Prima che arrivasse il “Pendolino” Cafù, a Roma la fascia, quella sinistra, era presidiata da uno dei terzini più forti dell’epoca, Francesco Rocca, il gladiatore di S.Vito Romano (2 agosto 1954) o, come lo chiamavano gli ultras della Sud, Kawasaki.
Il soprannome Kawasaki è per la Mach III 500: la tre cilindri degli anni ‘70, la moto simbolo per i giovani dell’epoca, sinonimo di potenza e di velocità, caratteristica di “fabbrica” del terzino giallorosso. “Kawasaki, era il nostro idolo perché ci metteva la passione e l’impegno che c’avrebbe messo ognuno di noi, accelerava proprio come una moto, si incurvava leggermente e partiva: quando correva sulla fascia sinistra, bruciava l’erba, come Attila”. (Alessandro Catapano, Ti amo, Edizioni Limina).
Nel 1972 la Roma lo acquista su indicazione di uno dei più grandi allenatori di sempre, “il Mago” Herrera e, già dal torneo Anglo-Italiano, Rocca mette in mostra le sue qualità. La notizia di questi giorni è che il Real Madrid sarebbe disposto a pagare oltre 100 milioni di Euro per il laterale gallese Bale, come sempre è difficile paragonare generazioni diverse di sportivi, ma diciamo pure che Rocca era un terzino simile al Gallese, tanta corsa, fantasia e anche incisività sottorete.
Nils Liedholm dopo la sconfitta ai rigori in casa, nella finale di Champions League del 1984, dichiarò che se avesse avuto in campo Rocca, molto probabilmente la partita avrebbe avuto un altro esito. Certo con i se e con i ma non si fa la storia, ma verosimilmente il gioco della Roma perse di imprevedibilità senza le accelerazioni del suo Kawasaki.
Il fatto che Rocca sia uno dei migliori giocatori di sempre della Roma non si evince dal fatto che la società l’ha inserito nella Hall of fame, o meglio non solo da questo, ma soprattutto dall’amore che la tifoseria ancora oggi nutre per lui, nonostante il suo carattere schivo e le sue rare interviste. All’epoca non erano solo i tifosi a capire la grandezza del giocatore, ma anche gli “addetti ai lavori”: “Dopo i Mondiali di Monaco, Rocca sarà senza dubbio uno degli uomini presi in considerazione da Valcareggi per la Nazionale del futuro. Impressionante la stabilità di rendimento di questo ragazzo. E’ un piccolo “Sansone” dai muscoli d’acciaio e di spirito semplice. Tifa Roma da quando scavalcava le recinzioni dell’Olimpico per assistere alle partite della sua squadra; le origini modeste gli hanno fatto capire subito l’importanza del lavoro e di una estrema serietà professionale” (G. Tosatti, 1974). Sin dalla prima partita in Serie A Kawasaki impressiona i tifosi avversari e guadagna le ruvide attenzioni dei nostri arcigni difensori, uno su tutti Benetti, a Milano. Prima partita a San Siro, 25 marzo 1973, Rocca prende palla e sulla sua strada trova la “Roccia”, il cattivo per antonomasia. Il giovane terzino invece di passare la palla, decide di puntarlo e subisce un duro intervento in scivolata, ma senza batter ciglio Kawasaki continua la sua corsa, lasciando i tifosi rossoneri a bocca aperta.
Le cavalcate sulla fascia vengono spesso fermate da interventi scorretti, alcuni al limite del Codice Penale, come quello di Roma-Cesena del 10 ottobre 1976. Un fallo da dietro, all’altezza del polpaccio. Rocca termina la partita, ma poi rimane tre giorni fermo con il ginocchio gonfio. I dottori gli permettono di giocare Italia-Lussemburgo, incontro valido per i Mondiali di Argentina 1978. Tornato dalla partita con la Nazionale, dopo pochi minuti di allenamento, i legamenti cedono. Da allora Kawasaki correrà per la Roma, ma potendo contare su una gamba solamente, passerà lunghi periodi in riabilitazioni che non lo porteranno più in condizioni ottimali. Tra il 1977 e 1978 in campo non scenderà quasi mai, riprende a giocare dalla stagione 1978/79. Per due anni stringe i denti e gioca con una discreta continuità, sempre tormentato dai problemi al ginocchio, a cui si aggiungono quelli alla schiena. Conclude la stagione con la Magica nella stagione 1980/81, colleziona solo 6 presenze, l’ultima in Campionato con la Fiorentina (26 marzo 1981), a fine partita un medico gli fa capire che per lui non c’è più niente da fare, tanto che nella partita d’addio, l’amichevole con il Porto Alegre del 29 agosto 1981, non riesce a giocare più di 19 minuti.
Con la Roma, terminata la carriera da calciatore rimane nello staff tecnico, si occupa del recupero dei giocatori infortunati, segue la loro preparazione, anche a livello psicologico. Nel frattempo Rocca va a Coverciano, con buoni risultati e cerca di avere un incarico di maggiore prestigio con la società, ma non viene accontentato. Si sente di peso, quasi come se il ruolo coperto fosse più un riconoscimento per la dedizione alla causa e decide di andare via.
Si impegna in continui aggiornamenti e, dal 1995, è commissario tecnico delle giovanili italiane con buoni risultati.
Sperando che un giorno possa tornare nella sua Roma da protagonista, non rimane che ringraziarlo per il sudore, il dolore e le gioie regalate alla Sud.
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