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Riflessioni d’autori 2: l’alfabeto e il fucile

Creato il 13 ottobre 2010 da Sulromanzo
Riflessioni d’autori 2: l’alfabeto e il fucileDi Rudi Perpignano
Utilizzare l'alfabeto e il linguaggio
Proseguendo tra le varie riflessioni esternate da autori affermati nel corso della storia relative a scrittura e letteratura, questa volta ci soffermiamo su alcune dichiarazioni di Philip Roth, uno dei più grandi scrittori statunitensi, il terzo scrittore americano che ha ricevuto l'onore di vedere pubblicata in vita la sua opera completa dalla Library of America.
Le citazioni sulle quali insieme a voi vorrei soffermarmi sono le seguenti:
“Evitare le parole stravaganti. [...] Tutti i termini pedanti non servono allo scopo.”
“Tutto quello che ho per difendermi è l'alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile.”
Entrambe sono tratte dal romanzo autobiografico “Operazione Shylock: la confessione” del 1993.Parole stravaganti, termini pedanti, non servono allo scopo, dice Roth. Il punto è definire quale sia lo scopo. Aprite i giornali, date un’occhiata a tanti siti web, soffermiamoci sulla comunicazione televisiva o sfogliamo qualche pagina di romanzi recenti. Spesso ci troviamo di fronte ad un simposio di termini, di frasi pedanti. Ripetitive, martellanti, ossessive quasi a volere indirizzare una massa verso un pensiero comune e unico. Quasi a volere martellare talmente tanto le cervella che chiunque sia fuori da tale “recinto” diventa un essere che è fuori e non può appartenere a questa società. Stessa cosa per le parole stravaganti che sembrano essere diventate sinonimo di originalità e trasgressione, non rendendosi conto che stravaganze odierne farebbero sorridere artisti o autori di secoli scorsi.Probabilmente lo scopo di cui parla Roth non si riferisce certo a questa giostra di ipocrisia e di parole fumose ma forse si allinea invece con la volontà dei grandi autori che tentano giornalmente di fotografare e raccontare con rispetto e delicatezza quelle che sono le sfaccettature dell’immenso spettacolo umano, tra le sue grandiosità o nefandezze. E perché tutto ciò sia universale e colmo d’arte e passione, probabilmente le stravaganze e la pedanteria servono a gran poco.
E queste riflessioni si sposano benissimo con la seconda citazione, a mio parere meravigliosa, in cui l’alfabeto è tutto ciò che un autore ha per difendersi. Al posto del fucile, l’alfabeto, le parole, le frasi, la scrittura. E la comunicazione, la letteratura diventa strumento di difesa verso le brutture, le ingiustizie, l’omologazione. Diventa mezzo per potere applicare una rivoluzione. La parola che può cambiare le cose. Ne sono fortemente convinto che la scrittura possa aprire brecce negli animi, nelle menti, addirittura nei corpi e guidare verso un risveglio e un percorso di miglioramento costante, individuale e collettivo. Un libro che può cambiarti la vita o libri che hanno cambiato la storia, sfidato la storia, messa a tacere la storia.E la cosa ancora più preziosa, secondo me, è che Roth non ha usato il termine “parola” paragonandolo al fucile ma proprio “alfabeto”, dando quindi dignità, forza, valore, sacralità ad ogni singola lettera che ha pari potere e mette nelle mani di ogni scrittore la responsabilità di disporla una ad una nel miglior modo possibile per potere creare arte, difendere la verità e raggiungere lo scopo di risvegliare le coscienze.D’altronde “in principio era il Verbo” in tutte le principali religioni del mondo e questa è un’altra cruciale tematica su cui non basterebbero giorni interi per disquisirne… ma questi sono altri libri.
Buon alfabeto a tutti.

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