“L’iniziativa dell’Italia volta a rafforzare le difese delle forze di sicurezza del Kurdistan iracheno – si legge in un editoriale sul sito di Italia Unica a firma di Fabrizio Luciolli, segretario generale del Comitato Atlantico Italiano – va nella giusta direzione ma rischia di rimanere velleitaria se non verrà accompagnata da una strategia complessiva di carattere politico, militare ed economico. La presenza dell’Italia in Kurdistan non è mai stata adeguata perchè gli interessi petroliferi dell’ENI hanno concentrato le attenzioni del nostro governo prevalentemente nel sud dell’Iraq”.
“Il piano del premier Renzi – continua Luciolli – sembrerebbe voler recuperare tale ritardo anche se non appare sorretta da quella visione politica e strategica di più ampio respiro, che gli stessi ministri degli esteri e della difesa hanno invocato nella riunione congiunta delle relative commissioni. Sotto questo profilo, è la stessa definizione e campo d’azione dell’ISIS a indicarci la prospettiva regionale e non solo, dello jihadismo globale, a cui l’organizzazione terroristica fa riferimento. Una minaccia che, per essere combattuta – si legge nel sito del movimento di Corrado Passera – richiede un progetto ambizioso, di medio-lungo periodo, con la sintesi di difficili equilibri e che non può essere ridotta a poche ore in incontri ad Erbil e Baghdad, dove, tra l’altro, pochi giorni prima alcuni interlocutori del premier stavano per mettere in atto un colpo di stato.
L’iniziativa ferragostana del governo oltre che destare perplessità sulla tipologia delle forniture militari offerte ai Peshmerga curdi, preoccupa anche sul piano di assistenza non affiancato da un programma di alta formazione e addestramento di cui l’Italia dovrebbe farsi promotrice anche ricorrendo a fondi NATO nel suo attuale ruolo di ambasciata Punto di Contatto tra l’Alleanza e l’Iraq.
Il rafforzamento delle capacità militari dei Peshmerga avrà, comunque, il merito di dare respiro alla fuga dei cristiani e delle altre minoranze religiose dall’Iraq e dalla Siria. In assenza di una simile prospettiva multilaterale e di una chiara strategia relativa agli interessi che l’Italia intende perseguire – conclude Luciolli – la missione assegnata ai C130 dell’Aeronautica Militare rischia di raggiungere rapidamente i medesimi insuccessi dell’Operazione Mare Nostrum”.
Redazione Libera e Forte