domenica 24 marzo 2013 di Noemi Venturella
Su questo pezzo il mio ragazzo dirà che sono ripetitiva.
Forse lo sono, perché sono dell’idea che certe cose bisogna raccontarle all’infinito, affinché si faccia fronte comune e ci si comporti tutti più umanamente.
Ecco quindi i fatti:
Lunedì scorso. Ore 18e23. Alle 19 ho un appuntamento vitale e sono in anticipo di 37 minuti, così decido di sbrigare alcune faccenduole relative alla mia vanità di femmina che rimando da qualche mese.
Con una botta di culo mostruosa di quelle che solitamente non mi si addicono, non giro 17 minuti (minimo) per trovare un posteggio degno di questo appellativo, ma ne trovo uno giusto davanti il mio obiettivo: Cocoon, via Leonardo da Vinci. Zona che, da quel giorno, mi genera in testa immagini di lingue di fuoco minaccianti che escono dalle macchine e dalle bocche da lì transitanti.
Nonostante l’apparente “culo”, il mio karmanegativoantiparcheggio mi si palesa immediatamente: realizzo che aver trovato un posteggio lì significa precisamente una sola cosa = perdere il mio appuntamento vitale delle 19! Così mi armo di buona volontà, apro il cruscotto, estraggo penna, calamaio e carta riciclata e scrivo a caratteri cubitali: “Non posteggiare in doppia fila! Sto uscendo e ho fretta!”.
Lo sottolineo, bacio il mio sacro bigliettone formato A4 e lo appendo al finestrino, contenta di poter finalmente acquistare uno spazzolino nuovo con calma. Esco e mentre armeggio con la borsa mi rendo conto che una tipa rampante con una macchina rampante e una rampantissima madre al suo fianco mi guarda, guarda la mia macchina e avanza lentamente verso la doppia fila in attesa che io mi allontani. Così, ovviamente, NON mi allontano. Alla fine lei si arrende: si affianca definitivamente alla mia Hyundai, posizionandosi su tanto di strisce gialle, mi guarda con sufficienza e scende dalla macchina. Io osservo indispettita, dicendomi che ovviamente la rampantissima madre non abbandonerà l’auto, rispettosa del mio bigliettone di avviso. Ma così non è.
Allora mi avvicino alla guidatrice, secca ma educata: “Signora, ma ha letto il biglietto?”.
E lei, con ipocrita sufficienza: “E che ci fa?”.
Sento dei pungiglioni di raggia che iniziano a punzecchiarmi il corpo da dentro e con tono deciso le dico: “Come che ci fa? Io ho fretta, ho un appuntamento, quindi quando finisco vorrei subito l’uscita libera senza perdere tempo ad aspettare lei”.
Lei: “Eh, quando finisce mi chiama, dovrei essere da Cocoon, che io vengo e gliela sposto”.
Stizzita dalla crozzoneria che ho di fronte, ma consapevole di non avere il potere di ordinare al cielo di scaraventarle addosso oggetti non ben definiti ma ben contundenti, mi limito a puntualizzare con tono urtato: “IMMEDIATAMENTE”.
Lei a questo punto si ira e inizia ad avvicinarsi minacciosamente a me alzando la voce e insistendo che la sua macchina poteva stare lì e che poi bastava chiamarla che me la spostava subito. E poi la classica, odiosa, frase di chi si sente sempre dalla parte mafiosa della ragione: “Con la calma!”.
A questo punto tutti ci guardano.
Io ribadisco ancor più decisa e urtata: “Guardi che non si lasciano le macchine in doppia fila. E inoltre anche sulle strisce gialle”.
Interviene la madre: “È pazza questa? Ma che è pazza?!?! Ma è pazza?????”.
Rispondo: “Questa è la legge. Inoltre io ho fretta e non vedo perché devo aspettare lei. Se proprio deve lasciare la macchina là invece di cercarsi un posteggio, le sto dicendo che quando io la chiamo sia immediatamente”.
La tipa non si rassegna, deve averla vinta e ribatte con raggia: “Eh, se non vengo basta che suoni il clacson! È inutile che ti agiti!”.
Ma il mio cervello si agita eccome. Il clacson. Le spiego con apparente calma: “No signora, non lo suono il clacson, disturba, è inquinamento acustico. Se lei è dentro Cocoon la chiamo appena finisco, lei lascia tutto e viene immediatamente. Fine”.
A questo punto lei mi scoppia a ridere in faccia vigorosamente e fa: “Non lo suoni il clacson?!?”. E mi sbeffeggia appoggiandosi all’eco infinito: “Ma è pazza questa? È pazza! È pazza!!!” della sua solerte madre, educatrice provetta.
Tutti lì ci guardano urtati da quella discussione, ormai è fatta, sono tutta rossa e nervosa; valuto attentamente costi (notevoli) e benefici (nessuno) della conversazione e decido che quantomeno le darò una lezione di dignità dall’alto di tutta la benzina in più che ho sempre sprecato per cercare dei veri parcheggi: “No signora, io il clacson non lo suono, è inquinamento acustico. Mi secca disturbare la gente, non è educato. È lei che è fuorilegge. Le sto dicendo che, quando la chiamo, lei viene a spostarmi la macchina subito, e che se non viene, visto che ho fretta, chiamo i vigili”.
