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Recensione: "The Sacrament" (ma anche, per chi non ne conoscesse la tremenda vicenda, qualche cenno su Jonestown)

Creato il 16 febbraio 2015 da Giuseppe Armellini
Comincio a vedere The Sacrament con molti pregiudizi.
E malgrado quello che possiate pensare non mi riferisco a quelli verso il suo giovane regista, TI West, dovuti magari alle mezze delusioni avute (fino ad adesso) con lui.
No, non son quelli, anche perchè ricredermi sui registi mi piace un casino.
I pregiudizi riguardavano la materia stessa del film, il suo argomento principale, ossia quello delle Sette-Comunità (non le sette sataniche/ demoniache, ma proprio quelle comunità apparentemente felici che decidono di vivere isolate dal mondo).
Perchè?
Perchè quando ti sei visto l'episodio di V/H/S 2 (per una strana coincidenza in quel collage, anche se nel primo episodio, ci fu anche il mio primo West) o quando, soprattutto, ti sei visto una decina di documentari sull'argomento -specialmente quello sul Tempio del Popolo- beh, se hai alle spalle tutto questo qualsiasi cosa vedrai sarà comunque inferiore o di minor impatto.
Poi però più The Sacrament andava avanti più mi accorgevo, con conferma finale nella scena in cui molti adepti avrebbero voluto fuggire con i giornalisti, che non solo questo non era un film horror, non solo questo film non provava a inventarsi nulla, ma che questo era il film proprio su Il Tempio del Popolo di cui sopra.
E sta cosa mi ha affascinato, sia perchè conoscevo molto bene la questione sia perchè non me l'aspettato davvero.
Ora però il problema è quasi opposto. Sì perchè se mi fai un film su Jonestown qualsiasi cosa mi mostrerari sarà comunque meno terribile e meno forte di quello che è successo veramente.
Meno terribile e meno forte di roba come questa:
se non lo si capisse sono tutti corpi quelli, questi corpi
Solo per dare un numero a Jonestown morirono, quasi tutti suicidi per avvelenamento, più di 900 persone, in The Sacrament "solo" 167.
Voi capite come un film che non solo non spettacolarizza la vicenda ma addirittura la sminuisce è davvero cosa rara.
Quindi mi ritrovo a metà film con due sorprese: 1 The Sacrament non è un horror come pensavo ma un film molto verosimile ed umano, drammaticamente umano. 2 The Sacrament racconta in maniera quasi documentaristica di Jonestown.
E allora cambia tutta la mia fruizione, io che stavo là pronto a vedere chissà quali derive orrorifiche avremmo raggiunto inizio a vedermi il film come docufiction di altissimo valore su qualcosa che conoscevo già bene.
West è molto bravo. E non solo c'è da premiarlo per questo suo coraggioso tentativo di riportare a galla un fatto di cronaca tremendo in maniera per niente esagerata (anzi...) ma anche per la capacità che ha di raccontarlo. Parlo della verosimiglianza, della scelta degli attori, della capacità in solo un'ora e mezza di farci capire o comunque intuire la deriva psicologica e sociale che Jonestown (o Eden Parish) aveva raggiunto.
Il climax è perfetto, la figura del Padre straordinaria, l'intervista tanta roba.
Quello che sorprende e che magari uno che vede il film senza conoscere la vicenda non può capire (e magari considerare puro cinema) è il constatare come quasi tutte quelle persone credessero fermamente in quello che stavano vivendo. E la stessa figura del Padre non va presa solo come quella di un pazzo, o magari di un genio arricchitosi e "viziatosi" alle spalle di centinaia di menti deboli. No, quello che il fim racconta, e la stessa realtà riporta, è di un guru uccisosi insieme agli adepti. E questo dettaglio che potrebbe apparir minimo è di enorme valore perchè testimonia di una "purezza", di una coerenza, di un credere veramente in qualcosa di incredibile. Sarebbe stato facile scappare, o almeno provarci. Invece si uccide (e lo stesso Jones nella realtà lo fece).
Tra l'altro il Padre non uccide nè fa uccidere nessuno dei tre giornalisti, anzi, la pistola la usa solo per sè. E' questa la cosa più inquietante, quella che non riesco a capire.
Nel film inoltre non si fa nemmeno un minimo accenno a pratiche sessuali sospette del Padre quando si sa che la pedofilia o lo sfruttamento sessuale in luoghi come questi erano all'ordine del giorno. E' bravissimo West a non cadere nel tranello perchè così l'inquietudine è ancora più alta e più inquietanti si fanno sullo spettatore dubbi etici e morali quasi sorprendenti. E se loro fossero davvero felici? e se davvero credessero in quello tanto da morirne? e se davvero dietro non ci fosse nessun tornaconto personale, nessuna truffa, ma fosse tutto soltanto un utopistico credo politico, sociale e religioso?
Farebbe comodo a tutti vedere il Padre come pura figura criminale, furba e cinica. Ma non è così, la questione è molto più delicata e profonda.
Ovvio, le violenze, gli autoristarismi, persino qualche omicidio, erano all'ordine del giorno. Ma sono sempre da inquadrare in un'ottica non di violenza fine a sè stessa, ma di difesa dello status quo, di volontà di preservare un luogo mentale e fisico che si era in qualche modo costruito. C'è una dannata coerenza in tutto questo delirio, attenzione.
Il film è buono, a tratti molto buono. Certo non si capisce chi possa aver ripreso le scene (specie il suicidio di massa) dopo la cattura dei giornalisti ma sono errori di sceneggiatura assolutamente ininfuenti.
Nell'ultimo quarto d'ora tra decine di persone che muoiono avvelenate, la madre che uccide la bimba a poi viene fucilata, la ragazza che si dà fuoco e il suicidio del Padre c'è davvero tanto, e tutto girato alla grande.
Ma il merito più grande di The Sacrament è il farci conoscere una pagina della nostra storia tanto terribile quanto affascinante. E di non usare trucchetti, di non darci troppi appigli, di non permetterci di vedere il Male come Male assoluto facile da riconoscere ed additare.
Perchè tutti le domande che il film ti obbliga a porti sono davvero molto delicate.
Domande che fanno sudar freddo.
Perchè quelle madri che avvelenano i propri figli, quelle persone che per paura di perdere tutto quello che hanno preferiscono darsi alla morte, tutta quella ipnosi collettiva riguarda noi.
Quei corpi a terra siamo noi. Morti in "pace", non in guerra. E perlopiù felici.
Ma come è possibile?

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