Magazine Diario personale

Ritorno a casa parte II

Da Pamirilla

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“Se peeerdo teeeeeee, se peeeeerdo te, che ne sarà di quest’amoreeeeeeeeeeee……………” la Patty canta e io a squarciagola appresso. Un camionista mi suona. Che ho stonato?! L’autostrada lunga e dritta continua a portarmi via, a riportarmi verso casa.
Quando sei nel mezzo della felicità ti sembra di esserci arrivato in un attimo, senza fatica, e invece non è affatto così. Ci vuole niente a perdere le cose. Ti svegli una mattina e hai perso la giovinezza o il coraggio o il talento. Si può perdere il talento? Ho vissuto anni secca come un fiume in secca, facile pensare che non c'è più niente. Quando è stato che ho perso lo sconforto e la tristezza? Ah, già….quando……..sì basta un attimo a perdere le cose; a trovarle, anche.

Ho perso il tappino della Canon!!! Siccome Orio è una persona gentile torniamo indietro a cercarlo: non c’è. È demenziale trascinarlo per il paese mentre è evidente che vorrebbe solo collassare nel suo letto e nel sonno; potrebbe, ragionevolmente, pensare che il tappino neanche esiste e questo mi mette a disagio. Si torna sui nostri passi. “Io l’ho visto il tappino” ci dice la prima tromba della banda quando siamo già lontani dal luogo dove sono appena finite le prove. Ah…torniamo indietro, un’altra volta. Quando trovo il tappino più che altro sono felice di dimostrare che esiste veramente. Ma ormai sono così a disagio che se Orio mi parla del suo sconforto reagisco con sarcasmo, se recrimina non trovo nessuna logica.
Reagisco acida e magari cercava solo una parola gentile. Da me?!! Eccomi, il caterpillar che schiaccia ogni cosa! Eccomi qua, una scheggia pericolosa e tagliente, sgradevole come un sasso in una scarpa, come un posto dove non vorresti essere. Orio mi ha regalato sei tracce sei di musica inedita, con la quale sarò felice per almeno sei mesi sei e probabilmente anche più a lungo ed è stato così gentile da invitarmi alle prove della Banda. Io ho trovato un modo davvero singolare di ringraziarlo. Essì che non si dica che sono una persona scontata. La verità è che quel dolore sordo e trasparente che si porta dietro lo conosco e lo temo. Mi terrorizza, non voglio vedere, non voglio accettare che esista ancora, se non nella mia vita comunque in quella di altri. Non è Orio che vorrei offendere ma quello spettro che gli cammina accanto.
E che indossa scarpe che non mi piacciono.

Meno male che Carlotta mi tira su, apro la posta e la trovo: “Sei una demente!!!”
Promette, Carlotta, di mandarmi un libricino con delle istruzioni per l’uso e, spero anche, disegni dettagliati.
Qualcosa tipo “Come comportarsi in società ed avere rapporti NORMALI con il prossimo ”o “Come comportarsi con un uomo sia come donna ma anche solo come persona civile ” o “Come evitare di essere sempre la solita deficiente”. Ma Carlotta non è una ragazza di parola, ecco. E non mi manda niente.
Mi resta il regalo prezioso di musica meravigliosa e la triste consapevolezza di non averla meritata.

“Se ti tagliassero a pezzetti……..” Oh. Faber, se mi tagliassero a pezzetti sarebbe meglio. A pezzetti sono più sopportabile…….paesaggio completamente cambiato, ho fame. “…Ti ho incontrata lungo il fiume che suonavi una foglia di fiore, che cantavi parole leggere, parole d’amore….” . Canto piano così non disturbo i camionisti.

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Lungo il fiume ci vado tutti i giorni. Ci vado dentro. Dentro è freddo, bianco e felice. Siamo soli e cantiamo insieme. Lui non vorrebbe lasciarmi andare più via, ma devo. Io non vorrei davvero, dover venir via, ma lui dice che mi aspetterà. Batto, batto, forte, fortissimo i piedi nell’acqua e zuppa di fiume corro a casa.

A casa trovo un mucchio di e-mail: Ornella generosa e così splendidamente limpida e sincera, Franca che si è cimentata insieme alla figlia in imprese da alta pasticceria (bravissime!!) e Carlotta che mi chiede le ricette per gli ospiti del week end e me le boccia tutte perché, dice, sono superiori alle sue possibilità.
   …….allora vai in pasticceria e non mi rompere le scatole, uffa!!!!!

