Evitando qualsivoglia riferimento al fascismo, l’ideale della giovinezza al governo è un leitmotiv estremamente inflazionato dal nostro presidente del consiglio. Lo infila ovunque, sino quasi a mostrare una preoccupante tendenza alla paranoia compulsiva: dalla generazione erasmus, utilizzata per riferirsi ai colleghi di governo, alla generazione Mila e Shiro, acutissima affermazione usata per complimentarsi con le pallavoliste della nazionale, il nostro Renzi non smette mai di stupirci, se le inventa proprio tutte per ostentare un grottesco orgoglio giovanilistico. Insomma, ogni pretesto è buono per sottolineare che lui è il primo presidente del consiglio con la fontanella ancora aperta … come se fosse necessario.
Rispetto alla propaganda del fascismo, quella di Renzi è diversamente autoreferenziale e, vista la materia prima, non può per nulla permettersi di vantare edonismo, forza e virilità.
A lui in fondo interessa una sola generazione, quella che egli rappresenta solo anagraficamente. Quella stessa generazione che viene pian piano esautorata dall’austerity, fenomeno drammatico che molto sediziosamente la politica italiana addossa esclusivamente alle scelte economiche europee, fingendo di non tener conto che per quasi trent’anni i finanziamenti europei si sono magicamente dissolti per strada, seguendo il notissimo principio dei “tubi bucati”: se da Bruxelles partiva “100”, pian pianino, ungi qua e ungi là, smazzetta un po’ qui e un po’ là, alla fine della filiera dei prelievi della corruzione diffusa arrivava “1” nel migliore dei casi.
Le responsabilità dell’Europa sono evidenti, molto meno chiaro è il ruolo e la portata di una politica corrotta che ha dissanguato e continua a dissanguare il paese senza alcun ritegno. Ma qualcosa mi dice che a tutt’oggi vediamo ancora solo la punta dell’iceberg!
Il giovanissimo Renzi, nonostante la boriosa parlantina. evita accuratamente di parlare di mafie e di corruzione – ho solo il vago ricordo di un timido accenno, durante il periodo elettorale, di un imminente ripristino del reato del falso in bilancio caduto presto nel dimenticatoio -, per lui sono vitali le riforme, riforme deleterie presentate in fretta e furia per pura propaganda e poi lasciate a marcire negli scantinati della memoria a breve termine degli italiani. Ora è la volta del Jobs Act, un progetto di riforma inesistente se non per aleatorie e confusionarie linee guida.
Il grande scandalo del Jobs Act non è la cancellazione dell’articolo 18, già affossato dalla Fornero, ma la “delega in bianco” che consiste in questo strano meccanismo: il governo non presenta alle camere un progetto di legge, ma solo una bozza, una serie di promesse non corredate da bilanci e studi di settore, e ne chiede la approvazione; se la ottiene – come è accaduto – quella bozza diventa di totale pertinenza dell’esecutivo che si impegna a “riempirla” in un secondo momento. In pratica col voto di fiducia sul Jobs Act il senato ha firmato un assegno in bianco sul quale il governo può metterci la cifra che desidera.
Dunque il pupetto Renzi sarà anche giovane ma fino a un certo punto; la “creatura” ha imparato presto e bene i vetusti bizantinismi della cattiva politica e non esita a farne alacre uso, casomai per dichiarare in giro che ha realizzato una riforma rivoluzionaria quando in realtà ha solo consegnato in fretta e furia il compito in brutta, proprio come la generazione Silvio e Marcello.
La giovinezza, purtroppo per Renzi, non basta! Non basta incontrare delle crocerossine e dire che fanno parte della generazione Candy Candy, né chiacchierare con dei contadini della Valtellina e dichiarare che fanno parte della generazione Heidi e Peter. Neanche Goldrake e Capitan Harlock possono salvarci dalla crisi.
Non serve dichiararsi appartenente e solidale a una generazione in disseto e poi presentare maxiemendamenti in bianco che la affosseranno definitivamente. Non solo è vergognosamente miserrimo, è soprattutto ipocrita.
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fonte immagine: minima&moralia
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