Riforma Costituzionale. Il percorso delle riforme fortemente voluto dal premier Renzi compie un altro importante passo in avanti. Con il voto favorevole (357 sì, 125 no) della Camera dei Deputati si è, infatti, conclusa la prima lettura del testo che modifica la nostra carta costituzionale. Adesso la revisione costituzionale dovrà tornare al Senato, visto che la Camera ha modificato il testo uscito da Palazzo Madama. A commento del voto finale è arrivato immediato il solito tweet di un Renzi molto soddisfatto: “È la volta buona. Con questa riforma Paese più semplice e giusto.”
Le scelte dei partiti riguardo alla Riforma Costituzionale
Il voto ha provocato parecchie fibrillazioni e distinguo all’interno dei partiti. Nel Pd l’oppositore storico di Renzi, Stefano Fassina, ha votato no, mentre diversi esponenti della minoranza democratica hanno optato per il sì per senso di responsabilità. Tuttavia hanno chiarito che, senza modifiche al contenuto del provvedimento nel prosieguo dell’iter parlamentare, potrebbero far venire meno il loro sostegno e il loro voto favorevole.
Ancora più ondivaga la posizione di Forza Italia: il partito di Berlusconi, dopo aver votato sì al Senato, è adesso passato al fronte del no (conseguenza della fine del Patto del Nazareno con Renzi e della rottura con il Pd sull’elezione del presidente della Repubblica). Alcuni esponenti di Forza Italia (l’ex ministro Rotondi, per esempio) hanno, però, in dissenso dal gruppo d’appartenenza, espresso voto favorevole “per non bloccare il cammino riformatore”.
Irremovibili sul no e chiusi a ogni forma di dialogo, invece, sono rimasti sia il M5S che la Lega Nord. I deputati grillini hanno, anzi, proseguito nella scelta dell’Aventino non partecipando alla votazione e uscendo dall’Aula di Montecitorio al grido di “fascisti”.
Anche Sel di Nichi Vendola ha votato contro, mentre a favore sì sono espressi i deputati di Nuovo centrodestra e Scelta Civica.
L’iter previsto dalla Riforma Costituzionale
Passati almeno 3 mesi dalla votazione in prima lettura, inizierà l’iter della seconda lettura. In questo successivo passaggio, le Camere potranno solo approvare o respingere la riforma nel suo complesso, ma non potranno ulteriormente emendarla. L’ultimo decisivo atto avrà luogo, probabilmente nella primavera del 2016, con il referendum confermativo, dato che probabilmente non verrà raggiunto il quorum dei due terzi necessario per approvare in via definitiva le riforme della Costituzione, con il quale gli Italiani saranno chiamati a esprimersi, quindi a ratificare o cancellare la riforma votata dal Parlamento.
Che cosa prevede la riforma?
La modifica più rilevante riguarda la trasformazione del nostro sistema parlamentare e la fine del bicameralismo perfetto. Il governo dovrà ottenere la fiducia solo dalla Camera dei deputati, mentre il Senato, non più eletto dai cittadini, si trasformerà in camera di rappresentanza delle autonomie territoriali e sarà formato (100 membri, di cui 5 scelti dal capo dello Stato) da consiglieri regionali e sindaci.
La potestà legislativa sarà di competenza esclusiva della sola Camera dei deputati, salvo alcune materie (come le leggi di revisione costituzionale) su cui dovrà intervenire anche il Senato. Sulla legge di bilancio il Senato potrà esprimere pareri e rilievi che potranno comunque essere superati da un voto qualificato della Camera.
Quanto all’iter legislativo, la riforma in discussione dota l’esecutivo di corsie preferenziali per la discussione e l’approvazione di propri progetti legge al fine di attuare il programma di governo.
Cambiano anche i rapporti tra Stato centrale e regioni e il riparto delle rispettive competenze. Alcune materie tornano nella potestà legislativa esclusiva o prevalente dello Stato, anche grazie all’introduzione della “clausola di supremazia” che lo Stato potrà esercitare verso le Regioni a tutela dell’unità della Repubblica e dell’interesse nazionale. Il governo potrà, inoltre, procedere al commissariamento degli enti locali in grave dissesto finanziario.
Il testo di riforma costituzionale predisposto dal Ministro Boschi modifica anche il sistema dei quorum, alzati rispetto a quelli attuali, per l’elezione del presidente della Repubblica. Occorreranno i 2/3 dell’Assemblea nei primi tre scrutini, dal quarto scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei 3/5 dell’Assemblea, mentre dal settimo i 3/5 dei votanti. Dopo l’ottavo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Non parteciperanno più all’elezione i delegati regionali, mentre il ruolo di capo dello Stato-supplente passa dal presidente del Senato a quello della Camera.
La riforma, infine, abolisce alcuni enti ritenuti ormai inutili come il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, previsto dalla Carta del 1948) e fissa dei tetti massimi per le retribuzioni di presidenti di regione e consiglieri regionali.
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