Il circuito automobilistico come il ring di un incontro di boxe, l’epica sportiva come western, l’odore della morte come limite invalicabile eppure così irresistibilmente seducente.
E poi la sfida, il duello, l’infinita, secolare, irrisolta quanto tragicamente romantica lotta dell’uomo per spingersi oltre, l’ebbrezza per quel volo che a Icaro costò la vita.
Ron Howard non resiste al fascino del duello umano e dopo il dirompente faccia a faccia di “Frost/ Nixon”, torna con “Rush” (in sala dal 19 settembre) a raccontare le dinamiche dell’incontro/ scontro tra due uomini. A fronteggiarsi questa volta sono Niki Lauda/ Daniel Bruhl e James Hunt/ Chris Hemsworth: calcolatore, matematico, dimesso l’uno; istintivo, viscerale e superstar l’altro. Nemici per oltre un decennio, rivali storici fuori e dentro il circuito, piloti tra genio e sregolatezza, ma soprattutto uomini in guerra con se stessi e le proprie paure.
La storia è quella che le cronache sportive ci hanno morbosamente restituito per anni: la più chiacchierata, spiata e fotografata rivalità tra due piloti di Formula 1, quella che negli anni ’70 avrebbe segnato la vita agonistica di Hunt e Lauda dai circuiti dilettantistici al disastroso campionato mondiale del 1976.
Solo che con Peter Morgan e Ron Howard al comando, la vicenda che per anni infiammò il mondo delle corse, diventa l’occasione per una disamina molto più ampia sul genere umano e la sua inevitabile, incontenibile attrazione per la morte.
I campioni di “Rush” hanno il fascino delle rock star dei ‘70, si sfidano sul filo del centesimo di secondo, si studiano a distanza, si affrontano a colpi di pit stop, giri veloci e recuperi improbabili.
Howard riesce ad evitare i cliché del biopic sportivo, mantiene la giusta distanza da qualsiasi pretesa di tipo documentaristico, scaraventa i suoi protagonisti in una corsa folle verso l’impossibile e forte di una sceneggiatura solida va dritto al traguardo lasciando allo spettatore la possibilità di assaporare il piacere del racconto.
Indugiare sui rituali giri di gara non serve: Howard preferisce alternare le poche immagini di repertorio ai piani ravvicinati dei pistoni che spingono nei cilindri, delle ruote che sgommano sull’asfalto, dei motori che si scaldano sulle griglie di partenza. E capita così che nell’assordante bagarre di cronisti, bandierine e lamiere in caduta libera, trovi spazio il ritratto crepuscolare di due icone. I silenzi, gli sguardi, le occhiate e i non detti di Daniel Bruhl e Chris Hemsworth fanno il resto.
di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net