Film corposo e vibrante, Warrior del newyorkese O'Connor, sbarcaal botteghino con intenti oscaristici. Storia di speranza che attraversa il tema della riconciliazione coinvolge tre figure maschili di spicco, bendelineate e interpretate brillantemente. Il taurino Tom Hardy (prossimo villandell'ultimo capitolo della trilogia di Nolan su Batman), il guerriero dal cuored'oro Joel Edgerton (gia visto in Animal Kingdom) e l'immortale Nick Noltepadre ex alcolista dei due con tanti rimpianti e un'ultima possibilità diriconciliarsi con il passato e la famiglia. Hardy è Tommy, imperscrutabile earrugginito gladiatore (si ispira nei suoi combattimenti ad un antico lottatoregreco di cui tenta di uguagliarne il primato) che ritorna dal padre Paddy(Nolte) con l'obiettivo di farsi allenare per il torneo Sparta, una sorta dimacelleria mainstream per lottatori che mischiano insieme più arti marziali.Brendan (Edgerton), insegnante di fisica sospeso, non riesce a mantenersi la casa e decidecon la moglie Tess (non senza difficoltà) di tornare sul ring per accaparrarsiil primo premio di Sparta (5 milioni di dollari) e risolvere i suoi problemifinanziari.Se lo prendiamo da un punto di vista puramente filologico, Warriornon introduce nessuna novità ad un filone cinematografico molto carooltreoceano, pieno di speranza e valori forti come la fraternanza, larivincita umana e sociale, e una sorta di patriottismo loser che accontentaambo le parti, aggiornando il tutto al tempo della crisi dei mutui e dell'(ennesima)guerra farlocca (Iraq). La cosa che invece impressiona di questa possente resadei conti è la fisicità con cui viene cavalcato questo ingombrante polpettone.Da subito intuiamo il tratto registico sporco, telecamera incollata sui voltidei protagonisti a sottolinearne le inclinazioni espressive. La macchina da presa si sofferma più volte a scrutarene glisguardi, orizzonti vuoti rivolti al passato, altro grande tema, che trafigge undomani incerto per tutti.Intrigante e convincente, onore al merito recitativo, il rapporto di odio/(quasi)amoreche permea il dialogo interrotto anni prima tra i tre. Non ci sono trionfalisminetti, o meglio O'Connor li affievolisce come meglio può,riuscendoci in parte, macchiando sicuramente il meno possibile una storia cheavrebbe potuto facilmente sconfinare nel patetico.Il film è tutto un grande ring su cui si affrontano le questioniirrisolte di un trittico attoriale sorprendentemente (e pesantemente) partecipe,delineato in 2 distinte metà, in cui la prima, quella interpersonale soccombeper mancanza di coraggio ad una seconda più ritmica e dal grande impatto. Altro pregio del film è quello di non scollarsi mai di dosso (anche neicombattimenti) il risvolto psicologico da cui i tre partono e questo permette aipersonaggi di acquisire un peso specifico che sposta costantemente lo sguardosul solco emotivo apparentemente inguaribile tra le parti. Il secondo tempo è un unico interminabile (in senso positivo) match dove si esalta laregia antispettacolare e dalla parte del pubblico di O'Connor. Gli scontri sono avvincenti, il montaggio sonoro secco ecalzante. Il ritmo ne gode, tanto che i combattimenti sul ring sono da ricordare tra i migliori degli ultimi tempi. Tralasciando i paragonicon Cinderella man e compagnia bella (mi ha ricordato di più la roboante orgiafisica di Ogni maledetta domenica), possiamo dire che Warrior assimila benel'asciuttezza estetica di The wrestler, sfiora l'approfondimento di The MillionDollar Baby e garantisce un alto tasso di spettacolarità inedito e funzionante. Una struttura verticale che punta diretta al sodo tralasciando una scontatezza sceneggiativa di fondo che viene ben soppiantata dalla misura con cui i volumi di spettacolarità (interpersonale e fisica) vengono dosati.Se riuscite per un momento a tralasciare la prima parte della riflessione, quella strettamente riconciliante, riuscirete a godere di un prodotto massiccio, bencostruito, ottimamente recitato e coinvolgente fino all'ultimo respiro.
Voto: 7-
Voto redazione