Riflettersi in Grillo senza riflettere su Grillo

In risposta a un po’ di domande che mi sono state fatte riguardo il post di ieri “Poche Cose (Forse) Certe”.

Credo sinceramente che Grillo, a suo modo, è un rivoluzionario. Non è Lenin, Mussolini o Hitler, ne’ tantomeno Che Guevara, è un rivoluzionario del 2013, altra roba, difficile da definire oggi con esattezza. Basta ascoltare con attenzione i suoi comizi, le sue parole d’ordine, sono parole rivoluzionarie, nella pratica comunicativa, non nella loro sostanza. Non sono parole totalmente nuove, sono solo parole che in questo particolare contesto agiscono in senso rivoluzionario; di per se ogni parola, ogni concetto può essere rivoluzionario se usato per tale pratica politica. Tutti criticano Grillo ma nessuno lo ascolta veramente e analizza il suo linguaggio aldilà dei “vaffa”. Ciò detto, il nostro punto di vista dovrebbe dipendere dalla sostanza della materia rivoluzionaria. Sin’ ora questo processo ha avuto degl’esiti positivi, vedi l’aver messo il PD dinnanzi alla necessità di fare delle scelte nuove, e negativi, vedi l’emergere di un’ assenza generalizzata di vero senso critico che ruota intorno al leader 5 stelle, sia da parte dei suoi estasiati sostenitori che dei suoi schifati oppositori. Lo schema è, in tal senso, lo stesso schema di comunicazione del Berlusconismo: il termine di riferimento è Grillo (come un tempo lo era Berlusconi) e gl’altri costruiscono la propria identità un po’ in opposizione, un po’ di riflesso in relazione a ciò che Grillo dice o fa. Resta il fatto che il termine di riferimento di una comunicazione e di un’azione politica dovrebbe essere il Paese e non il più in vista dei suoi cittadini. E’ in questo errato termine di riferimento che la rivoluzione corre il rischio di essere l’ennesima restaurazione. Non credo si tratterà della restaurazione di questa casta politica, oramai delegittimata, ma della restaurazione dell’abitudine pluridecennale al non senso critico dei cittadini.