Attraverso circolari esplicative, note interpretative e sentenze della giurisprudenza andiamo a fondo dell’argomento e cerchiamo di capire la differenza tra restauro e ristrutturazione.
La scelta degli interventi da effettuare sul patrimonio edilizio esistente, di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, appare alquanto semplice sulla base delle singole descrizioni riportate alle lettere c) e d) del citato articolo 3.
A far luce sull’argomento, per capire meglio la materia trattata, si può far ricorso alle circolari esplicative, alle note interpretative o alle sentenze giurisprudenziali che aiutano a fare chiarezza sulle modalità applicative delle norme per la progettazione e la realizzazione degli interventi di #ristrutturazione e #restauro.
In un caso similare, è stato impugnato un provvedimento di rigetto in quanto aveva ritenuto che le modifiche apportate all’immobile fossero contrastanti con le norme di riferimento, nella parte in cui prevede che sugli edifici classificati monumentali possano essere autorizzati soltanto interventi volti al restauro, al risanamento o al consolidamento statico o di bonifica igienica, esclusa qualsiasi alterazione della loro configurazione esterna ed interna, consistente nella realizzazione di un poggiolo e di una terrazza oltre alla creazione di un ulteriore vano abitabile.
La II Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, con la Sentenza n. 119 del 30 gennaio 2014 ha ritenuto che la realizzazione delle opere di cui si tratta ha effettivamente mutato sia la configurazione esterna che quella interna dell’edificio, ricavando peraltro anche un nuovo vano abitabile e incrementando il volume in precedenza esistente.
Le caratteristiche di dette opere non consente una qualificazione delle stesse nella categoria del “restauro, del risanamento o del consolidamento statico o di bonifica igienica” e, ciò, considerando come il tratto differenziale tra “ristrutturazione” e “restauro e risanamento conservativo” è notoriamente da individuarsi nella presenza, o meno, di modifiche strutturali incidenti sulla sagoma e sul volume dell’edificio, ovvero nella presenza o meno di un incremento del complessivo carico urbanistico derivante dall’edificio, (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna Sez. I, 23 ottobre 2013, n. 649).
È stato precisato, infatti, che “gli interventi edilizi che alterano, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica di un immobile e comportano l’inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro o #risanamentoconservativo, ma rientrano nell’ambito della #ristrutturazioneedilizia” (T.A.R. Lazio, Sede di Roma Sez. I- quater, 5 aprile 2013, n. 3506).