Parto con una premessa che alcuni di voi riterranno ovvia, ma che non lo è. Mussolini disse che governare gli italiani non era impossibile. Era inutile. Non posso non condividere questa evidente verità se si guardasse all’intera nostra storia. L’Italia è il paese del compromesso, è il paese dell’interesse particolare preminente rispetto all’interesse generale, del locale sul nazionale. Ciò è dovuto — credo — allo scarso spirito nazionale e di appartenenza identitaria che da sempre — soprattutto negli ultimi settant’anni — ha caratterizzato la nostra storia unitaria. Ancora oggi parlare di nazione e di patria è quasi tabù. Il rischio è essere tacciati di fascismo, fino al punto che molti ormai ritengono il regime fascista un paradiso rispetto al regime attuale che di democratico ha solo l’apparenza.
Perciò è difficile affermare che basterebbe un qualche aggiustamento costituzionale per renderci un paese moderno. La verità è che sarebbe necessario un cambio di mentalità profonda. Che però appare difficile, poiché l’italianità è connaturata all’arte dell’arrangiarsi, a una forma mentis caratterizzata dall’opportunismo, dal meglio un uovo oggi che una gallina domani, del meglio a me che a te e così via.
Lo spirito di sacrificio non ci appartiene completamente. Forse come italiani siamo molto generosi, molto più di quanto potremmo apparire a prima vista, ma è chiaro che l’unità nazionale non è completamente sentita in noi. La nostra stessa tendenza all’esterofilismo lo dimostra. Siamo capaci di grandi idee, di grandi prodotti, di grandi invenzioni, epperò non siamo capaci di dettare la linea, le mode, le tendenze, non siamo capaci di essere protagonisti. Ci affidiamo agli altri, alle nazioni che, quasi per tacito accordo, sono le più grandi, rinunciando da subito a essere, l’Italia, una loro pari.
Ciò non comporta comunque che non ci si debba sforzare a proporre idee finalizzate a stimolare riforme che possano quantomeno portarci sulla buona strada. Ecco dunque il motivo di questo post, che certo non vuole essere la bibbia… il vangelo, ma che ciononostante, desidera spiegare per quale motivo il nostro paese dovrebbe andare in una certa direzione anziché in un’altra.
Cercherò di sintetizzare in poche righe, le mie idee in proposito, ben consapevole che le stesse spesso sono state già esposte più volte in questo blog e non costituiscono una novità nel panorama delle idee per rendere l’Italia una Nazione con la n maiuscola.
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→ PRESIDENZIALISMO. Ritengo importante che l’Italia si doti di un sistema presidenziale, con elezione diretta del capo dello Stato, che rafforzi il Governo e lo renda autonomo e indipendente dal Parlamento con sole ed esclusive funzioni legislative.
→ BICAMERALISMO IMPERFETTO. Due camere, una rappresentativa delle istanze regionali. La prima con funzione legislativa generale. La seconda di controllo politico-costituzionale degli atti legislativi.
→ SISTEMA MAGGIORITARIO E BIPOLARE. Un sistema politico polarizzato che comporti la previsione di due schieramenti con programmi contrapposti e uno sbarramento al centro per evitare i cosiddetti “salti della quaglia”. Obbligo dunque del parlamentare di dimettersi in caso di dissenso dal proprio gruppo di appartenenza.
→ USCITA DALL’EURO E RITORNO ALLA LIRA. Non significa uscita dall’Europa, ma dalla moneta unica con un ritorno alla lira. Molti ritengono impraticabile questa strada, per via del pericolo di una grave svalutazione della nostra moneta. La verità è che un ritorno alla lira comporterebbe sì dei danni, ma per le tasche di burocrati europei, delle oligarchie bancarie e degli speculatori sul debito sovrano. Ecco perché è osteggiata.
A queste quattro riforme fondamentali dovrebbero seguire o precedere quelle profonde riforme del sistema Italia. Da un drastico taglio delle spese, soprattutto là dove si annidano gli sprechi, fino a una riforma integrale del sistema del lavoro (abolizione art. 18 s.l. contestualmente alla drastica possibilità di utilizzare i contratti precari/partime), dell’istruzione (soprattutto quella universitaria) e della giustizia (con le separazioni delle carriere e delle funzioni, responsabilità civile diretta dei magistrati e relativizzazione dell’obbligo dell’azione penale). Inoltre, attuazione piena della Costituzione che imponga la registrazione presso un registro nazionale ad hoc di partiti e sindacati, con obbligo degli stessi di strutturarsi in senso democratico (prevedendo altresì le primarie per la scelta dei candidati alle cariche pubbliche di comando) e di certificare i bilanci. Per quanto riguarda poi i costi della politica e dell’alta amministrazione, il finanziamento pubblico dei partiti e dei sindacati nei limiti del 50% delle spese documentate e gli dei stipendi dei parlamentari/regionali e dei manager pubblici non superiore a 10 volte lo stipendio minimo di un impiegato della pubblica amministrazione.
Queste riforme naturalmente devono poi essere inquadrate in un processo di sviluppo infastrutturale, industriale ed economico che miri essenzialmente alla crescita dell’azienda Italia, puntando sulla qualità del made in Italy (marchio che dovrebbe essere garantito sia nell’utilizzo dei materiali e sia nella locazione della produzione), ovvero attraendo capitali stranieri in attività — escluse quelle strategiche nazionali — che possano creare sviluppo e occupazione.
di Martino © 2012 Il Jester