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Riflessi pavloviani da lettori: Matthew e la bancarotta

Creato il 11 novembre 2011 da Unarosaverde

Periodaccio, questo. Troppe cose da fare tutte insieme. Troppo corti i tempi di ozio.  Troppo poco spazio per leggere. Troppo numerose le ore di buio, che cominciano già alle 5 del pomeriggio e mi proiettano senza scampo verso l’inverno. E poi, complici il clima umido e la forzata immobilità, da una decina di giorni il ginocchio è di nuovo infiammato. L di Minimoblog parla stupita della scoperta della corsa, io ho ricominciato a zoppicare, ad affrontare i gradini ad uno ad uno, mugolando, e ad ingollare farmaci, mentre il progetto del Cammino Primitivo per l’anno prossimo comincia a sembrarmi utopia. Uffa.

Ci si mettono pure i giornali ad aggiungere toni foschi ad atmosfere plumbee. “Fate presto”, titolava ieri Il Sole 24ore. Stanno spuntando come funghi articoli che consigliano cosa fare in caso di improbabile – ma se è improbabile perchè se ne parla? – tracollo economico, di crack finanziario del Paese, di morte dell’euro. Tutti dispensano consigli su come salvaguardare i propri risparmi. E se la mia sensazione è che negli ultimi giorni tutto sia  cambiato ma nulla sia cambiato davvero, ritrovarmi sotto gli occhi questi inviti al panico collettivo non mi aiuta a recuperare buonumore. Uffa.

Il problema, vedete, è che inconsciamente mi si innescano riflessi pavloviani. Da piccola, quando non ero  impegnata con l’opera omnia della Alcott, concentravo la mia attenzione su Anne of Green Gables e, nonostante l’età adulta e quel minimo di razionalità e competenze a cui mi aggrappo, a me in questi giorni continua a venire in mente il buon Matthew. Ve lo ricordate? Deposita tutti i risparmi nella banca gestita dal figlio di un amico di lunga data,  nonostante le voci preoccupanti che serpeggiano, riceve una lettera che lo informa della bancarotta, la legge, ha un infarto e muore. Uffa.

Vuoi vedere che tra un po’ mi toccherà fare come Pèline, quella di In famiglia di Malot, e trovarmi un capanno sul fiume, intrecciarmi la suola delle scarpe con le frasche, ricavare pentolini da ritagli di lamiere, cucinare la zuppa con le erbe selvatiche? Dal Piano B al Piano S, come Sussistenza,  per direttissima. L’importante è che non mi ritrovi tra i piedi qualcuno con la sindrome di Pollyanna che, a dirla tutta, ho sempre considerato una creatura stucchevole. Uffa.


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