Titolo: L’italiano, lezioni semiserie
Autore: Beppe Severgnini
Editore: Rizzoli
ISBN: 9788846210104
Numero pagine: 224
Prezzo: € 17,50
Voto:
Descrizione:
«Ho scritto L’italiano — Lezioni semiserie per denunciare le violenze contro la nostra lingua, ma non chiedo condanne. Lo scopo è la riabilitazione. Scrivere bene si può. L’importante è capire chi scrive male, e regolarsi di conseguenza.
Questo è un libro ottimista, e ha un obiettivo dichiarato: aiutarvi a scrivere in maniera efficace (un’email, una relazione, una tesi o un breve saggio: la tecnica non cambia). Si parte dal Decalogo Diabolico e si arriva ai Sedici Semplici Suggerimenti (metà appresi da Montanelli, metà ispirati a Flaiano). Ogni capitolo si chiude con un quiz: una forma blanda di sadomasochismo, che certamente apprezzerete.
Scrivo per mestiere dal remoto 1979 — avevo ventidue anni, i capelli neri e l’avverbio facile — e penso di conoscere alcuni trucchi. Trucchi onesti, che si possono insegnare (per esempio: come usare i due punti, il più sexy tra i segni d’interpunzione; come scegliere un aggettivo; quando rinunciare al congiuntivo; come evitare due “che” in una frase, tanto brutti da essere illegali).
Sono convinto che si possa imparare a scrivere bene, senza troppa fatica, e divertendosi. Se non ci riuscirete, mi prendo la colpa. Se ce la farete, sarà merito vostro. Affare fatto?» (Beppe Severgnini)
Recensione:
Già le presentazioni fatte dall’autore stesso che si possono comodamente reperire sulla copertina o bighellonando per il Web lasciano intuire lo stile di questo libro. Io, personalmente, mi sono sbellicato dal ridere più o meno dall’inizio alla fine, in particolare quando, tra un capitolo e l’altro, mi imbattevo nei giochetti di apprendimento definiti Sadoquiz e Masotest. Non solo, anche gli stessi titoli dei capitoli sono sulla stessa lunghezza d’onda: una battuta, una riga fulminante che non fa mai spegnere un sorriso (o un sogghigno, nel mio caso, dato che se dovessi davvero arrivare al punto di diventare un prof mi imbatterei sicuramente in qualche recidivo orrore grammaticale che cercherei di curare più con questo testo che con i libri scolastici veri e propri).
È praticamente impossibile che quanto viene spiegato in poco più di duecento pagine possa uscire di mente: una risata spesso è più efficace di immensi mattoni di scuola che vanno noiosamente imparati a memoria. L’uso della punteggiatura, degli accenti, dei congiuntivi sono qui trattati con brio, leggerezza, vivacità e simpatia, tanto che pur trattandosi effettivamente di un manualetto ha tutte le caratteristiche proprie di un libro di narrativa, piacevolissimo da leggere; ma non vengono trascurati nemmeno i mali tradizionali dell’italiano, scritto e parlato, come i fastidiosi intercalari dell’oralità che diventano ancora più fastidiose ripetizioni se messe nero su bianco, o i bizzarri tentativi di apparire solenni farcendo il discorso di ampollosi termini ricercati al limite del grottesco.
Ho sempre avuto in testa l’idea che per studiare e imparare qualcosa di veramente utile ci sia bisogno di capire, non di imparare a memoria e ripetere a pappagallo; ma spesso è difficile concentrarsi su nozioni che vengono imposte fin dai primissimi anni di vita. Studi scientifici nel Novecento di Noam Chomsky hanno dimostrato come il linguaggio sia una componente innata nella mente degli esseri umani alla nascita, in un certo senso fa parte del dna; nell’età dello sviluppo, sentendo parlare una o più lingue, il bambino fa scattare determinati “interruttori” nel suo patrimonio linguistico che attivano le relative strutture della frase: se il verbo va prima o dopo il soggetto, se il sostantivo è preceduto o meno dall’articolo, e così via.
Ma cosa succede quando questi “interruttori” scattano male, e per negligenza od ostentazione i ragazzi di adesso sembrano scrivere e parlare “come scimmie a cui sia stata data in mano una tastiera” (semicit.)? Succede ciò che si vede nei forum degli internauti, dove bimbiminkia semianalfabeti si scontrano in gregge massa contro i poveri superstiti che ancora conservano una dignitosa conoscenza della propria lingua madre?
Questo libro si occupa di questo, con tanta ironia e una sapiente dose di sarcasmo ben velato: difendere le regole dell’italiano satireggiando sul loro pessimo uso nei tempi moderni e fissando con una risata i concetti chiave che talvolta fanno inciampare anche i migliori.