un coltello insanguinato del regista e produttore Lars Petersson. Dopo una banale denuncia per violenza sessuale ai danni di una giovane norvegese, il procuratore Anna Magnusson viene strappata al suo ufficio di Stoccolma per correre in aiuto dell'accusato, suo cugino Nils Mattis, dietro le richieste insistenti del resto della famiglia. L'arrivo a Kautokeino, paese d'origine della madre e luogo di residenza di buona parte della famiglia, coincide per Anna con il riavvicinamento non solo a zie, nonni e cugini persi di vista da tempo, ma anche alla cultura sami a cui tutti loro appartengono: il villaggio montano di Kautokeino, disperso tra le nevi persistenti delle montagne norvegesi, è difatti il centro abitato che maggiormente vede presenti i membri di questa comunità antichissima, spesso erroneamente assimilata a quella lappone.
Per questo motivo, il ruolo di Anna nella cittadina è complicato da un lato dal desiderio di ottenere giustizia per la vittima della violenza sessuale, dall'altro dal tentativo di colmare con il proprio impegno il vuoto lasciato nel nucleo familiare dalla madre, che anni prima aveva abbandonato Kautokeino e tutta la tradizione sami pe r spostarsi in Svezia. Quello contro cui dovrà scontrarsi la combattiva protagonista è un coacervo di silenzi, dinieghi ed omertà sempre crescenti: il rifiuto iniziale della vittima di proseguire con la denuncia, la mancata assunzione di responsabilità da parte dell'accusato, le verità celate e riemerse troppo tardi, sino alla scoperta definitiva di un mondo parallelo e chiuso in sé stesso. Con un acume non dissimile da quello di un antropologo che esamini i meccanismi di coesione di un gruppo sociale, l'autore mette in luce il divario esistente tra la legge ufficiale, proveniente dagli organi governativi norvegesi, e il senso di giustizia diffuso tra i sami, sempre pronti a far prevalere il secondo sul primo. Il lettore entra così in contatto con una cultura sconosciuta e contraddittoria, nella quale la sopravvivenza delle tradizioni è tutto, dove l'allevamento e il commercio delle renne è sia la principale - se non unica - fonte di guadagno che il simbolo identificativo più concreto della comunità; infine, una cultura nella quale, pur essendo diffuso una sorta di matriarcato generalizzato, dunque un sistema in cui le donne hanno un potere decisionale non indifferente, l'integrità fisica e morale di una ragazza può essere barattata in cambio di denaro, e una violenza inammissibile come quella sessuale messa a tacere senza troppi sforzi. Il parallelo con l'omertà vigente nei clan camorristici e mafiosi purtroppo diffusi nella realtà sociale italiana non sfugge neanche all'autore, che ripropone il parallelo proprio là dove Anna viene a conoscenza dell'abitudine delle matriarche sami di riparare col denaro agli errori commessi da figli, nipoti e parenti vari, tutto pur di garantire sicurezza economica e rispettabilità alla famiglia intera. In quest'opera senz'altro curiosa, tuttavia, pregi e difetti confluiscono verso lo stesso motivo portante: sebbene l'accurata indagine sulla cultura sami si riveli illuminante ed esaustiva come poche, riuscendo ad illustrare le complessità di un mondo ormai dimenticato, i toni saggistici della narrazione non finiscono per rallentare gli eventi e distrarre il lettore dalla trama investigativa, che di fatto diventa solo un dettaglio di sfondo; i personaggi, gli eventi, gli ambienti, sono tutti osservati e descritti con un distacco che si riverbera sul lettore sebbene non disattende il brivido e la curiosità promessi dal titolo.
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