Con circa 35 metri di larghezza per 70 di lunghezza e un quarto di ettaro di superficie è il più grande bacino idrico della Roma Imperiale mai ritrovato. La grande vasca è stata scoperta durante gli scavi archeologici all’interno del cantiere per la Stazione San Giovanni della Metro C a Roma. “E’ talmente grande, questa vasca, che supera il perimetro del cantiere e non è stato possibile scoprirla interamente. E’ l’elemento di maggior interesse di un’azienda agricola di I secolo, la più vicina al centro di Roma che sia mai stata trovata” racconta Rossella Rea, responsabile scientifico degli scavi, i cui risultati sono stati illustrati oggi dai responsabili scientifici della soprintendenza speciale ai Beni Archeologici di Roma (Rossella Rea, Francesca Montella, Simona Morretta, Paola di Manzano) presso l’American Academy in Rome.
La scoperta del più grande bacino idrico della Roma Imperiale. Le indagini archeologiche sono state condotte dalla soprintendenza, con la collaborazione tecnica della Cooperativa Archeologica, che ha messo in luce le testimonianze degli insediamenti umani fino a oltre 20 metri di profondità. La vasca “era foderata di coccio pesto idraulico e, nelle dimensioni oggi note, poteva conservare più di 4 milioni di litri d’acqua. Nel I secolo si aggiunge alle strutture di sollevamento e distribuzione idrica di un impianto agricolo attivo dal III secolo a.C. nell’area dell’attuale via La Spezia e di San Giovanni” spiegano le archeologhe Francesca Montella e Simona Morretta, sottolineando che “nessun altro bacino rinvenuto nell’agro romano ha dimensioni paragonabili”. La scoperta fornisce dati storici su un settore, quello di San Giovanni, sul quale le informazioni “erano molto scarse”, evidenzia Rossella Rea.
Grazie agli scavi per la metropolitana la ricerca archeologica arrivata a profondità non raggiungibili. “Lo scavo della nuova stazione metropolitana ha consentito di spingere la ricerca archeologica a profondità non altrimenti raggiungibili”, sottolinea la responsabile degli scavi, e ha rivelato l’esistenza dell’azienda agricola più vicina al centro di Roma. Una scoperta che ha anche portato alla luce dei reperti paleobotanici di grande interesse. Dai reperti lignei e dal materiale organico ritrovato, infatti, si è scoperto che in quell’area era presente la prima coltivazione del pesco appena arrivato dal Medio Oriente.
I reperti ritrovati durante gli scavi. Tra i vari reperti ritrovati, coevi alla grande vasca, ci sono diversi attrezzi agricoli, come il forcone a tre punte e i resti di ceste realizzate con rametti di salice intrecciati. Alla caccia fanno invece capo le due frecce trovate sul fondo della vasca: aste di legno perfettamente conservate e una con la punta metallica ancora al suo posto, una rarità dovuta alle speciali condizioni di umidità e anossicità. Ma anche tavole di legno ancora integre che, inserite in gusci di vetroresina, sono state portate in laboratorio. Dei ritrovamenti fanno parte anche diverse tegole, tubuli, antefisse architettoniche e altro materiale contrassegnato dalle lettere “TL” iscritte in un cerchio, “prova dell’appartenenza di tutte le strutture a un unico impianto e a un unico proprietario”, spiega Montella, probabilmente un facoltoso liberto la cui identità resta ancora sconosciuta.
Il contesto storico e la decisione di Frontino nel 97 d.C. L’azienda smette di funzionare completamente alla fine del I secolo: murature e strutture idrauliche vengono rasate e interrate. Il fenomeno potrebbe essere collegato a una decisione di Frontino, che era stato nominato Curator Aquarum nel 97 d.C. dall’imperatore Nerva. Frontino denuncia la “distribuzione a proprio tornaconto” dell’Aqua Crabra da parte dei fontanieri di Roma. ”Io ho bloccato la Crabra – scrive Frontino – e per ordine dell’imperatore l’ho restituita tutta ai Tusculani”. (ADNKRONOS)