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Regola 13: ma come fanno a dormire, la notte

Creato il 26 maggio 2011 da Dallenebbiemantovane

No. 13 - Secret societies, camorras, mafias, et al., have no place in a detective story. A fascinating and truly beautiful murder is irremediably spoiled by any such wholesale culpability. To be sure, the murderer in a detective novel should be given a sporting chance; but it is going too far to grant him a secret society to fall back on. No high-class, self-respecting murderer would want such odds.

(N. 13 - Società segrete, camorra, mafia e così via non hanno spazio in un romanzo poliziesco. Un assassinio affascinante e ben riuscito è guastato senza remissione da una colpevolezza all'ingrosso. E' certo che anche all'assassino debba essere offerta una scappatoia, ma concedergli addirittura una società segreta con cui spartire le colpe è un po' troppo. Nessun assassino di classe e consapevole dei propri mezzi accetterebbe di giocare contro queste probabilità.)

Sono sostanzialmente d’accordo. Uno scrittore può offrirci splendidi romanzi basati sul fascino del disvelare meccanismi criminali in generale (De Cataldo, Romanzo criminale; Carlotto, Nordest) o in particolare, ad esempio di quelli mafiosi (Puzo, Il padrino; Lehane, Mystic river. La morte non dimentica).

Però, proprio perché il fascino e la ragion d’essere di romanzi simili è l’approfondimento dall’interno della criminalità, si esce dal seminato del giallo classico e si entra a buon diritto nel noir. Lo stesso Ellroy, che non esita a mostrare la zona grigia tra polizia corrotta e mondo criminale, ci incuriosisce con le sue inchieste su chi ha ucciso chi, ma ci appassiona di più con i suoi ritratti psicologici e sociali. Non è un vero giallo.

È chiaro che le consorterie criminali e le società segrete esistono. Dostoevskij non ci avrebbe dato I demoni, se la Russia zarista non ne fosse stata piena. Però I demoni non è un giallo. Come del resto non sono gialli I fratelli Karamazov (dove pure c'è un processo con un innocente condannato e un omicidio il cui colpevole si scoprirà solo alla fine) o Delitto e castigo (dove il colpevole, alla fine, si autodenuncia).
Dal che si deduce non solo che a Dostoevskij non interessava scrivere gialli, ma romanzi sul lato oscuro degli uomini, ma anche che la motivazione dei crimini, e quindi in questo caso il lato oscuro della criminalità (in sé un ossimoro), finisce per pervadere di sé un romanzo togliendo ogni interesse all'interrogativo "chi è il colpevole".
Lo si sa fin dall'inizio chi sono i colpevoli. Ma ci interessa di più capire perché lo fanno, come fanno a dormire, di notte, se le loro vittime si vendicheranno e se ci sarà una donna disposta ad amarli nonostante le loro malefatte (di solito sì, altro motivo di interesse dei vari romanzi criminali).
Insomma, se farla entrare - la criminalità - in un romanzo è operazione lecita ed esteticamente godibile, il pericolo è che la criminalità, notoriamente priva di scrupoli, si prenda tutta la scena rubandola al legittimo interrogativo del Giallo Classico: whodunit?


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