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Recensione: "Memories of Murder"

Creato il 13 febbraio 2015 da Giuseppe Armellini
LA PROMESSA 1/15
Non solo fino a 3/4 ma praticamente fino a 9/10 della pellicola non riuscivo a capire come questo bellissimo film coreano potesse essere considerato quasi unanimamente un capolavoro, uno di quei film che quasi tutti i "cinefili" segnalavano come uno dei vertici massimi del cinema coreano nell'ultimo decennio, e non solo nel genere.
Un pò credo m'aveva fregato anche la grandissima aspettativa alimentata non solo dai rumors di cui sopra ma anche da altri due piccoli aspetti:
1 Corea. Che dir Corea a chi ama la Corea nel cinema è una cosa che solo chi ama la Corea può capire
2 Bong. Perchè uno che fa un solo monster movie, The Host, e lo fa meglio di tutti, uno che fa un solo Sci-Fi, Snowpiercer, e lo fa meglio di tutti, uno che fa un solo poliziesco, Memories of Murder e lo fa quasi meglio di tutti è un regista superiore, stop.
Così, pieno di voti altissimi e di bong che mi risuonavano per la testa guardavo il film e pur ritenendolo molto bello non riuscivo proprio a farmi coinvolgere o a capire il perchè di Osanna così incontrastati nei Cieli.
Poi arrivano gli ultimi 10 minuti, talmente belli e "perfetti" da riuscire non solo ad alzare notevolmente il livello del film (facendogli chiudere un cerchio non tanto nelle vicende quanto nel suo "senso" ultimo), ma anche a fargli raggiungere una dimensione altra rispetto a quella verosimile e lineare avuta fino a quel momento.
Già perchè fino a 10 minuti dalla fine Memories of a Murder è un poliziesco di impressionante e quasi cristallina classicità, una storia di guardie e ladri quasi inattaccabile, priva di fronzoli o di inverosimili sviluppi di sceneggiatura. Si dice racconti fatti realmente accaduti e gli si crede tranquillamente, nessun serial killer cinematografico come quello di Seven, nessuna scena piaciona, niente, solo il racconto di come l'incompetente polizia coreana ricerchi disperatamente (ma non troppo) un efferato killer di giovani donne.
Molto recentemente avevo scritto (forse nella recensione del bellissimo The Chaser o in quella del meno bello Blind), come in tutti i film coreani la polizia venga caratterizzata in modo quasi fantozziano. E l'avevo scritto senza aver visto Memories of Murder, non solo la cartina di tornasole del tutto ma vero e proprio manifesto della questione.
Sì, perchè mentre negli altri film questo aspetto faceva un pò parte dello sfondo, il film di Bong  non solo basa tutta la sua sceneggiatura su questo, ma persino il suo messaggio finale.
Memories of Murder è un atto di accusa alla polizia coreana degli anni 80, una polizia corrotta, incompetente, avida soltanto di trovare capri espiatori che possano mascherare la propria inefficacia.
Il detective Park (il solito grande Song Kang-Ho, ovvero l'attore simbolo di tutta la filmografia bonghiana - ma anche di gran parte di quella di Park Chan Wook) è un poliziotto narciso che crede di avere doti lombrosiane, quando in realtà si limita ad accusare, torturare e cercare di arrestare in modi fraudolenti la peggio feccia del paese, solo per avere una foto in prima pagina in qualche giornale.
Bong ci va giù pesante nel raccontarci questa polizia e quando non ci va pesante mette colori grotteschi da farsa per farlo. Basta vedere, nei primi 5 minuti, i due poliziotti che cadono per scendere nella "risaia".
Il film è sempre al confine tra l'esser drammatico e l'alleggerire continuamente il tutto (con puntate nel comico tout court, vedi ad esempio il rituale consigliato dalla maga) tipico del cinema coreano è vero, ma qui veramente esasperato al massimo. Sarà per questo che malgrado non riuscivo a trovar difetti evidenti non ce la facevo proprio a farmi coinvolgere dal film. Questa era una storia terribile, c'era poco da scherzarci sopra insomma.
A me ha dato la sensazione di un poliziesco anni 70 italiano, con quel qualcosa di sporco, qualche personaggio macchietta, la polizia pane e salame, ambientazioni e persino fotografia simili, niente di troppo ricercato in entrambi i fronti, qualcosa di molto piccolo e periferico, quasi gaddiano, specie nei momenti di scazzo.
Poi arriva la scena del masturbatore del bosco e quella successiva nella cava mineraria e il film prende finalmente quota. In realtà a mio parere poi la quota la perde di nuovo ma accidenti che bella scena quella.
Insomma, stavo là da una parte sì ammirato da un film così omogeneo ed onesto nel raccontarsi ma anche un filino deluso da quello che Memories of Murder (per me) poteva essere e non era stato.
Poi arrivano gli ultimi 10 minuti, pazzeschi.
Prima quelle scene meravigliose nella galleria, con quella pioggia incessante e quel detective di Seul, vera e unica testa pensante del film, che è arrivato pure lui al culmine, ormai adeguatosi all'impotenza degli altri, stanco di non farcela e bisognoso lui stesso di trovare un volto e un colpevole a questa scia di sangue.
E' come se il sistema viziato e corrotto avesse inglobato anche lui, come se tutta l'isteria collettiva avesse colpito anche lui. Questo non è un luogo in cui è possibile pensare, indagare, fare il proprio mestiere, c'è bisogno subito di volti e colpevoli.
E non c'è più alcuna possibilità di sbagliare ancora. Quel suo tentativo nemmeno deciso di sparare al sospetto ormai scagionato è magnifico, vero e proprio sintomo di sconfitta, di fine. E così un film che sembrava un classico crime sulla ricerca di un killer diventa in una sola scena qualcosa di molto più grande, ossia un'opera sull'impossibilità di conoscere e svelare il volto del Male, sulle inutili e affannose ricerche di piccoli uomini che, al Diavolo, non riescono nemmeno a vedergli la coda.
Da film di "semplice" racconto di fatti, peraltro molto verosimili, diventa opera quasi trascendentale.
E se questa è stata la sensazione che ho provato in questa scena in  quella successiva, ambientata anni e anni dopo, ho avuto solo una magnifica conferma.
Il Male non era un giovane minorato sfregiato, non era un pervertito sessuale, il Male era una persona normale, come tutti noi, come tutti loro.
L'ex detective Park, ora venditore, guarda in macchina.
Gli occhi di un uomo beffato, sconfitto, quasi umiliato.
Da un demone che ancora oggi parla con delle bambine vicino a un canale di scolo.
Un giorno prima di lui.

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