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Rwanda, per non dimenticare

Creato il 05 aprile 2011 da Dragor

   DICIASSETTE ANNI FA, fra il 6 aprile e il 19 luglio 1994, in Rwanda si consumava uno dei più terribili drammi della storia moderna: nel giro di tre mesi un milione di Tutsi e Hutu moderati veniva massacrato dalle milizie Interahamwe, dell’esercito governativo, da comuni  cittadini e da preti. Ogni dieci secondi veniva assassinato un essere umano sotto lo sguardo indifferente della comunità internazionale. Il genocidio ha toccato crudelmente la mia famiglia.

 PER NON DIMENTICARE, a partire da oggi Journal Intime pubblica una serie di post ull'argomento.

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  IL GRIDO DEL SILENZIO

 

 Verdi colline del Rwanda, cosi' belle e cosi' segrete.

Parlate col silenzio, e il silenzio  grida di dolore...                                                                   

         Pascal Nzezahayo, poeta rwandese

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   17° ANNIVERSARIO DEL GENOCIDIO   

   ERANO LE 17,43 MINUTI del 6 aprile 1994. Fino a quel momento, era stato un mercoledi' come gli altri a Kigali. All'Hôtel des Milles Collines, rendez-vous della crema cittadina, i cooperanti belgi e canadesi si affollavano attorno alla piscina vociando con i loro orrendi accenti mentre ingurgitavano birra Primus o Mateus Rosé. Benché non fossero ancora le sei del pomeriggio, per la maggior parte erano già brilli e in fregola.

   IN TUTTO IL TEMPO che ho passato da quelle parti, non sono mai riuscito a capire che cosa facessero i cooperanti, salvo mangiare i soldi della Banca Mondiale e dare la caccia alle puttane. Quelli non facevano eccezione, le puttane nemmeno. Erano ancora piu' numerose dei cooperanti. Anche la barmaid era una puttana, benché avesse soltanto diciassette anni. Lo so perché la conoscevo, si chiamava Mado. In circostanze normali le Tutsi sono le donne piu' fiere del mondo, ma in certe circostanze anche le donne più fiere diventano puttane. Tutti sanno quello che è successo in Italia e in Francia all'arrivo degli americani durante l'ultima guerra. Perfino le Figlie di Maria si vendevano per una tavoletta di cioccolata. Almeno quelle del Mille Collines costavano più care.

   PUR ESSENDO LE DONNE piu' fiere del mondo, in quelle circostanze erano puttane, perché quelle circostanze non erano normali.  E non erano normali perché le donne in questione erano Tutsi mentre l'etnia dominante era Hutu. In Rwanda gli Hutu avevano tutti i diritti,  i Tutsi nessuno.  E sui passaporti c'era scritto Tutsi oppure Hutu. Nei matrimoni misti, decideva la paternità.

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    MADO STAVA PIANGENDO perché un grosso commerciante Hutu, appena tornato da Parigi, le aveva ordinato un Pernod e lei aveva risposto che il bar era sprovvisto di quel liquore. "Sei una selvaggia" aveva sbraitato l'Hutu in francese per far capire a tutti che era appena tornato da Parigi, cercando goffamente d'imitare l'accento parigino. "Una contadina" aveva aggiunto alzando ancora di piu' la voce (in Rwanda paysanne è un insulto). "Come fai a non avere il Pernod? Non sei... non sei..." Una pausa in cerca della parola giusta, poi scandì le sillabe come fanno gli africani ignoranti quando pronunciano una parola difficile. "Ci-vi-li-sée."

   Ci-vi-li-sée. Non scordero' mai quella parola e quella pronuncia. Ci-vi-li-sée. Perché in quel momento, da lontano, venne un rumore che fece tremare leggermente i bicchieri e le bottiglie sui tavoli. Un rombo di tuono, un colpo di fucile. Si sarebbe potuto scambiare per l'uno o per l'altro.

   E QUEL RUMORE segno' il confine. Da quel momento il Rwanda non sarebbe piu' stato lo stesso. Era scesa la notte.

   ALLE 17,43 DEL 6 APRILE 1994, un missile abbatte il Falcon 50 proveniente  da Arusha (Tanzania) che riporta in patria Juvénal Habyarimana, presidente della Repubblica Rwandese. I brandelli di Habyarimana cadono sulla casa del presidente, che si trova nei pressi dell'aeroporto. La moglie Agatha e i figli devono raccoglierli con una paletta e metterli in sacchetti di plastica, cercando di separarli dai brandelli del presidente burundese Cyprien Ntaryamize che pure si trovava sull'aereo.  Chi ha tirato il missile? Gli Hutu dicono i Tutsi del Front Patriotique de Libération (FPR), i Tutsi dicono i francesi per dare la colpa ai belgi e prendere il sopravvento nel paese, i francesi dicono i belgi, i belgi dicono dei militari francesi travestiti da militari belgi per dare la colpa ai belgi.   Qualcuno sostiene che a organizzare l'attentato è stata la moglie Agathe con l'appoggio della fazione più estremista dell'esercito. Habyarimana stava cercando di accordarsi con l'FPR, che aveva messo il regime Hutu alle corde e controllava il Nord del paese.  La cosa poteva essere dispiaciuta a qualcuno.

