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Referendum svizzero sull’oro, è giunto il momento

Da Mrinvest

Referendum svizzero sull’oro, è giunto il momento
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Mancano poche ore all’avvio dell’appuntamento svizzero con il referendum sull’oro. Cerchiamo allora di capire quale sia la reale tenuta del metallo prezioso, e comprendiamo cosa potrebbe accadere in caso di vittoria dei promotori dell’iniziativa di consultazione popolare.

Permetteteci tuttavia un piccolo passo indietro. Negli ultimi giorni infatti l’oro è sceso dopo che il basso prezzo del petrolio, ai minimi da quattro anni, ha aumentato il rischio di un “raffreddamento” dei prezzi al consumo, riducendo nel contempo la domanda di copertura contro i rischi di inflazione. Il deprezzamento degli ultimi giorni ha così arrestato la ripresa che il lingotto aveva avviato ad inizio del mese di novembre, a sua volta in grado di interrompere la violenta fase calante iniziata nel 2012.

Secondo gli analisti, una buona parte del merito di questo rimbalzo di novembre è da attribuirsi proprio all’attesa del referendum svizzero. Un referendum che si trascina un esito piuttosto incerto, e che in caso di vittoria dei sì potrebbe realmente provocare ben più di qualche scossone alle quotazioni dell’oro.

Stando a quanto affermano i promotori dell’iniziativa, infatti, in caso di esito favorevole la Banca nazionale svizzera (Bns) sarebbe obbligata a detenere in oro almeno il 20% delle proprie riserve, con il divieto di venderne qualsiasi quantità in futuro. Questo vuol dire che – considerato che la Bns possiede “solo” 1.040 tonnellate di oro, pari al 7,5% delle riserve totali, dovrebbe acquistare lingotti per un altro 12,5%, ovvero per 1.600 tonnellate.

L’acquisto non verrà eventualmente effettuato in un’unica soluzione (evento che sarebbe pressochè impossibile da realizzare) ma i tempi utili per poter effettuare tale previsione sono comunque piuttosto stringente: cinque anni, per un ritmo di circa 1 tonnellata al giorno, e 50 miliardi di euro di controvalore complessivo.

Ora, considerando che la produzione annua di oro si aggira intorno alle 3.000 tonnellate mondiale, ne deriva che la strategia di riacquisto di oro da parte della Bns potrebbe realmente comportare qualche radicale influenza nell’ordine delle quotazioni del lingotto, che potrebbero rapidamente toccare quota 1.350 dollari l’oncia, affermano gli analisti, con un incremento del 15% rispetto ai valori attuali.

Il trend di cui sopra potrebbe inoltre essere rafforzato dalla politica assunta da altre banche centrali le quali, nei prossimi anni, dovrebbero continuare quanto già eseguito negli ultimi mesi. Qualche esempio? In Russia si è comprato oro, nel solo mese di settembre, per 1,2 milioni di once (il livello record degli ultimi 15 anni) mentre in India gli acquisti di ottobre sono cresciuti del 280% rispetto a settembre. Pertanto, qualora il sì dovesse realmente vincere, è possibile che per l’oro vi sia spazio per una risalita graduale e duratura. Ma cosa accadrebbe in caso di vittoria dei no?

Anche in questa ipotesi, sottolineano i più autorevoli osservatori, la prosecuzione del trend ribassista del metallo giallo sarebbe quasi impossibile. Il costo di estrazione dell’oro è infatti cresciuto molto negli ultimi anni, giungendo fino a 1.100 dollari: considerando che il prezzo attuale del metallo prezioso è di 1.180 dollari l’oncia, significa che molte società estrattive sono, sostanzialmente, in perdita.

Insomma, la strada discendente dell’oro sembra essere terminata. Rimane tuttavia da comprendere quale possa essere quella di risalita, per intensità e durata. L’impressione è che il potenziale per un rapido e significativo incremento ci sia, e che molto dipenderà – oltre che dall’esito del referendum svizzero (che, precisiamo, secondo gli ultimi sondaggi vede in leggero vantaggio i no) – anche dal modo in cui gli Stati Uniti consolideranno la loro ripresa, e dalla maniera in cui l’Eurozona riuscirà (o meno) a uscire dalla crisi nel breve – medio termine.


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