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Recensione "La casa sfitta" di Dickens, Collins, Gaskell e Procter
Creato il 11 settembre 2013 da Alessandraz @RedazioneDiarioRECENSIONE Dickens era un genio della narrativa, sempre un passo più avanti, con idee originali, uno stile realistico e inconfondibile e una propensione a trovare scrittori quasi altrettanto talentuosi per realizzare progetti unici. La casa sfitta è uno di questi suoi progetti, una sorta di contenitore – proprio come una casa sfitta sembra suggerire – da riempire di storie, scritte ciascuna da un autore diverso, con il suo personale stile e i suoi personaggi, variegati esempi di umanità. Il romanzo, o raccolta di racconti che dir si voglia, venne pubblicato per la prima volta nell’edizione natalizia della rivista «Household Words», diretta da Dickens. Parliamo di raccolta di racconti perché, a parte l'introduzione, Al di là della strada, il capitolo Il rapporto di Trottle e l'epilogo, Finalmente affittata, possiamo benissimo considerare il racconto della Gaskell, Il Matrimonio di Manchester, quello di Dickens, Ingresso in Società e il breve poema della Procter, Tre sere nella casa, come delle storie indipendenti, costruite sì, seguendo un filo conduttore – il soggiorno per un breve periodo di tempo in 'quella' casa – ma che possono essere considerate degli stand-alone, al contrario del racconto di Collins, Il rapporto di Trottle, che richiama a sé tutti i fili della storia e, grazie al suo talento di scrittore sensazionalistico, riesce a sbrogliare la matassa dandoci un bandolo, un filo e anche una conclusione soddisfacente. Infatti Il Matrimonio di Manchester era già stato tradotto in italiano nel 2010 da Marcella Maffi per la raccolta di Short Stories del gruppo editoriale l'Espresso e non avevo trovato alcuna difficoltà nel leggere questo racconto al di fuori della raccolta creata da Dickens e Collins, di cui non sapevo neanche facesse parte. I due maestri della narrativa vittoriana costruiscono una cornice di mistero, forse anche un po' horror, per stuzzicare la curiosità del lettore. La signora Sophonisba, un'anziana benestante, si trasferisce a Londra prendendo in affitto una casa di fronte alla quale c'è, guarda caso, una casa sfitta. Sentendosi osservata da una misteriosa presenza nella casa e spaventata, la vecchia signora chiede al suo maggiordomo Trottle e al suo amico – nonché spasimante di sempre – Jarber di indagare. Nasce così una sorta di competizione fra i due uomini per cercare di accontentare la signora, con racconti che riguardano tutti gli inquilini del passato – e anche del presente – della casa misteriosa. Da qui i diversi racconti scritti separatamente da ciascuno degli autori coinvolti nel progetto. Le due signore, Elizabeth Gaskell e Anne Procter, metteranno in risalto la miseria della donna vittoriana. Alice, la protagonista del Matrimonio di Manchester, si sposa due volte per pura necessità, la prima per sfuggire alle angherie della seconda moglie dello zio, ma mal tollerando le richieste di smancerie di Mr Frank, appassionatamente innamorato di lei; la seconda perché il suo pensionante, che ha scoperto di trovarsi molto bene a essere viziato da lei, la minaccia velatamente di abbandonare i suoi appartamenti e gettarla così nella miseria – con una figlia malata – se non accetterà la sua proposta. Il carattere più freddo di Mr Openshaw (“Openshaw non pretendeva da lei alcuna dimostrazione d'affetto. Anzi, ne sarebbe stato proprio disgustato. [...] La perenne richiesta di sguardi, carezze e parole d'amore, e l'interpretazione della loro assenza come assenza d'amore, erano stati la croce del suo precedente matrimonio”) è per lei una consolazione. Tuttavia Alice riesce ad amare teneramente solo i suoi figli e l’unica persona di cui si fida ciecamente è la sua cameriera Norah, come se gli uomini fossero un'entità separata, a cui si sottomette e da cui si sente dipendente, ma di cui diffida. Bertha, la protagonista del breve poema di Anne Adelaide Procter, Tre sere nella casa, viene costretta a prendersi cura del fratello Herbert, sacrificando così la sua stessa felicità e rinunciando all'uomo che ama. Gli uomini, però, si sa, sono egoisti, e quando Herbert si innamorerà, non penserà minimamente alla sorella e al sacrificio fatto per lui. In punto di morte, poi, Herbert chiederà a Bertha di prendersi cura di sua moglie, la cui gioventù porterà via a Bertha il suo sogno di felicità: sarà infatti costretta a vedere proprio quell'uomo che amava e a cui ha rinunciato sposare la sua giovane e bella cognata. Il racconto di Dickens, Ingresso in Società, è una satira verso gli arricchiti che aspirano a entrare nelle alte sfere della Società, ma soprattutto verso i vampiri che alla Società stessa appartengono 'di diritto', con riferimenti neanche tanto velati nei confronti di Giorgio IV, che già ai tempi della "Reggenza" viveva secondo costumi dissoluti. Infine il racconto di Wilkie Collins, Il rapporto di Trottle e il conseguente epilogo, Finalmente affittata – scritto a quattro mani con Dickens – servono a svelare il mistero, con ritrovamenti, improvvise scoperte di legami di parentela e l'immancabile lieto fine, come d'obbligo nel romanzo vittoriano, con l'abilità caratteristica che Collins dimostra in ogni suo scritto. Com'è logico, ciascuno dei quattro racconti rivela la mano dell'autore, si può dire, anzi, che prologo ed epilogo siano chiaramente vergati da una quinta mano, quella nata dalla commistione degli stili dei due autori, poiché la linearità narrativa di Collins, pur carica di ironia, riesce a smorzare la frizzante satira di Dickens, spesso più ostica al lettore. Un progetto ambizioso, ma perfettamente riuscito, perché realizzato dalle più talentuose penne vittoriane, per un piccolo gioiellino che, come dicono Valeria Mastroianni e Lorenza Ricci di Jo March, "riempie i tasselli mancanti di un continente letterario sommerso".
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