Titolo: Siamo quello che leggiamo
Autore: Aidan Chambers
Editore: equiLibri
A cura di: Gabriela Zucchini
Introduzione di: Domenico Barrilà
Traduzione di: Giuditta De Concini
Anno: 2011
ISBN: 9788890051869
Pagine: 174
Prezzo: € 16,00
Voto:
Contenuto: “La lingua è il dio che ci crea” scrive Aidan Chambers, “Le storie sono la forma attraverso la quale usiamo la lingua per creare e ricreare noi stessi, le nostre idee su chi siamo, da dove veniamo, che cosa possiamo diventare”. In questa raccolta di saggi e riflessioni – destinati a chi, tra educatori,insegnanti, bibliotecari e genitori, si dedica a traghettare i lettori nei loro percorsi di formazione – Chambers ci trasporta nel laboratorio della lettura e della letteratura giovanile, per mostrarci non solo la sua costruzione teorica, ma soprattutto il modo in cui i libri e la lettura agiscono sui giovani lettori… (dal retrocopertina).
Recensione:
Il volumetto di Aidan Chambers è rivolto agli insegnanti, agli psicologi, ma anche a noi: è infatti la biografia di un lettore che passa in rassegna i libri che l’hanno incantato e accompagnato nell’infanzia, nell’adolescenza fino all’età adulta e più matura, consentendogli di aprire gli occhi sul mondo, di immaginarselo prima di sperimentarlo, averne un’idea, una concezione. Ciascuno può fare mente locale, ricostruire la propria personale storia di lettore e tirare le somme. Evocare le prime esperienze letterarie può mettere in nuce il tipo di lettore (e di persona) che si è diventato (o si sta diventando).
Per articolare i nostri pensieri prendiamo a prestito parole del dizionario, quelle che ci hanno rivolto i nostri cari e delle quali abbiamo, a un tratto, trovato la chiave: la grammatica, la sintassi, il lessico. Se ci mancano le parole ci manca anche il pensiero, un’idea finché non viene espressa rimane sospesa. Lo stesso creato, volendo, discende da una parola, da un verbo:
“Come posso sapere quel che penso finché non lo dico?”
Sembra, leggendo il libretto di Chambers, che ci si converta al piacere di leggere per caso, per il gioco di circostanze favorevoli, difficilmente per persuasione o, peggio, costrizione. Per esempio appare chiaro come le letture più belle siano quelle extra-scolastiche. Ho apprezzato Hemingway, Dostoevskij, Deledda, tutta la letteratura francese e quindi Balzac, Hugo, Maupassant, Flaubert, essendovi arrivato prima del professore di lettere. Non ho mai letto volentieri Manzoni, Gadda, Foscolo, Pirandello, Moravia, perché li ho scoperti in ritardo, non prima che qualcuno ci preparasse una lezione.
Leggere è, sotto questo profilo, anche una corsa contro il tempo. Se certi autori non li hai conosciuti all’età giusta, sarà difficile o impossibile recuperarli dopo. Un esempio per tutti: a vent’anni ho fatto in tempo a leggere Banana Yoshimoto e lasciarmi incantare dalla sua prosa. Prossimo ai quaranta ho provato a rileggere le sue pagine, rendendomi conto che l’incanto era svanito. Oppure: leggere Pinocchio a quarant’anni non è come leggerlo a sei, perché ti trovi dall’altra parte, non ti immedesimi più nel burattino ma te la intendi con il Grillo Parlante.
Tutto questo per dare un ammonimento, non si facciano mancare ai bambini i libri, ve ne siano sempre per casa. Se interesseranno, li andranno a cercare, osserveranno le figure e tenteranno di riconoscere le parole. Scopriranno gradualmente – e ben prima che qualche adulto glielo spieghi – che i libri di letteratura parlano di loro, non solo di altri:
“I libri, gli autori che più ho amato sono quelli che parlano al mio cuore e dicono al mio posto tutte quelle cose sulla vita che ho più bisogno di sentire come confessione di me stesso” (A. Chambers, Cartoline dalla terra di nessuno).
Le parole, e attraverso di esse il mondo, assumeranno il proprio significato, consentendo alla lettura di divenire qualcosa di più di un semplice passatempo per riempire spazi altrimenti vuoti, un po’ come un vero e proprio atto di creazione (di una propria dimensione):
“Le parole sono potenti, plasmano e motivano il nostro comportamento. In questo senso possiamo dire che il linguaggio è magico”.
Se operano certe condizioni, nascerà la passione, verranno le scorribande in biblioteca e in libreria per esplorare, ricreare, ricercare le dimensioni che abitiamo.
Nell’infanzia la lettura diviene qualcosa di fondamentale assumendo, insieme alla musica e alle arti plastiche, la stessa funzione del gioco. A questa età è sconosciuto il pensiero e il linguaggio astratto, la realtà circostante è dominata e compresa solo se tradotta in racconti, in storie, fiabe. La lettura, ma anche l’ascolto ad alta voce nutre l’immaginazione e permette di coordinare e gestire le informazioni recepite.
L’attività neurologica durante la lettura ha davvero dell’incredibile: il cervello elabora i suoni associati alle parole (come anche i segni di interpunzione, le pause), analizza il significato delle parole, trasformandole in immagini, in questo modo interpretando se non addirittura riscrivendo il testo. Ciò consente lo sviluppo della mente del bambino e di una maggior padronanza del linguaggio, tanto da dimostrare che:
“la semplice mancanza di libri potrebbe avere un effetto devastante sulla conoscenza delle parole e delle cose che (nei primi anni dei bambini) dovrebbe cominciare a formarsi” (Maryanne Wolfe).
A buon intenditor…