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[Recensione] La fine del mondo storto di Mauro Corona

Creato il 17 novembre 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] La fine del mondo storto di Mauro CoronaTitolo: La fine del mondo storto
Autore: Mauro Corona
Editore: Mondadori
Anno:
2012
ISBN:
9788866210252
Formato:
libro
Lingua:
italiana
Numero pagine:
160
Prezzo:
€ 12,00
Genere:
Narrativa
Voto: [Recensione] La fine del mondo storto di Mauro Corona

 


Contenuto:
Un giorno il mondo si sveglia e scopre che sono finiti il petrolio, il carbone e l’energia elettrica. È pieno inverno, soffia un vento ghiacciato e i denti aguzzi del freddo mordono alle caviglie. Gli uomini si guardano l’un l’altro. E ora come faranno? La stagione gelida avanza e non ci sono termosifoni a scaldare, il cibo scarseggia, non c’è nemmeno più luce a illuminare le notti. Le città sono diventate un deserto silenzioso, senza traffico e senza gli schiamazzi e la musica dei locali. Rapidamente gli uomini capiscono che se vogliono arrivare alla fine di quell’inverno di fame e paura, devono guardare indietro, tornare alla sapienza dei nonni che ancora erano in grado di fare le cose con le mani e ascoltavano la natura per cogliere i suoi insegnamenti. Così, mentre un tempo duro e infame si abbatte sul mondo intero e i più deboli iniziano a cadere, quelli che resistono imparano ad accendere fuochi, cacciare gli animali, riconoscere le erbe che nutrono e quelle che guariscono. Resi uguali dalla difficoltà estrema, gli uomini si incammineranno verso la possibilità di un futuro più giusto e pacifico, che arriverà insieme alla tanto attesa primavera. Ma il destino del mondo è incerto, consegnato nelle mani incaute dell’uomo…

RecensioneIl racconto di Corona fa parte di quel filone della fantascienza venata di pessimismo dove si parla di ” mondi storti”. Può trattarsi di un universo parallelo in cui, per esempio, la seconda guerra mondiale è terminata con la vittoria di Hitler e del nazismo, o dove le Torri Gemelle sono state abbattute dieci anni prima ( Tullio Avoledo, L’elenco telefonico di Atlantide): quindi un mondo ipotetico, immaginario, remoto.

Il lettore di un romanzo distopico di solito alza gli occhi dalla pagina, si guarda intorno e trae un sospiro di sollievo. Il presente, per definizione, è migliore del futuro immaginato.

Ma se, putacaso, cominciasse a ravvisare un qualche segnale, una crepa sul suo universo o, peggio, fosse consapevole che di lì a poco si troverà a vivere quelle stesse situazioni? Basta questo per non parlare più di fantascienza? Qual è il discrimine?

Una risposta, inaspettatamente, la dà il filosofo rumeno Emil Ciòran. Mi ha colpito molto la lettura del suo Un Apolide Metafisico – Conversazioni, perché a dispetto del cinismo velato di pessimismo, subisce il fascino del genere umano che, fosse anche nell’ultimo istante possibile, riesce a proiettare in un futuro più lontano lo spauracchio della propria scomparsa definitiva. Riesce cioè ad allontanare un baratro che si fa via via più terribile.

La storia dell’umanità è costellata di prove: l’Europeo è sopravvissuto alla fame dell’ XI secolo quando si cibava della terra di cui riempiva lo stomaco vuoto (lo raccontano le cronache di Rodolfo il Glabro). Ha superato col proprio ingegno la prima crisi energetica di tutti i tempi: quella del XVII secolo data dallo sproporzionato utilizzo del legname per la costruzione di edifici, navi, per il riscaldamento. Che dire delle prime attività produttive di carattere industriale, della progressiva scarsità della materia prima a causa dell’intenso disboscamento? Allora  si è ovviato ricorrendo al carbon fossile, al petrolio.

In tutti i casi l’uomo si è dimostrato all’altezza delle sfide più complesse.

Ho detto: sfide più complesse. Ahinoi: che a fregarci non saranno ora le cose più semplici, i bisogni più elementari e l’incapacità (manuale) di soddisfarli? Essere in grado di fiondarci sulla Luna e incapaci di sopravvivere alle intemperie di un bosco? Il bello è che gli altri — i popoli primitivi — non si accorgeranno di nulla mentre da noi, popoli civilizzati e maturi, tutto ciò che si credeva essenziale, si rivelerà inutile e i ricchi non saranno altro che poveri pieni di soldi. Concludo ricordando che quelle di Rodolfo il Glabro non erano racconti di fantascienza e che sta al nostro impegno far sì che quello di Mauro Corona non diventi presto una cronaca fedele.

 


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