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Regno Unito, il Brexit ora è un rischio concreto

Creato il 21 maggio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Due settimane fa David Cameron usciva a sorpresa vittorioso da una contesa elettorale che si pensava potesse essere più incerta. Il Premier è riuscito non solo a confermarsi per altri 5 anni alla guida del Regno Unito, ma lo ha fatto strappando una maggioranza assoluta dei seggi: ne ha conquistati 326 su 500. Nel discorso d’insediamento ha detto che manterrà la promessa di indire un referendum per uscire dall’Unione Europea. Il rischio del cosiddetto “Brexit” è sempre più concreto e rischia di creare un pericoloso precedente in un momento di relativa stabilità di alcuni paesi membri.

Il Parlamento inglese è uscito da queste elezioni profondamente ridimensionato grazie all’incredibile successo ottenuto dal Partito indipendentista scozzese che ha ottenuto 56 seggi. I grandi sconfitti sono i laburisti, a cui sono andati soltanto 233 seggi e Ed Miliband, leader della sinistra, ha annunciato le sue dimissioni. La posizione di supremazia dei tories si tradurrà in una pressione sempre maggiore per ottenere un referendum che potrebbe stravolgere il quadro attuale dell’Unione Europea. Già nel luglio 2013, 304 deputati britannici avevano approvato la consultazione referendaria da proporre ai cittadini entro il 2017: questo provvedimento autorizzativo non ha però carattere vincolante ed è questa la ragione per cui ci sono tuttora forti spinte contrapposte all’interno del Parlamento inglese.

Ma l’Inghilterra vuole veramente uscire dall’Unione Europea?

La proposta referendaria ha probabilmente natura intimidatoria. Il Regno Unito vorrebbe modificare alcuni rapporti interni delle istituzioni europee: in particolare, vorrebbe vedere ridimensionato il concetto di sovranità che gli Stati membri cedono in favore dell’Unione a favore di una maggiore indipendenza legislativa. Gli Stati membri, infatti, si adattano alle decisioni prese nel contesto comunitario con l’obiettivo di armonizzare i diversi ordinamenti interni. Cameron, magari, sta adottando questa strategia per ottenere maggiori poteri e, di conseguenza, porre maggiori opposizioni alle iniziative del Consiglio. Tuttavia questo non è l’unico aspetto controverso. Dal 1973, anno della sua adesione alla CEE (Comunità Economica Europea) l’Inghilterra ha cercato di mantenere una distanza sia per quanto riguarda l’integrazione politica di cui si è detto ma altresì è rimasta fuori dalla zona euro e non ha sottoscritto gli accordi di Schengen. A questo proposito, si sta discutendo per limitare la libertà di circolazione e di stabilimento dei cittadini europei.

Queste sono in linea di massima le pretese avanzate dal Regno Unito al fine di una nuova definizione dei rapporti con le istituzioni europee. Tuttavia sono piovute le critiche al governo britannico, che a detta di giornalisti e di alcuni rappresentanti Ue non riesce tuttora a formulare una chiara motivazione del perché rivendichi autonomia su aspetti largamente condivisi dagli altri Stati membri. A livello europeo, però, non sono mancati segnali distensivi nei confronti di Cameron vista l’importanza strategica che occupa il governo di Londra sia in ambito politico che economico. Indubbiamente si sta giocando una partita politica in grado di dare nuova forza interna al Regno Unito; il referendum consultivo darebbe però parola ai cittadini, che potrebbero fare fatica a comprendere e valutare tutti i pro e contro di una decisione di tale importanza. Il rischio è quindi che si vada a votare sull’onda emozionale delle nuove elezioni e influenzati dalle pressioni da campagna elettorale dei conservatori. Secondo recenti sondaggi gli elettori sono piuttosto combattuti: i dati riportano una preferenza del 41% in favore del Brexit, un 40% degli elettori sostiene invece la permanenza nell’Unione. Il restante 19% è invece composto dagli indecisi e quindi coloro che potrebbero essere l’ago della bilancia. La speranza è che gli exit polls, che recentemente hanno dato indicazioni poco precise per le elezioni politiche, abbiano un margine di errore in favore della percentuale pro-comunitaria.

L’effettiva uscita inglese dall’Europa spaventa non poco gli Stati membri, in particolare la Germania che in questo momento storico esercita il potere maggiore nell’indirizzo delle politiche comunitarie. La consultazione referendaria costituirebbe un precedente in grado di influenzare anche altri paesi che si sono posti il dubbio della convenienza della permanenza nell’Unione. Anche in Italia da tempo assistiamo a un dibattito simile portato avanti da più parti politiche: sia il Movimento 5 stelle che la Lega Nord hanno progetti simili per il futuro del nostro paese a causa dei limiti a volte troppo stringenti imposti ad esempio in materia fiscale. In maniera analoga al nostro paese si trovano altri paesi come la Grecia e il Portogallo: una sorta di rivoluzione indipendentista dei paesi sovrani è sempre più un rischio reale anche se al momento resta poco concreto. Un primo passo in questa direzione è rappresentato dalla riforma che prenderà il posto dello Human Rights Act: la nuova proposta, il British Bill of Rights è mirato appunto a dare una nuova autonomia in materia di diritti umani. Questo riforma svincolerebbe cosi il Regno Unito dalla giurisdizione della Corte europea dei diritti umani.

Tornando invece al problema referendario, è plausibile che Cameron nonostante le promesse fatte, prima di prendere una decisione definitiva instaurerà un lungo dialogo con le istituzioni Ue. A fronte delle obiezioni provenienti dalla Germania non manca chi invece sarebbe disposto a fare delle concessioni al Regno Unito; tra questi sembra esserci anche l’attuale presidente della Commissione Ue, Jean Claude Junker, che ha aperto a soluzioni di mercato più vicine alle pretese inglesi. Il lavoro di Junker è da leggere in un’ottica di imparzialità rispetto al ruolo che ricopre: in ogni caso, vista la presenza di altri 27 stati europei non sarà semplice arrivare a una soluzione condivisa.

Alla fine è possibile che Cameron cerchi di mediare una soluzione interna al Regno Unito, in parte collegabile a quanto fatto per un altro referendum, quello dell’indipendenza scozzese in cui prevalse il NO. Il quadro è piuttosto complesso e i paesi dell’Unione adesso aspettano affacciati alla finestra in attesa di capire come riuscirà il Premier inglese riuscirà a districarsi in questa difficile situazione.

Tags:Brexit,David Cameron,Ed Miliband,referendum,The Europe Justice,Unione Europea Next post

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