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Roma, disabili pedonalizzati

Creato il 12 settembre 2013 da Albertocapece

728121Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ieri, secondo giorno di un anno scolastico cominciato male,   Giovanni   è rimasto dalle 15 alle 17 e 30 sul marciapiede davanti alla scuola speciale “istituto Leonarda Vaccari”  ad aspettare il pulmino per il trasporto dei disabili, che non è mai arrivato.   È rimasto là,  al vento di un precoce autunno, sulla sua carrozzina  insieme ai suoi insegnanti, di quelli che ci convincono che la loro è davvero una vocazione che la barbarie contemporanea  fa diventare una missione,  e che non possono tenere lui e gli altri ragazzini al riparo all’interno della scuola, dal momento che né gli autisti né gli operatori li conoscono e  non sanno in quale classe cercarli.

Non è cominciato bene l’anno scolastico per Giovanni, gli altri ragazzini come lui e le loro famiglie, che devono contare su un’assistenza così poco sociale da sconfinare in una carità pelosa e impietosa e su diritti retrocessi alla  questua di una elemosina,  come cittadini di serie B, e non che non contribuiscono pagando le tasse, proprio come possono permettersi di fare condannati eccellenti e impuniti.

Finora il servizio di trasporto scolastico ai disabili, distribuito nei vari municipi,  veniva effettuato  sempre dalle stesse persone, autisti dell’Atac e assistenti dipendenti  da Multiservizi, che conoscevano  i bambini, li chiamavano per nome, li assistevano durante il viaggio e scherzavano con loro, e  mantenevano un rapporto diretto coi familiari e gli insegnanti.

Ma da quest’anno  il comune di Roma ha sostituito inspiegabilmente la società incaricata del  servizio, con la Meditral.  C’è da sospettare che amministratori incompetenti incarichino mediante appalti poco trasparenti soggetti altrettanto improbabili: così  in accordo col Comune, la Meditral,   ha stabilito che ogni corsa, sia all’andata che al ritorno dalla scuola (l’orario di entrata è tra le 8 e mezza e le 9 e di uscita alle 15 circa), venga effettuata da un autista diverso, accompagnato da un operatore diverso, che non familiarizza con i ragazzini, con i loro genitori o i nonni, ma nemmeno con i percorsi e gli itinerari, resi più ardui  informazioni errate, coincidenza di  richieste, indirizzi sbagliati. Con l’effetto di ieri: dopo una lunga e inutile attesa sotto casa, molti bambini non sono andati a scuola. Ma i pulmini che li dovevano riaccompagnare invece ci sono andati a scuola, altrettanto inutilmente. Al contrario i pochi fortunati come Giovanni,   arrivati con grande ritardo a discapito del  personale costretto a fare avanti e indietro dall’istituto per accoglierli, non hanno trovato i mezzi all’uscita: qualche pulmino si è presentato verso le 16 e 30, qualcuno alle 17, qualcun altro alle 17 e 30, qualcuno non si è mai presentato.

La mamma di Giovanni, che è una tigre bionda che difende con il suo cucciolo la dignità degli altri ragazzini come lui  e anche la nostra, di cittadini più fortunati, inconsapevoli e troppo colpevolmente indifferenti , ha denunciato i fatti al Comune e ha chiamato i carabinieri che hanno effettuato un sopralluogo, constatando “la gravità di quanto accaduto”.

E ce ne sono di fatti gravi da constatare: a cominciare da sindaci entusiasticamente pronti a stringere un patto, ma tra loro e non con le cittadinanze, intenti soprattutto ad accreditare la loro immagine a fini propagandistici in attesa di chissà che più alti destini. E che scelgono priorità di quelle che danno visibilità più che consolidare la reputazione, slogan, annunci e grandi eventi piuttosto che piccole opere quotidiane di quelle che rendono reale l’umanità e concretizzano la civiltà. Per non parlare di un pensiero comune che critica quei familiari che si arrendono a difficoltà infami e inaffrontabili scegliendo con dolore inaccettabile di confinare  figli, anziani, malati in istituti, ma che tollera di frequentare locali, posti di vacanza, scuole, luoghi pubblici e privati dove chi è differente viene emarginato pudicamente, perché non offenda occhi e risvegli coscienze. Coscienze letargiche che non si vogliono accorgere che c’è un disegno in questa doppia e tripla morale: quella, nel migliore dei casi, di sostituire la pietà alla solidarietà, preliminare alla conversione dei doveri e delle responsabilità collettive e pubbliche con l’esaltazione di strutture private a pagamento, così che ancora una volta si consolidino disuguaglianze oscene, ricchi in strutture a molte stelle, poveri nei lager. Coscienze letargiche e cittadinanza spenta, dunque: le famiglie, anche quelle più motivate, nell’impoverimento di un welfare che è sempre stato esoso con vecchi, disabili e malati, e oggi in totale miseria, non ce la fanno più a sopportare un peso economico e morale in solitudine. E una società sempre più barbara  è appagata nell’aspirazione a nascondere chi ci condanna a pensare che c’è uno altro modo di essere uomini, meno umano, più doloroso, più impervio. Ma che, come dice la mamma di Giovanni, è bellissimo e pieno di amore. Ma è probabilmente proprio dell’amore che quella società ha paura, come della giustizia e della libertà.


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