    IL RWANDA E" IL PAESE dalle verità più numerose delle colline. Ma la verità, quella vera, non occorre. La macchina si è già messa in moto.

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   OGNI PREFETTURA HA PREPARATO da tempo le liste dei Tutsi da eliminare. Mancava soltanto il pretesto. Le liste vengono passate ai sindaci, i sindaci le passano alle squadre della morte, gli Interhamwe, gli Interhamwe creano posti di blocco su tutte le strade e vanno a cercare le vittime nelle loro case. Il Rwanda non assomiglia alla Svizzera soltanto per il paesaggio. E' un paese molto ben organizzato e nessuno pensa di fare male. Gli assassini sono dei contadini Hutu. Se il prefetto gli ordina di ammazzare gli Inyenzi (scarafaggi), se la radio gli ordina di ammazzare gli Inyenzi, se il prete gli ordina di ammazzare gli Inyenzi, chi sono loro per rifiutarsi?

   DA ANNI I PRETI E I MISSIONARI DEMONIZZANO I TUTSI. Nelle prediche ripetono ossessivamente che i Tutsi sono l'incarnazione del male. E il Rwanda è il paese più cristiano di tutta l'Africa, il fiore all'occhiello della Chiesa di Roma. In Rwanda trovi chiese grandi come la cattedrale di Chartres.  E i preti prendono ordini dai vescovi, i vescovi prendono ordini dal papa.

   WOJTYLA HA CREATO LE PREMESSE DEL GENOCIDIO, ordinando di demonizzare i Tutsi affinché non potessero riprendere il potere. Perché i Tutsi, una nobile stirpe di guerrieri e allevatori, non si lasciano sottomettere e cacciano i missionari. Li considerano sovversivi, un'eredità del protettorato belga, distruttori della cultura tradizionale. Il governo tutsi del vicino Burundi li accetta soltanto perché è ricattato da Roma e Bruxelles. Se li cacciano, gli tagliano i programmi di cooperazione. Cosi' Woityla ha ordinato di demonizzare i Tutsi, il nemico storico. La Chiesa di Roma deve trionfare. Ha alleggerito la coscienza degli assassini, li ha autorizzati al massacro. Chi non vuole uccidere il diavolo? Un passaporto per il paradiso.

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   CERTI PRETI USANO le chiese come trappole. Chiudono dentro i Tutsi che vi si erano rifugiati per sfuggire alla caccia, poi chiamano le squadre della morte e le squadre della morte gettano della benzina nell'interno, quindii bruciano tutto. Se non ci credete, andate in Rwanda. Le chiese contenenti decine di cadaveri calcinati, alcuni abbracciati fra loro come quelli di Pompei, sono state trasformate in musei del genocidio.

  IN ALTERNATIVA ALLA BENZINA, le milizie usano fucili o mitragliatrici. Ma usano soprattutto il machete. Le vittime sanno di non poter sfuggire alla morte, ma supplicano di non essere ammazzate con il machete. Si mettono in ginocchio e chinano la testa sperando in un po' di fortuna. Una pallottola nella nuca e via.  Ma le pistole mancano e i miliziani preferiscono il machete. Gli Hutu invidiano la statura dei Tutsi, cosi' prima di ucciderli hanno cura di farli diventare più piccoli. Accorciando le braccia e le gambe. Quando una donna è incinta, le strappano il feto dal ventre squarciato e lo massacrano davanti alla donna ancora viva. In certi ospedali la milizia serve alle madri un brodo con pezzetti di carne. Quando hanno vuotato la scodella, le informa che hanno mangiato il loro bambino.   Molti Tutsi sono obbligati a uccidere le persone piu' care. Se non lo fanno loro, lo farà la milizia e sarà una morte ancora più dolorosa. I figli vengono obbligati ad accoppiarsi con la madre, le figlie con il padre. Molti fanno fuori i vicini di casa con i quali avevano bevuto birra fino alla sera prima. In certi matrimoni misti il marito uccide la moglie e viceversa. Corre voce che il governo paghi 1000 franchi rwandesi per ogni Inyenzi ammazzato.