“Com’èèèèèèèè straordinaria la viiitaaaaaaaaaaaaa, coooooom’è………” com’è dolce e nera la vita. Non passano camion, canto a voce altissima e stonata.
Umbria. Cambia il paesaggio un’altra volta. Ho fame anche in Umbria, comunque. Allora canto di più. E poi mi suona l’ennesimo camionista. Evvabbè.

La mattina se non sento Piero che batte fuoco, ferro e martello mi manca qualcosa, se Piero non arriva non posso cominciare la giornata. Poi capita che la giornata comincia all’improvviso, quasi mossa da un’accelerazione improvvisa. Così, come sono scesa dal letto, ancora spettinata, il sapore della notte sulla pelle, dalla mia piccola loggia vedo la piazzetta animarsi ed io, con la tazza della colazione in mano, saluto chi arriva e perdo tempo, come se fosse normale. Alda esce con il cane e ritorna, viene il tipo a montare la tenda sulla porta di casa, un’amica a portare notizie, un cliente cerca Piero, gli inquilini accanto cercano il fiume…..è una settimana che chiedono indicazioni e ancora non sono riusciti a farci un bagno!

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“E allora, come va?” mi scrive Chiara
“Ooh bene, sono leggiadra come un elefante in un negozio di vetri. La metà già li ho già rotti”
“Se sono vetri e non cristalli vuol dire che potevano essere rotti e magari è proprio quello che volevi fare.”
Mi risponde. Oh. Io neanche mi ero accorta del lapsus e lei ha capito tutto. Ma guarda Chiara!!!!
Chiara che adesso è in Viaggio anche lei….no, no vacanza, ho detto Viaggio. E cosa starà combinando?


C’è, tra qualche giorno, il concerto di Orio con Harmonia; lì per lì ho pensato “Non può essere vero!!!” e subito dopo “Devo andare A-SSO-LU-TA-MEN-TE!!!” Bene la Banda ma questa è un’altra cosa. E io la voglio.
“Dove?” mi chiede Alda
“Saperlo….e saperci arrivare. Lontanissimo. Da sola non vado quindi mi accompagni.”
A questo punto della storia Alda è ancora convinta che io sia innamorata, il chè corrisponde a verità ma il soggetto è sbagliato. Lei pensa ad un uomo ed io a tutta quella magia di musica che gli si muove intorno, parte dalle mani e si spande in una spirale di felicità pura.
Non ho mai detto di essere del tutto sana di mente. E poi, come ho già detto, hanno dimenticato di fornirmi del libricino delle istruzioni, quindi interpreto le cose della vita un po’….ecco….con una certa autonomia fantasiosa.

Le danze: la prima. La strada prosegue nel sole, lambisce cittadine sempre più familiari e la mia vita appena scorsa non è ancora abbastanza vecchia da poter essere chiamata ricordo.


Non ho portato solo scompiglio ma anche profumo di cannella. Subito dopo l’arrivo dell’alba mi alzo, mi sembra che tutti gli gnomi del bosco mi chiamino e non posso restare a poltrire tra le lenzuola.
Nella mattina fresca impasto frolla delicata, intensa di limone, arrotolo palline di cocco e mandorle e spargo nell’aria cannella. Danza seconda.
Il mio cuore si accoccola sul martello di Piero che batte il tempo per tutti e due e le teglie si riempiono di dolcetti da cuocere. Danza terza, quarta, quinta……danza……una pasticcera che danza.
A pranzo siamo in tanti; a pranzo, oggi, c’è allegria e dal forno si levano profumi intensi. Metà dei dolcetti spariscono prima di essersi freddati del tutto.
Alda mi dice che ho portato allegria e cannella, nel borgo. Gli gnomi, nascosti nel bosco, sghignazzano.

 

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Dopo la triste storia del tappino della Canon Orio è scappato dicendo “Ci si vede” e palesemente sperando che non accada di nuovo. Per parte mia penso che sia meglio eclissarmi, sciogliermi nell’acido, affogare nel fiume, almeno nella versione ufficiale di me.

“Non si va al concerto” decido.
“Uuhm, vabbè” risponde Alda, forse delusa, forse non lo so.

“Alda l’ho fatto io il caffè, stavolta.…” e glielo offro, comunque il caffè è sempre il suo “…Maaaa………a teeee….. ti va di andare?” Magari potrei, penso io……magari non mi faccio vedere.

Per giorni andiamo si, andiamo no, un caffè via l’altro.
Alda, nel frattempo, ha preso un impegno: ripetizioni di latino. Lucrezio. Mai piaciuto, Lucrezio.

