Magazine Diario personale

Reportage: vita e morte di quattro mesi di stage

Da Davideciaccia @FailCaffe

Stage: imperiale forma di esperienza giovanile dove il culo fermenta e il tuo conto spaventa

di Luana_Lagiak

La tanto sospirata pensione è arrivata anche per me! A concludersi è la mia ennesima esperienza alle prese con un lavoro dove il tuo culo fermenta ma il tuo conto spaventa. Lo stage, imperiale forma di esperienza giovanile, dove il ruolo da ricoprire è quello di un lavoratore in tutto e per tutto, senza però retribuzione e diritti.

Ad ascoltar le giovani bocche si direbbe che ognuno ha avuto un diverso approccio con la mistica esperienza. C’è chi ha fatto la pianta per quattro ore al giorno, chi ha portato caffè tre volte nell’arco del mattino, chi ha passato 6 ore al giorno su Facebook e chi, come me, ha lavorato 9 ore al giorno, 6 giorni alla settimana, per quattro mesi continuativi, inclusi Ferragosto, i Santi, i Morti, il compleanno, il giorno del Ringraziamento, il giorno del Pentimento, quello della Resurrezione e quello dell’abrogazione… ma fortunatamente il Natale sopravvivrà.

Il tuo stage universitario richiedeva 12 miseri crediti… calcolando che 1 credito vale 25 ore, questo significa che la tua università (la tua stupidissima università) pensa che tu sia così intelligente da raggiungere in sole 300 ore il tuo obiettivo formativo…

Noi ragazzi, siamo tutti spaventati dalle lunghe e interminabili 300 ore, considerando che uno stage dovrebbe essere di circa 4 ore al giorno per 5 giorni alla settimana…a 20 ore a settimana ce ne passa di tempo, ci potresti pure invecchiare dietro il tuo desk! Ma non per me, animale da palcoscenico capace di compiere le mie 20 ore lavorative in soli 2 giorni! La concessione data alle aziende di prendere ragazzi “stagisti” significa insegnare loro qualcosa, ma come la signorina in tacchi a spillo dell’università mi disse al momento dell’inizio iter burocratico: «ma sei fuori? Sei giorni a settimana? Ma questi so da denuncia, è assolutamente illegale, in un mese impari e i restanti tre mesi ti sfruttano come un lavoratore in tutto e per tutto, ma a costo zero»… e la signorina c’aveva pure ragione, ma io nella vita ho sempre e solo saputo una cosa: io di scrivere c’ho bisogno ogni giorno, e fare la giornalista è sempre stato il mio sogno.

Sono stata fortunata, perché la mia esperienza è partita e terminata nel migliore dei modi. Ho vissuto come un pipistrello in una redazione grotta, non ho mai portato un caffè, non ho mai mantenuto un cappotto, non sono mai andata a comprare le arance e a fare la spesa per la famiglia del capo (perché sta cosa m’è successa in un altro stage), e non mi è successo perché le persone che ho trovato sulla mia strada mi hanno sempre trattata come una di loro, come una loro pari, non mi sono mai sentita una stagista e mi sono sempre sentita all’altezza della situazione. Poi, suvvia… per quelli di voi che mi conoscono, potete immaginare l’espressione che potrebbe nascere sul mio viso alla richiesta di un caffè… tzè… al mio segnale scatenate l’inferno!

In questi mesi ho dato e perso tanto e mi sembra di essere invecchiata di 30 anni. Ho completamente smarrito la vita che facevo prima, ho lasciato indietro per strada le persone che mi accompagnavano ogni giorno. Ho trovato, però, dei colleghi meravigliosi, potrei descriverli tutti pensando a ciò che mi hanno fatto provare, dall’insopportabile all’amabile, da chi mi faceva pregare ogni giorno che l’accostamento dei colori dei suoi vestiti non mi lesionasse le pupille e chi pregare che non mi facesse sanguinare le orecchie!

Ho imparato a muovermi come una biscia tra un ansa e l’altra, a schivare le baggianate e a riconoscere le storie da raccontare, velocemente e criticamente. E’ stato bello, ho pensato più e più volte quanto questo lavoro mi piaccia, ho invidiato con tutta me stessa coloro i quali percepiscono anche uno stipendio per fare quello che io (e rendiamoci conto di quanto sia grave la situazione se arrivo a scrivere “anche uno stipendio”, come se ricevere 2 lire per spaccarti il culo sia un chissà quale premio) con passione e senso del dovere, ho fatto ogni giorno.

La mia vita ora cambierà radicalmente. La sveglia non suonerà più alle 6 del mattino e avrò persino il tempo di affilare il kajal allo specchio, senza lesionarmi retina e pupilla col legno della matita senza punta.

Tirando le somme…come tutti gli stagisti, in quattro mesi ce ne ho avute da imparare, ce ne ho avuto da lavorare, e ora? E ora, ciao è stato bello, gratis non ti possiamo tenere ancora, pagarti non se ne parla neanche (perché voi pensate che i nostri sacrifici meritino una ricompensa…se vabbè…sognate)… e ora tutti a casa. Sono giorni che scherzo sul fatto che a 26 anni vado in pensione… ma sapete qual è la cosa che mi rattrista di più? Che in realtà, in pensione da stagista non ci vado per niente, perché so che il mio prossimo lavoro… avrà indubbiamente un contratto di stage!

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