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      I 10.000 UOMINI del FPR comandati da Paul Kagame, che in seguito diventerà presidente, puntano su Kigali con una manovra aggirante a spirale, rallentati dai 50.000 uomini dell'Armata Governativa appoggiati dai francesi. Perché i francesi  sostengono il governo Habyarimana  e chiamano "terroristi" o "ribelli" i militanti dell'FPR. Là dove arriva l'FPR i massacri cessano. E' una corsa contro il tempo.  Se mai si studierà la campagna del Rwanda con lo stesso metro di quelle napoleoniche, si vedrà che Kagame non sfigura accanto  al suo omologo corso. Si è formato in un'accademia militare degli Stati Uniti, sa che 10.000 uomini disciplinati valgono più di un'armata corrotta. Con i suoi 10.000 guerrieri tutsi,  gli eredi dei nobili guerrieri dalle lunghe lance, che si sono addestrati per anni in Uganda con una disciplina prussiana, ha sconfitto un'armata di 50.000 uomini appoggiata da una delle più grandi potenze militari del mondo.  E' questo che brucia, alla Francia.  E' per questo che Kagame la tratta con disprezzo, è per questo che sta imponendo l'inglese come seconda lingua a scapito del francese, è per questo che i politici francesi hanno incaricato il giudice Bruguière di montare un’accusa contro di lui per accollargli la responsabilità del missile che ha abbattuto l’aereo di Habyarimana. In realtà sono corresponsabili del genocidio  e un giorno dovranno renderne conto al tribunale internazionale. 

   A DIFFERENZA DEL PASSATO, quando avevano fermato la guerriglia tutsi con scontri diretti, ora i francesi non s'impegnano direttamente nei combattimenti. Si limitano a rifornire l'armata, che loro stessi hanno addestrato, e fanno i controlli d'identità. Controllano sui passaporti chi è Tutsi e chi è Hutu. Consegnano i Tusi alle squadre della morte come in Parigi occupata i flic consegnavano gli ebrei ai nazisti.  Quando i francesi abbandonano Kigali, il personale tutsi del Centro Culturale  chiede di partire sullo stesso aereo.  I francesi rifiutano di lasciarlo salire sui veicoli in partenza per l'aeroporto. Qualcuno viene ammazzato, qualcuno salvato dai belgi. A Parigi sono preoccupati perché Jean-Cristophe Mitterrand, il figlio del presidente, ha trasformato Kigali in un centro di traffico di droga e armi. Bisogna coprire le prove del crimine, proteggere gli antichi alleati e fare un piacere al papa, cosi' il primo ministro Juppé (un cattolico che chiama "terroristi" o "ribelli" i militanti dell'FPR) lancia l'operazione Turquoise. Ufficialmente si tratta di un'operazione umanitaria, in pratica si crea una sacca dove gli assassini vengono ospitati e protetti.  Le strade si riempiono di cadaveri. Vecchi con gli occhi fissi verso il cielo, bambini con le braccia sopra la testa nel tentativo di proteggersi dalle lame dei machete, madri con il figlio fra le braccia.

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   E MENTRE SCRIVO QUESTE RIGHE, ricordo una notte di ventitré anni fa. La notte del 20 agosto 1988, quandlo hanno ammazzato mia moglie, rifugiata rwandese in Burundi. Non era legalmente mia moglie, perché a quell'epoca non avevo ancora ottenuto il divorzio dal matrimonio precedente. Ma l'avrei sposata. Se non l'avessero ammazzata. Nella gabbia dei conigli, dove aveva cercato di nascondersi. Dopo diciotto anni, rivivo quel momento come se fosse ieri. Come se fosse adesso.  Eravamo saliti a Bugarama, a duemilacinquecento metri sulle montagne alle spalle di Bujumbura, ospiti di un'amica commerciante che era andata a Nairobi per affari e ci aveva prestato la casa per il weekend.    

    QUANDO CI PENSO, VEDO TUTTO NERO. Niente è nero come le notti in Africa. Era nero e faceva freddo. Mancava l'elettricità, mancavano anche le candele. Avevamo accostato i due letti della camera e dormivamo abbracciati per scaldarci a vicenda. A un tratto lei è balzata a sedere, avvisata da un istinto ancestrale. Spesso le succedeva di svegliarsi nel cuore della notte, come se avesse un incubo ricorrente. Di solito si confidava con me, ma quella volta è stato diverso. Non ha detto niente, come se la cosa non mi riguardasse. Come se fosse una sua questione privata, un rito antico che non potevo capire. Ero un mujungu, uno straniero. Le nostre strade si dividevano. L'Africa profonda la reclamava.

   E' BALZATA DAL LETTO NUDA e l'ho sentita correre via. Un momento dopo ho sentito dei tonfi e delle grida. Qualcuno è entrato nella stanza, ho sentito i suoi passi. Non vedevo niente, ma loro ci vedono. E' entrato nella stanza, poi è uscito. Ho sentito delle grida in giardino, poi dei lamenti dolci, sommessi. Poi piu' niente.

   SONO RIMASTO IMMOBILE. Il tempo è passato, a un certo punto mi sono accorto che era spuntata l'alba.  Sono uscito nel giardino. Non si vedeva nessuno, i boy erano fuggiti. Era tutto grigio, gli alberi, il cielo, la terra, l'erba, ma nel grigiore ho visto una macchia rossa. Una grande macchia rossa. Sono andato in quella direzione.

   E L'HO VISTA. Era nella gabbia dei conigli. Per misura di sicurezza, avevano massacrato anche i conigli. Levis sit tibi terra, mon amour.

                                   Dragor


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