Sono le 18.30, la chiamo ma lei resta a trastullarsi con Lucrezio. Le 19 e poi le 19 e un quarto “Guarda che dobbiamo partire entro le 19.30, tassativo” Alle 19.40 finalmente Lucrezio sparisce dalla mia vita, spero per sempre.
“Alda sbrigati, è tardissimooooooo”
“?”
“Il concerto……. facciamo tardi, dai sbrigati”
“Il cheee?.........Ma allora vuoi andare?”
“Sbrigaaaatiiiiiiiiiiii” ti ho visto scellerata, hai trattenuto un sorrisetto compiaciuto.

“ La strada non la so”
“La so io, fino all’ultima uscita la so” dice lei.
Infatti ci perdiamo. Cazzo e tardissimo. Issimo. Il mio mantra recita: “accidenti- a- te- ora- mi- fai- perdere- il- concerto…. comincia-comincia-comincia senza di noi –che ci –siamo-perse” e lei cerca di capire perché ora sto correndo e di ricordare quand’è che ho cambiato idea. Ovvio: alle 18.30, quando c’era tutto il tempo per arrivare in tempo, se non fosse per colpa sua e di quell’idiota di Lucrezio. Lucrezio, mai piaciuto. A me piace Catullo.
Arriviamo, non senza molta fatica, a meta. La villa antica è meravigliosa e con la luce della notte sembra un posto che neanche esiste davvero o comunque un po’ inventato. La sala che già canta è ricoperta di affreschi; piccola, enorme: galleggio.
Decima danza, quinto canto; “Volo dal V canto”, si canta viaggiando con i sensi e con il cuore, volteggiando pensieri e parole in volute soffici come panna montata.
In alto, sul soffitto, troneggiano le allegorie dei segni zodiacali; l’Ariete è in altro a sinistra. La guardo, questa bella femmina opulenta, stretta in un corpetto rosso fuoco che sta per scoppiarle, seni grandi, le gonne larghe e ricche che vien voglia di infilarcisi sotto. Una femmina gustosa, da prendere con un po’ di coraggio ed una certa determinazione. Da prendere a morsi.

Si spengono le danze, troppo presto.
E poi via, si torna nella notte, io e Alda, a perdere la strada e chiedere informazioni ai passanti. Ho fame, una fame!!!!!!
“Invidio il tuo coraggio in amore” mi dice. Che c’entrano l’amore ed il coraggio, sto per rispondere.
Invece c’entrano, mi rendo conto in un secondo. Anche se lei sbaglia sempre il soggetto. E io invece, in questo momento, la amo Alda. La amo e l’ho voluta rubare alle sua sera, alla sua pace fittizia, per farla perdere nella notte con me, tra le luci e gli affreschi, sperando che per un attimo riuscisse a vedere le cose come le vedo io: tutte sbagliate, tutte diverse. Volevo dividerle con lei, le cose che mi fanno scoppiare il cuore e speravo che riuscisse a sentire dentro di sé la felicità come la provo io, in questo momento, almeno per questa sera, assaggiarla insieme, tutta la mia vorace voglia di vita.
Alle tre svuotiamo il frigo (il suo) e mi sazio di amore e musica ma soprattutto pane e prosciutto.
Quante meravigliose, diverse forme d’amore esistono al mondo!
Ma, per quanto faccia, come riuscirei mai a ripagare la generosità infinita di questa donna?

Con le danze finisce anche l’autostrada e adesso è sempre più casa. Ma “casa” cosa vuol dire?
Musica un po’ a casaccio, di nuovo se la sceglie il mio mp3 anarchico. Un po’ di Cohen, un po’ di Taranta,  schizofrenia musicale.


Trovo subito parcheggio (miracolo), trovo il portone aperto e così entro, avvolta di bagagli. Apro la porta e pesto il gatto. Miaaaooooo!” Eh, scusa.
I davanzali mi guardano tristi di menta, rosmarino e timo rinsecchiti.
Casa.
Tiro le tende, nascondo i panni sporchi e mi faccio una doccia.
Nel silenzio, ascolto il silenzio. Una specie di musica anche questa.
Tra poco arriva il mio uomo.
Mi muovo sempre più lentamente.
Assaggio la casa, la consistenza del pavimento.
Sarà qui presto, sta arrivando.
C’è odore di casa e di lui, sapore d’estate.
Lo aspetto.
Ho voglia di fare l’amore.

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