Photo credit: Enrico Letta / Flickr / CC BY 2.0.
Polemiche sui saggi scelti da Enrico Letta per consigliare ed elaborare sui progetti di riforma costituzionale. Cinque di questi sono stati denunciati a vario titolo al pm di Bari Renato Nitti per associazione a delinquere, corruzione, falso e truffa aggravata. L’inchiesta coinvolge ben 35 professori ordinari, ma fanno scalpore ovviamente i cinque saggi di Letta: Augusto Barbera (Università di Bologna), Beniamino Caravita di Toritto (La Sapienza di Roma), Giuseppe De Vergottini (Università di Bologna), Carmela Salazar (Università di Reggio Calabria) e Lorenza Violini (Università di Milano). Le accuse sono di aver pilotato concorsi per associati e ordinari, assegnando di fatto cattedre a piacimento. Una vera e propria associazione a delinquere, che avrebbe agito nelle diverse università italiane negli ultimi tre anni condizionando pesantemente le assunzioni di professori. I concorsi finiti nel mirino della Procura sono quello da ordinario di diritto costituzionale bandito dall’Università Europea di Roma e quello da associato nell’Università di Macerata. Segnalati nell’indagine anche l’ex Garante per la privacy Francesco Pizzetti e l’ex ministro per le politiche europee Anna Maria Bernini (concorso da ordinario di diritto pubblico comparato dell’Università europea di Roma). Gli indagati, in attesa di veder accertate o meno le loro responsabilità, si difendono. Il professor Barbera nega qualsiasi coinvolgimento: “non potevo ricevere pressioni, poiché non sono in commissione, e non ne ho esercitate, quindi non capisco in che modo possa essere coinvolto. Se qualcuno ha fatto il mio nome a sproposito non posso saperlo”. De Vergottini ribadisce: “posso serenamente escludere di aver mai pilotato un concorso o aver avuto interesse recente in un mio allievo”. Anche Pizzetti si dice altrettanto sereno. “mai sono intervenuto. Né avrei potuto”. Ma la polemica sui saggi di Letta è destinata a montare, soprattutto per il coinvolgimento del Presidente della Repubblica Napolitano, che ha conferito loro l’incarico direttamente, elevandoli al rango di “saggi della Repubblica”. Saggi che ora riescono di finire dietro le sbarre.