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Responsabilità dei Magistrati. Quando il CSM dà pareri non richiesti

Creato il 05 aprile 2011 da Iljester
05 aprile 2011 | Politica | Permalink

Responsabilità dei Magistrati. Quando il CSM dà pareri non richiestiDue parole, davvero due per esporre una contraddizione che probabilmente a molti sfugge e che invece dovrebbe essere tenuta presente quando si parla di rapporti tra magistrati e Governo, soprattutto davanti a un fatto davvero importante come la riforma della responsabilità civile diretta dei magistrati rispetto agli errori che commettono nell’esercizio delle loro funzioni. Riforma – che ricordiamo – ci chiede l’Europa e la cui assenza comporta milioni di euro in multe da parte della Corte di Strasburgo.
Ebbene, il Consiglio Superiore della Magistratura – organo di rilevanza costituzionale che esprime l’autogoverno dei magistrati – ha pensato bene di dare un parere sulla riforma. Ovviamente negativo: minerebbe l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e andrebbe oltre quanto ci chiede l’Europa. In verità mi chiedo io: quando mai attribuire a un magistrato che sbaglia l’obbligo di assumersi la responsabilità dei propri errori minerebbe la sua autonomia e indipendenza? Ogni funzionario dello Stato se sbaglia paga; ogni cittadino – il politico compreso – se sbaglia paga. Perché un magistrato dovrebbe essere esente da questo principio generale? Tenendo pure presente che è egli stesso colui il quale poi deve giudicare gli sbagli altrui?
In verità l’asserzione del CSM è sballata ed è espressione di un interesse corporativo più che di un vero e proprio timore sul pregiudizio all’indipendenza e all’autonomia dei magistrati, che certamente non vengono minate da una legge giusta ed equa. Anche perché se si deve fare un discorso di parità e di uguaglianza fra tutti i cittadini (art. 3 Cost.), non si vede come sia possibile – in nome della stessa – impedire che il magistrato sia responsabile direttamente dei propri errori, mentre il politico che governa non può avere la sospensione dei processi sino alla cessazione della carica che ricopre. Il che mi porta a dire: o la parità esiste per tutti e tutto, oppure non esiste. E in quest’ultimo caso, se dobbiamo preservare l’irresponsabilità diretta dei giudici, giustificandola istituzionalmente come garanzia di indipendenza, altrettanto dovremmo garantire la governabilità di questo paese e dunque l’indipendenza dei politici dagli altri poteri (e in particolare, quello giudiziario), attraverso il legittimo impedimento o i vari lodi Alfano o Schifani. Cioè, per dirla papale papale, non si può fare un discorso diverso, a seconda che si parli di magistrati o di politici, rispettivamente espressione del potere giudiziario e dei poteri legislativo ed esecutivo.
Ciò detto, un altro discorso che è importante fare in questo contesto, è l’inopportunità e l’irricevibilità del parere del Consiglio Superiore della Magistratura sulla predetta riforma. È bene dire in proposito che il CSM può effettivamente dare pareri, ma solo su richiesta di due soggetti ben precisi: il Ministro della Giustizia (sulle leggi che riguardano l’ordinamento giudiziario) e il magistrato in ordine all’applicazione e all’interpretazione dell’ordinamento giudiziario. In altre parole, il CSM non può esprimere opinioni in autonomia, ma deve dare pareri. E il parere, per sua stessa natura, è un’opinione richiesta (art. 10, l. 195/1958) dai soggetti sopra legittimati. Diversamente il CSM deve restare in silenzio.
È chiaro dunque che davanti a un’insistenza di pareri non richiesti emessi dal Consiglio Superiore della Magistratura, abbiamo un duplice effetto: il CSM è diventato (o viene confermato) un organo politico dei magistrati, che fa politica e va oltre i poteri attribuitigli dalla Costituzione, addirittura censurando le leggi (o i disegni di legge) del Parlamento e dichiarandone l’incostituzionalità, seppure in termini non giuridicamente vincolanti; e abbiamo un’alterazione evidente dei rapporti istituzionali, poiché il CSM è diventato un organo che opera in un settore – la formazione della legge – che non gli compete per sua stessa natura, se non quando il potere politico glielo richiede in forma di parere.
Davanti a questo vulnus costituzionale e istituzionale grande come una casa, c’è da domandarsi: Napolitano – che è il capo del CSM – perché rimane in silenzio? È o non è un organo di equilibrio. Perché non richiama all’ordine l’organismo che presiede? O i richiami valgono solo per il Ministro Alfano o per Berlusconi, e non per gli altri che contribuiscono (e non poco) ad avvelenare ancor di più il clima da Avventino in cui ci siamo cacciati? Presidente, batta un colpo anche sulla scrivania del CSM se vuole davvero che torni il sereno istituzionale e lei venga considerato effettivamente super partes.

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Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235

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Tags: art. 101 cost., art. 104 cost., art. 3 cost., consiglio superiore magistratura, csm, legge 195 1958, pareri csm, responsabilità civile dei magistrati
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