“Roma non può essere abbandonata alla mafia”. Così recita l’ennesimo rosario retorico del sistema politico della capitale dopo essere stato infiltrato e in pratica gestito da poteri criminali. Ma ciò che davvero esso paventa e aborre è che Roma sia abbandonata agli elettori, come diventa chiarissimo non appena qualcuno accenni a un ritorno alle urne: tutto si può consentire ma questo mai.
E per dare una parvenza di dignità al rifiuto delle elezioni vengono portati in campo i più stravaganti argomenti, il principale dei quali è che uno scioglimento del Comune sarebbe una sorta di scandalo mondiale, qualcosa che segnerebbe per sempre il prestigio della città. La solita storia dei panni sporchi che non vanno mostrati in pubblico, un must che davvero unisce lo stivale da Lampedusa al Brennero. Peccato che in questo caso i panni sporchi siano ormai conosciuti ad ogni latitudine e che conservare intatta l’amministrazione come se niente fosse viene percepito come più grave e più “italiano” dello scandalo stesso, come del resto avviene per l’Expo. Un azzeramento della situazione e un rinnovamento che tagli i ponti col passato apparirebbero quanto meno a livello simbolico come la volontà di cambiare pagina.
Questo atteggiamento oltre ad essere ormai intollerabilmente ipocrita è anche la prova provata che il sistema politico – la destra più ottusa e malaffarosa di Alemanno come il partito della nazione del bullo di Rignano – non hanno alcuna intenzione di cambiare davvero le logiche in cui è nata e nelle quali è cresciuta come una piovra la rete di mafia capitale. Se così fosse, se davvero questo milieu volesse il riscatto della città e la sua mobilitazione contro la criminalità e la corruzione, non può pensare di farlo con un sindaco come Marino, che sarà pure onestissimo, ma che è ormai inviso ai più per la sua palese incapacità amministrativa.
Fare il sindaco non è mestier suo, la città è un disastro, i provvedimenti viari presi in base ad astratti riflessi pavloviani e senza alcuno studio preventivo si sono rivelati un puro ballon d’essai con riflessi negativi e senza alcun vantaggio, i servizi pubblici sono stati pesantemente tagliati sia nelle linee che nelle frequenze, le periferie abbandonate e tutto il peggio di prima è oggi peggio di prima. Ecco lo scandalo: la capitale del Paese non può essere governata da un dilettante giunto a quel posto solo in virtù di scambi di poltrone, ma con vocazioni di tutt’altro genere. Ad essere cattivi si potrebbe dire che Marino stesso riconosce di essere incapace di amministrare: fu questa infatti la sua difesa nella nota vicenda dei rimborsi spesa presentati due volte quando era chirurgo al centro medico di Pittsburgh. Alla luce dell’oggi non c’è motivo di credere che quelle irregolarità fossero intenzionali e non invece dovute alla scarsa voglia e capacità di tener dietro all’amministrazione del budget. No, davvero non c’è bisogno di infierire perché Roma parla da sola. E testimonia anche della futilità dell’altro argomento, quello secondo il quale non si potrebbe commissariare Roma in vista del giubileo, quando invece sarebbe necessario farlo in ogni caso per evitare disastri, bizzarie, estemporaneità dell’ultimo’ora.
Sta di fatto che oggi Marino, anche se il sistema politico glielo consentisse, non è in grado di poter coagulare attorno a sé il consenso generale necessario a condurre una battaglia campale di questo genere e non ne ha nemmeno il carattere. Volerlo imbullonare a tutti i costi alla poltrona del Campidoglio per evitare al suo partito e alla rete di potere cittadino, una possibile sconfitta nelle urne, significa solo che non si vuole fare sul serio con mafia capitale, ma che si cerca di ripararsi dietro l’immaginetta di sant’Ignazio in attesa che passi la buriana.