Di fronte ad un foglio bianco, quelle 589 pagine scritte pesano sulla tastiera. Leggere questo romanzo non è facile, così come non è stato facile per la sua protagonista vivere i 4 anni che, con lei, il narratore ci racconta. È davvero un’impresa e dopo averla maestosamente conclusa vi sentirete vuoti: è la sensazione che si prova quando una decina di personaggi indimenticabili vi salutano da lontano, uno per uno.
All’inizio di questa storia, farete la vostra apparizione con Isabel Archer sul verdissimo prato inglese della villa Gardencourt, esattamente all’ora del tè, in tempo per conoscere 3 gentili figure maschil, una delle quali sposterà i binari del destino della fanciulla, accomodandola su un treno senza freni; ma questo mezzo deraglierà in maniera così rovinosa da indurre l’autore a cancellare il momento dell’impatto: James ritaglia un buco al centro del romanzo e non scrive le pagine in cui Isabel decide di iniziare il suo salto definitivo, sposando un’ombra che non avremmo mai sognato per un’eroina così luminosa. Da ragazza indipendente e amante della libertà, si trasforma in una signora, ancor meglio in un ritratto di signora che deve sacrificare le proprie idee, pur di non sentire sulla propria pelle l’onta dell’errore di “lettura” che l’ha portata a far luccicare quella creatura esteticamente piena ma moralmente sottile alla quale si è unita. Il vuoto divide il romanzo in due parti, la prima statica e priva di azione e l’altra vorticosamente avvolta attorno ad avvenimenti decisivi e a personaggi rivelatori di situazioni parallele. Adesso c’è la resa dei conti, adesso Isabel può sedersi davanti al fuoco e capire il perché di quell’incidente del destino che si chiama libero arbitrio. E così, la nostra lei compie un viaggio diverso per ogni fase della sua vita e costante sarà nella sua mente la presenza di tutti gli uomini che avrebbero voluto imbrigliarla e ai quali lei ha delicatamente sbattuto in faccia la propria libertà: dall’affascinante inglese Lord Warburton all’appassionato americano Caspar Goodwood, fino al cugino Ralph, anima bohemienne dal corpo fragile, che è emblema del puro e crudele amore platonico. Quante cose ci sarebbe da dire ancora, quanti personaggi da citare: jamesianamente potrei raccontarvi il mondo di Isabel come fosse un giardino, una casa, un oggetto o forse potrei smettere di tediarvi e lasciare che siate voi a riflettere sulla vita di Isabel insieme a lei, per raggiungere un finale insperato e assolutamente incerto. L’ Henry James di Washington Square ci regala un’opera più matura, che apre la strada a quel romanzo psicologico che svilupperà nel corso della sua carriera in maniera molto più esplicita con Quel che sapeva Maise.
Glenda Gurrado
Henry James, Ritratto di signora, Einaudi, 589 pp., euro 14,50