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Secondo uno studio pubblicato sull'ultimo numero della Geophysical Research Letter ad abbattere 80 milioni di alberi della foresta siberiana fu una cometa e non un grosso meteorite o un asteroide come si è pensato negli ultimi 100 anni. Uno dei grandi enigmi del Ventesimo Secolo: un calore immenso che brucia gli alberi delle foreste siberiane in un'area di 800 miglia quadrate, una nuvola di fuoco e luce che illumina a giorno le notti d'Europa, fino a Londra.
Più di un puzzle per gli scienziati, che per oltre un secolo si sono arrovellati il cervello per spiegare una serie di fenomeni certo fisici, ma almeno apparentemente poco naturali. La ricerca è durata esattamente 102 anni, dal momento che la catastrofe, che distrusse ogni forma di vita in un'area grande quanto uno stato, ebbe luogo il 30 giugno 1908. Che si trattasse con ogni probabilità di un impatto con un corpo celeste era stato ipotizzato da diversi anni. Oggi gli scienziati della Cornell University spiegano anche quale: una cometa. O meglio: il nucleo centrale di una cometa.
La coda non avrebbe potuto, fatta com'è di gas e pulviscono, portare tutta quella morte e quella distruzione. Ma un asteroide - la spiegazione più accreditata finora - avrebbe sollevato per giorni e giorni una nuvola immensa di polvere, come in una eruzione vulcanica. E la luce non averebbe potuto progagarsi per almeno metà dell'Emisfero Settentrionale, come invece ha fatto. Un'anomalia che ha dato spazio ad una lunga serie di ipotesi alternative, dallo sfondamento della crosta terrestre all'altezza di un enorme giacimento di gas metano (la Siberia ne è ricca, del resto) alla classica esplosione di una astronave di extraterrestri a propulsione di chissà quale combustibile a noi sconosciuto.
La seconda tesi non è mai stata presa troppo sul serio dalla scienza ufficiale, la prima si scontrava con un dato inquietante: a Tunguska, infatti, non c'era il segno di un impatto. Non c'era il cratere, insomma: tutte le spedizioni scientifiche organizzate in un secolo non lo avevano trovato. Il mistero si infittiva. Ecco, invece, la spiegazione del professor Michael Kelley, che a Cornell insegna ingegneria aereospaziale: il cuore, fatto di ghiaccio, di una cometa. L'impatto, secondo Kelley, sprigionò l'energia di 20 bombe il Hiroshima, che cancellarono tutto quello che trovarono per centinaia di chilometri di raggio. Ma, contemporaneamente, fusero il ghiaccio che l'aveva prodotta. Spariva l'arma del delitto, in una nuvola di polevri e soprattutto vapori che, aleggiando nell'aria per giorni e giorni, rifransero la luce del Sole e tennero bene illuminato almeno un terzo della popolazione del Pianeta Terra. ''Se quella cometa fosse finita sull'Europa, sul Nordamerica o altrove invece che sulla tundra siberiana oggi non saremmo a parlare di mistero di Tunguska, ma di fine dellaciviltà.'', ha commentato Kelley.
di Vesna Tomasevic www.alternativasostenibile.it
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