Gérard Foucaux non era un artista qualunque, ma con i suoi movimenti di mimo, quale lui era, sapeva conquistare lo spirito ed i cuori di quanti, estasiati, seguivano i suoi magici gesti. Potremmo definirlo un Normanno in Sicilia, visto che proveniva da Rouen in Normandia e si era formato, sia come uomo sia come artista, girovagando per l'Europa. Terzo di nove figli, venne abbandonato in un orfanotrofio dai suoi genitori nel momento più critico per un ragazzo, quello dell'adolescenza. Dopo aver studiato a Parigi l'arte del clown alla scuola di circo di Annie Fratellini e il mimo con il maestro giapponese Ikuo, Gérard viaggerà dalla Germania alla Francia fino ad arrivare in Italia. Giunge in Sicilia, nella città di Messina, nel 1979, dove si stabilirà definitivamente fino alla sua morte avvenuta l'8 dicembre 2008 a soli 50 anni. Nella città dello Stretto Gérard aveva trovato una sua dimensione soprattutto "dal punto di vista affettivo ed umano", come spesso affermava. Malgrado non riuscì ad ottenere grandi successi come artista, da professionista qual'era, si accontentò di esibirsi nelle piazze per la gioia di grandi e bambini.
"Io l'avevo intervistato per il Giornale di Sicilia una ventina d'anni fa quando stava per partire per la Francia - ricorda il giornalista Gigi Giacobbe - perché il cantautore Pierre Selos, che conosceva da piccolo, gli aveva proposto di lavorare a Parigi come mimo. Al suo ritorno a Messina lamentava che qui c'erano 'troppi artisti non artisti' e non c'era da parte delle istituzioni alcun riconoscimento verso coloro che sono dei veri artisti. Quando gli chiesi perchè fra tante città italiane avesse scelto proprio Messina, mi disse che mentre si esibiva come saltimbanco a Parigi nella Piazza George Pompidou, giusto accanto al Beaubourg, fu avvicinato da un impresario di Bergamo, tale Paolo Ripamonti, pure pittore noto a Milano, che gli propose di lavorare in Italia. Qui si esibisce come saltimbanco, lo nota un giornalista che gli dedica un articolo e poi lo invita ad andare con lui a Vulcano. Isola in cui conosce una bella ragazza di Messina che dopo tre mesi lo pianta. Ed eccolo così ritrovarsi a vivere nella nostra città. Agli inizi della sua difficile vita d'artista solidarizza con Nino Frassica e Nino Montalto, 'due amici che si sono affermati – diceva con un pò di rammarico – io rispetto a loro sono rimasto quasi un pagliaccio'. Lavora col Teatro Libero di Pippo Luciano, col Teatro Popolare di Enzo Raffa, partecipa a tutte le edizioni del Gioco Festa alla Villa Mazzini, organizzati da Ciccio Previti e poi il Comune, in maniera saltuaria, gli assegna l'incarico di realizzare dei corsi di mimo per le scuole elementari. Certo, la sua non lunga vita è stata costellata da alti e bassi, più bassi che alti, qualche esibizione qua e là, qualche incarico scolastico e poi basta. Una vita quasi da clochard la sua, senza aver l'opportunità di emergere, né alcuno mai gliene ha dato la possibilità, neppure i vari assessorati scolastici che si sono succeduti negli anni e che avrebbero potuto in certo qual modo sostenerlo finanziariamente. Io lo incontravo spesso in quel bar di Via Cavour di fronte alla Sala Laudamo con una sigaretta senza filtro accesa e una bottiglia di birra in mano".
Esistono personaggi, uomini, artisti che non ottengono riconoscimenti ufficiali, vivono ai margini, muoiono in solitudine. Sono quasi sempre destinati ad essere dimenticati, nonostante durante la loro esistenza abbiano segnato la vita di una comunità. Gérard, da mimo, aveva lasciato memoria solo negli occhi del suo pubblico. I suoi funerali sono stati a dir poco strani: uno "spettacolo" spontaneo, bolle di sapone, fisarmoniche. Degno epilogo della vita coerente di un uomo che rimane sé stesso mentre il mondo gli cambia intorno. Questo libro vuole ricordare il rigore e la leggerezza di un personaggio fuori dall'ordinario, trarre insegnamenti dalla sua vicenda, lasciare memoria della sua figura. La vicenda di Gérard è anche una metafora importante: un'esistenza anomala, lontana dal perbenismo. Una vita che starebbe bene in una ballata di Brassens, in una canzone di De Andrè. Un`esistenza nobilitata dal contrasto col grigiore della città senza arte, senza colori, “nemica` dei bambini. Gérard è il sopravvissuto di una generazione sconfitta, che vede ribaltare i suoi valori nel giro di un paio di decenni: l`arte non mercificata diventa inutile, la marginalità sinonimo di pericolosità; essere diversi un disvalore, improduttivi un peccato capitale. In questi anni segnati dal lugubre ritorno delle “ideologie della normalità`, con tanto di ronde, delirio securitario, paura della diversità, revival di idee squisitamente naziste è molto utile il ricordo e l`esempio di personaggi considerati marginali, la cui diversità diventa calore per una comunità intera.(dal libro "I funerali di Gérard Foucaux. Un mimo francese in Sicilia")
"I politici non sono abituati, nel nostro paese, né a occuparsi di arte, né di educazione, né di bambini"
- Gérard Foucaux
A.D.P.