Nella città di Genova esiste, dal 1780, una gran bella realtà, famosa in tutto il mondo per la produzione di frutta candita, confetti, prodotti di zucchero, marmellate, liquori, sciroppi, cioccolato.
Si tratta della confetteria Romanengo, una ditta che da quasi duecento anni mantiene, immutati nel tempo, la stessa denominazione (“Pietro Romanengo fu Stefano”) e lo stesso marchio (una colomba che tiene col becco un ramoscello d’ulivo).
Quella del confettiere (divenuto poi anche cioccolatiere), così come quella della conservazione della frutta attraverso il processo di canditura (la frutta candita è da sempre il principale ramo di attività della ditta Romanengo) è un’arte e come tale è definita dalla famosa Encyclopédie, secondo la quale quella del confiseur è “l’arte di fare delle confetture di tutte le qualità e molti lavori di zucchero“.
Al lontano 1829 risale l’iscrizione della ditta “Pietro Romanengo fu Stefano” alla Camera di Commercio di Genova, istituita nel 1805, quando la città della Lanterna faceva parte della Francia.
Il valore della famiglia Romanengo non dipende però soltanto dall’aver saputo creare, nell’800, qualcosa di unico, di eccezionale, da prendere come esempio quando si parla di artigianato di qualità, ma dall’essere stata capace di custodirlo e mantenerlo vivo e, soprattutto, di aver saputo conservare la dimensione artigianale originaria della ditta (che non è mai stata trasformata in industria), di aver saputo tramandare, di generazione in generazione, una passione vera, che traspare, netta, dagli occhi degli abili artigiani che lavorano nella piccola fabbrica di Genova.
A conferma di quanto sia sbagliato considerare la parola “conservatore”, sempre e comunque, sinonimo di negatività.
E non poteva certo mancare, in questo piccolo omaggio ad un tempio della frutta candita, il ricordo di una canzone del 1971 di Oscar Prudente, “Un mondo di frutta candita“.