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[Recensione]Fear Itself 7

Creato il 13 giugno 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione]Fear Itself 7

Titolo: Fear Itself 7 (Marvel Miniserie 125)
Editore: Panini Comics – Marvel Italia
Numero di pagine: 64 (brossurato)
Prezzo: 3,30€
Contiene: Fear Itself 7, Fear Itself: The Home Front 7

Voto:

[Recensione]Fear Itself 7

Finalmente il finale della cagata dell’evento Marvel dell’anno. Ci eravamo lasciati con il Serpente, il fratello di Odino, dio della paura, che marciava insieme ai suoi Valorosi sull’albero del mondo con i soli Vendicatori a frapporsi fra lui e il suo obiettivo. Iron Man e Thor sono ancora ad Asgard, il primo sta forgiando delle armi per i suoi compagni, l’altro sta guarendo dall’ultimo scontro contro Hulk e la Cosa.

Gli scorsi sette numeri (c’è anche stato un numero 0) non sono stati niente di eccezionale, ma l’ultimo faceva ben sperare per questo finale, lasciandoci con un’epica scena di Capitan America (Steve Rogers) che, impugnando un solo fucile sfidava il Serpente e con la premessa di un’epica battaglia. Premessa però disattesa: nonostante il numero di pagine superiore rispetto a quello di un numero tradizionale l’azione è confusionaria, con stacchi troppo brutali tra una scena e l’altra e gli eventi vengono narrati troppo frettolosamente, spesso omettendo dei pezzi, come nel caso di Hulk, che vediamo semplicemente sparire e se vogliamo sapere cosa gli è successo dobbiamo leggere Hulk contro Vampiri (su Marvel Monster Edition: Fear Itself 2, un bestione da 25€), così come per sapere cosa è successo ad Iron Man bisogna leggere, appunto, Iron Man, per non parlare poi della Cosa che semplicemente sparisce dalla narrazione dopo essere stata uccisa da Thor e resuscitata da Franklin Richards nel numero 6. La cosa più pesante però è l’assenza di un finale vero e proprio, oltre che di una trama decente, come possiamo vedere dopo il salto:

(SPOILER ALERT: da qui in poi contiene spoiler su Fear Itself 7)

Tutto comincia con l’arrivo di Thor e Iron Man, il quale fornisce armi asgardiane ai vari Vendicatori, armi che, per qualche inspiegabile motivo, trasformano gli eroi nelle loro versioni di Tron (su tutti l’Uomo Ragno):

[Recensione]Fear Itself 7

(clicca per ingrandire)

La battaglia continua, con Cap che ci regala ancora una volta qualche brivido urlando Vendicatori Uniti! dopo aver raccolto il martello che Thor ha perso durante la battaglia.

[Recensione]Fear Itself 7
(l’unica scena interessante di questo numero)

Cap aveva già impugnato Mjolnir in passato, per cui non dobbiamo stupirci più di tanto. Segue una breve battaglia che vede la sconfitta del Serpente per mano di Thor, che muore ai piedi del padre Odino, il quale toglie i martelli ai Valorosi e pone fine alla battaglia.
Facciamo ancora in tempo a vedere riforgiato lo scudo di Cap, il funerale di Bucky e la preparazione di quello di Thor prima di arrivare ai quattro epiloghi, che in realtà sono prequel a nuove serie, inclusa una che prosegue i fatti di Fear Itself, alla stregua di Brightest Day della DC, con la ricerca dei martelli da parte di Sin, la figlia del Teschio Rosso che per un po’ è stata Skaadi, la figlia del Serpente.

Il finale dedicato a Sin è qualcosa di completamente privo di senso: la persona che ha ucciso Capitan America (Bucky Barnes) e quasi il distrutto il pianeta viene infatti richiusa in quello che è presumibilmente il carcere di minima sicurezza di Springfield, dato che all’inizio dell’epilogo scopriamo che un gruppetto di alieni l’ha fatta evadere (Norman Osborn per farlo, nonostante tutte le sue amicizie, ci ha messo due anni). Leggermente meglio il secondo epilogo, che mostra Hulk separarsi da Banner, un’idea strariciclata (s’è vista perfino nel cartone animato di Hulk) di Jason Aaron, l’uomo che ha rovinato Wolverine.

Il tezo epilogo invece sarà legato allo spionaggio, ma si è visto molto poco, se non che probabilmente parteciperanno alla testata Deadpool, Moon Knight e Occhio di Falco. L’ultimo epilogo è quello che porta al ritorno dei Difensori, con Hulk che va dal Dottor Strange per “rimettere assieme la banda” per sconfiggere Nul, l’essere che l’aveva posseduto e che si è liberato dopo che Hulk ha distrutto il martello su Hulk contro Vampiri.

Giusto per confondere il lettore, ci saranno altri tre epiloghi, che verranno pubblicati su Capitan America 25, Thor 159 e Iron Man 51, da leggere in quest’ordine.

Matt Fraction, che pure aveva fatto vedere delle belle cose su Iron Man, tanto da meritare l’Eisner Award, non era ancora pronto per scrivere una saga di così ampio respiro come doveva essere Fear Itself, una saga ampiamente pubblicizzata sin dalla fine di Assedio (ricordo che se ne parlava già nel dicembre 2010), ma che ha completamente disatteso l’enorme hype creatovisi attorno. A Fraction è stata data carta bianca e ha dimostrato di non farcela, non solo scrivendo una storia dalla trama dubbia, ma cercando di renderla “memorabile” distruggendo Parigi, New York, Washington e uccidendo Capitan America (Bucky) e Thor. Già che c’era ha anche distrutto lo scudo di Cap, scena che doveva rendere temibile il Serpente agli occhi dei lettori, ma che è risultata più una tamarrata che altro.

L’unica cosa positiva di questa serie sono stati un paio di tie-in: quello dell’Uomo Ragno (su Spider-Man 573), una delle migliori storie del Ragno degli ultimi anni, scritta da Chris Yost, e quello dedicato a Loki su Journey Into Mystery (in Italia da Thor 152 in poi), scritto da Kieron Gillen.
Tra i tie in però ci sono anche quelli scritti da Matt Fraction, uno mediocre su Iron Man e uno su Thor (in Italia su Thor 158, che purtroppo non ho potuto recensire questo mese), dove descrive il primo scontro tra il Serpente e Odino, commettendo un grossolano errore di continuity, mostrando il cadavere di Borr, che, nel numero 600 di Thor (su Thor 128 in Italia) si vedeva morire trasformato in neve e, quindi, disperso nel vento.

In definitiva una delle saghe peggiori della storia recente, quasi ai livelli di “capolavori” come quella del Punitore Angelico e dei Superman rosso e blu. Unica nota positiva gli ottimi disegni di Stuart Immoten.


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