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Sebbene il referendum rappresenti uno dei modi democratici sanciti dalla costituzione per dare ai cittadini la possibilità di esprimere il proprio giudizio su alcune leggi votate dal parlamento, il costo relativo alla spesa organizzativa ed esecutiva è veramente alto. Ogni volta ,infatti,che siamo chiamati a dire SI o NO spendiamo circa 700 miliardi delle vecchie lire pari a 364.819,450 euro. Se invece viene raggiunto il quorum del 50%+1, il comitato promotore riceverà dallo stato 1.032.953 euro ,la somma rappresenta il risarcimento dello stato pari a mille lire per ogni firma depositata in cassazione all’atto della richiesta. Ogni referendum ha quindi un costo nei confronti delle casse pubbliche. Rispettando i fini dei referendum ,quindi,nessuno lavora a fondo perduto. Andare a votare è un obbligo, viste le spese che ogni cittadino si deve caricare per la sua esecuzione. I quattro quesiti che nella consultazione referendaria si porranno il 12 e 13 giugno di fronte al giudizio del popolo sono:
1) Abrogazione di norma sulle Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
2) Abrogazione parziale di norma sulla determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito.
3) Abrogazione parziale di norme sulle Nuove centrali per la produzione di energia nucleare.
4) Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.
Votando Si al primo quesito viene cancellato l’articolo 23-bis della legge 133 del 2008, come successivamente modificato, e si applicherebbe immediatamente nell’ordinamento italiano la normativa comunitaria (meno restrittiva rispetto a quella oggetto del referendum) relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica.
Votando SI al secondo quesito , viene cancellata la parte “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito” dell’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006, così escludendo che la tariffa sia calcolata anche tenendo conto del profitto del gestore. Rimarrebbe fermo solo il principio della copertura dei costi di investimento e di esercizio, rendendo estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua.
Votando SI al terzo quesito , la norma sul nucleare attualmente rinviata dal parlamento con il decreto omnibus viene cancellata. I piani energetici dell’Italia dovranno fare riferimento ad altre fonti rinnovabili.
Votando SI al quarto quesito viene cancellata la norma della Legge sul legittimo impedimento n. 51 del 7 aprile 2010 che non sono state ritenute illegittime dalla sentenza n. 23/2011 della Corte Costituzionale.
Di Maurizio Cirignotta
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