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Resident Evil

Creato il 07 ottobre 2013 da Narratore @Narratore74

Resident-Evil-Gameplay-Hints-Part-1-PSX-2L’idea è nata così, dopo una serata passata davanti alla tv.
Perché non fare una serie di recensioni dedicate al mondo di Resident Evil? In fondo si tratta di un brand ormai entrato nell’immaginario collettivo, di quelli che, a meno che non viviate sulla luna, tutti sanno di cosa tratta.
E la forza di RE non si basa solo sulla presenza di zombie e mutanti di vara natura. È proprio il suo essere così scontato, così prevedibile, da diventare un prodotto di intrattenimento puro.
e, sì, comunque ci sono gli zombie, quindi per il sottoscritto guadagnano punti come se piovesse.

Il ciclo di recensioni non si baserà, però, solo sui film interpretati dalla bellissima Milla. l’idea è di allargare il tiro a libri, videogames, lungometraggi animati e chi più ne ha più ne metta.
Una sorta di omaggio, quindi, ad una delle saghe più corpose degli ultimi anni.

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La prima di queste recensioni è ovviamente dedicata al primissimo Resident Evil, il videogame che uscì nel lontano 1996, dalla poliedrica Capcom, per Psx. Gioco che vedrà la nascita di due versione aggiuntive con l’aggiunta della dicitura Director’s Cut sulla copertina. In entrambe le versioni abbiamo una nuova serie di inquadrature e alcuni passaggi (come lo zombie di Forest Speyer, membro della squadra Bravo, ucciso dai corvi) che ne aumentano il coinvolgimento. La seconda di queste riedizioni uscì, invece, per sopperire ai ritardi per la pubblicazione del secondo capitolo della saga.
Il plot del gioco era semplice, quasi irrisorio se vogliamo: nei boschi attorno a Racoon City si verificano strane sparizioni. Corpi mutilati, ritrovamenti macabri, tutto fa pensare a belve feroci. Viene inviata una squadra, il Team Bravo, di cui si perdono le tracce. Così, una seconda squadra, lo S.T.A.R.S., viene mandata a recuperare i colleghi scomparsi.

Chris Reinfield

Chris Reinfield

Dopo un filmato girato con attori in carne ed ossa, inizia così, con una rocambolesca fuga all’interno di un’enorme magione, la storia dei due personaggi che avremo modo di utilizzare nel gioco.
Chris Reinfield e Jill Valentine, due nomi che ricorreranno spesso all’interno della saga.

Il gioco è considerato, praticamente all’unanimità, quello che ha segnato il passaggio dalla vecchia concezione di survival horror alla nuova generazione.
Ambienti 3d, movimento tridimensionale dei personaggi e un tipo di azione in tempo reale che donava al gioco un’interessante aura di adrenalina, il tutto condito con qualche sparuto filmato in CGI, che all’epoca erano una vera manna per chi si avventurava fra i corridoi della villa.
l’esplorazione avveniva per mezzo di schermate fisse, splendidamente disegnate, su cui si muoveva il personaggio e i vari nemici che era possibile incontrare.
Il sistema di controllo si basava sull’utilizzo della croce direzionale: per far camminare il personaggio bisognava spingere in su, destra e sinistra lo facevano ruotare e con la crocetta in giù si poteva arretrare. Non il massimo della comodità ma che, con una buona dose di allenamento, era possibile diventare dei veri maestri delle manovre, utile soprattutto nelle fasi più concitate.

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Fin da subito le differenze fra i due personaggi si fanno sentire. Jill, armata con una pistola e un coltello da caccia, Chris invece che si adatta ad utilizzare solo il coltello, sostituendo la pistola con l’onnipresente zippo dorato (altro elemento che apparirà in quasi tutti gli episodi della serie).
Concetto alla base del gioco è l’esplorazione, vincolata al classico sistema “trova la chiave X per la porta X”, che però all’epoca non risultava fastidioso e obbligava a chilometri e chilometri per raggiungere la porta che da ore non era possibile aprire.
E ovviamente ci sono gli zombie!

Il debito con Romero e i suoi film si sente tutto, come se RE sia voluto essere, dalla sua prima apparizione, ben più di un omaggio al maestro dei morti viventi. Senza però adagiarsi sugli allori di qualcun altro e riuscendo, mescolando sapientemente i due fattori, a unire l’orrore e lo splatter con l’ingegneria genetica, gli esperimenti e i laboratori futuristici.

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Alla Capcom va, però, un ulteriore complimento, e cioè di aver inserito all’interno di un gioco che aveva già parecchie buone carte, un nemico enorme, imbattibile e infinitamente pericoloso: l’Umbrella Corporation e il Virus T.
Due aspetti che saranno alla base di tutti i prodotti successivi, una costante che vedrà pochi esseri umani, costretti a combattere per la propria salvezza contro qualcuno che sembra in grado di poter fare tutto.

Insomma, se il buongiorno si vede dal mattino, era prevedibile che questo videogioco segnasse l’inizio di un proficuo e vantaggioso viaggio verso i meandri della morte e dell’orrore.
Interessante sia per gli sviluppatori, che si ritrovarono fra le mani una vera miniera d’oro, sia per i giocatori, che ancora oggi possono divertirsi a correre in giro, imbracciare fucili e combattere Tyrant sperando di poterlo abbattere a suon di granate.

Ci vediamo settimana prossima, con Resident Evil 2.


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