“La legge!?! I vigili?!? E chiamali, chiamali, dai! Tanto mio fratello è finanziere, così vediamo!” incalza la figliola-modello bella impettita credendo di spaventarmi.
Io mi lanzo mentalmente per la persona che ho davanti e rilancio con prontezza: “Beh, anche se suo fratello è finanziere la legge è quella, e di certo non gliela può cambiare. Guardi, si giri: c’è un autobus che a causa della sua macchina non può passare. Lei intralcia il traffico. Se ne rende conto?”.
A questo punto lei si appanica e continua ad alzare la voce e a brandire le mani contro di me: “Ma che vuoi?!? Ma sei pazza?”.
Ora c’è un sacco di gente attorno a noi a godersi lo spettacolo; voglio tagliarla giacché nessuno di quegli ignavi ha pagato un biglietto e le dico soltanto: “No, sono solo una Cittadina e mi comporto come tale”. Quindi faccio per andarmene mentre lei continua a insultarmi tra un’eco materno e l’altro; non le basta però e mi viene incontro, sorride come una serpe e sussurra: “Brava, brava…!” mentre inizia a toccarmi la spalla con fare minaccioso. So che vorrebbe picchiarmi, ma non le converrebbe. Le rispondo solo: “Grazie”. Lei mi porge la mano, io gliela do con sufficienza, mi giro mentre loro continuano a urlare e la gente continua a guardare sgranocchiando semenza.
Entro da Cocoon con gli occhi di tutti addosso come fossi una ladra maligna. So perfettamene che questo è il prezzo di chi va contro, e so altrettanto perfettamente che, con tutta probabilità, serpe+madreserpe se potranno mi graffieranno la macchina. Me ne frego e cerco di essere orgogliosa di me alla faccia dello sdegno delle commesse nel prendermi una cipria e la loro vergogna di fronte alla mia fretta. Già; avevo fretta di uscire per evitare che la signora il cionnone alla mia macchina lo facesse troppo lungo.
Risultato: insulti, disapprovazione popolare, minuti persi inutilmente, n° 1 cipria + n° 1 mascara + n°1 spazzolino + n° 1 leocrema presi alla rinfusa e pagati velocemente, stress, sono di nuovo davanti alla mia macchina e… le serpi stranamente hanno sloggiato. Ma… c’è un’altra macchina (sempre di quelle enormi da ricconi) che mi blocca totalmente l’uscita nonostante il mio insulso biglietto A4.
A questo punto mi trema l’occhio come allo scoiattolo dell’era glaciale. Sono le 18e45, e io sono esattamente quello scoiattolo col tic all’occhio che continua a perdere la sua amata pigna nonostante tutti gli sforzi per tenerla con sé.
Non so cosa fare, la macchina che mi recinta è chiusa, nessun allarme e nessun biglietto. Inizio a chiedere in giro, nessuna notizia del guidatore. Inizio, mio malgrado, a suonare il clacson.
Tutti mi guardano, di nuovo. Le commesse di Cocoon si agitano. Capisco che chiedono se la macchina è di qualche cliente, ma pare di no. Continuo a suonare, faccio un giro per i negozi della zona. Nulla. Passano infiniti minuti, desidero graffiare mortalmente quella bastarda macchina, ma il maledetto angelo buono me lo impedisce.
Finché, uscendo mortificata dall’ennesimo negozio in cui la commessa mi dice: “Ah, eri tu che suonavi il clacson così?”, vedo un uomo trafelato che entra di corsa dentro la macchina che blocca la mia.
Allora, con un diavolo per capello per il ritardo al mio appuntamento e lo stress da ricerca-stronzi, ammacco il tasto replay: “Senta! Ma lei non ha letto il biglietto? […]” = blablabla, strisce gialle, doppia fila, io avevo un appuntamento, blabla… Il tizio non mi dà conto, è elegante lui, si infila in macchina e fa per andarsene.
Io a questo punto ho davvero tre diavoli per capello, strappo l’inutile foglio A4 dal mio finestrino, apro lo sportello della mujera elegante, glielo getto dentro e lei, a sua volta indiavolata, riapre lo sportello, lo getta in terra e urla: “Ma lei come si permette!!!”. Io urlo ormai esausta: “Come mi permetto io?!? Ma come vi permettete voi, maiali!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”.
E vanno via.
Stessa scena. Stesso fegato spappolato. Stessa gente idiota, ignava e mafiosa che guarda scandalizzata.
Devo correre per arrivare meno in ritardo possibile, e penso che, forse, la prossima volta mi merito il regalo di metterla IO la macchina in doppia fila senza lasciare alcun biglietto per indicare dove sono, senza chiedere scusa al mio ritorno, vastasa e senza punto in faccia. Gli applausi allora saranno per me. Paradosso.
E per qualche minuto, adesso e solo adesso sono quella che hanno voluto rendermi: una porca come loro.
Poi torno in me.
Facciamo che magari non vado più da Cocoon, va.
Le società moderne sono affette da Provincialismo Morale benché in apparenza promuovano l’universale dal momento che sono i Codici Etici ad essere infestati dal Relativismo. (Z. Bauman)
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