Magazine Diario personale

SALMAN RUSHDIE - "Joseph Anton"

Creato il 10 febbraio 2013 da Zioscriba


Salman Rushdie
Joseph Anton
Mondadori
Traduzione di Lorenzo Flabbi
Voto: 7
A prescindere da ogni considerazione di carattere stilistico (mai come in questo caso irrilevante), e dal fatto che ogni corposa autobiografia – sì, in certi passaggi persino questa! – sia destinata a momenti di noia mortale, questa è una lettura a dir poco obbligatoria per chiunque abbia a cuore la libertà di Pensiero, di Espressione e di Creazione Artistica, oggi più che mai minacciate dalla violenta permalosità di maggioranze più o meno decerebrate (e aizzate dai peggiori miserabili bastardi). E per chi di conseguenza abbia a cuore la necessità e la speranza che a far da contraltare a tale orrorifico sconcio possa levarsi la voce di un nuovo orgoglioso e intransigente Illuminismo, e non lo stronzo balbettio smidollato e autolesionista (o viscidamente opportunista) del politically correct delle mie sante balle.
Principale difetto del libro, la scelta di narrarsi in terza persona: in alcune parti, anziché con un sanguinante diario sembra di aver a che fare con una di quelle pompose "biografie autorizzate".
Joseph Anton è il vero nome di copertura che Salman scelse per sé stesso, in omaggio ai due scrittori che più amava, Joseph Conrad e Anton Cechov.
Ma gustiamoci qualche passo:
«Da queste tre parabole, L'anonimo sugarolo, I mocassini banditi e Il vicerettore barcollante sul suo trono, ho appreso il seguente messaggio, che oggi voglio condividere con voi: primo, se nel corso della vita qualcuno un giorno vi dovesse accusare ingiustamente di quello che si potrebbe chiamare un "abuso aggravato di sugo" - e accadrà, oh se accadrà - voi non lasciatevi punire. Secondo, non vale la pena di essere accettati da qualcuno pronto a rifiutarvi perché indossate le scarpe sbagliate. E terzo, non inginocchiatevi davanti a nessuno.»

Impiegò più di quattro anni a scrivere il libro. Quando in seguito qualcuno provò a ridurre quel suo lavoro a un "insulto" ebbe voglia di rispondere: "Posso offendere molto più in fretta di così".

Le religioni, le maggiori come le meno note, appartenevano di diritto al cestino della storia, e sperava che qualcuno le gettasse una volta per tutte insieme agli altri ricordi giovanili del genere umano, come la Terra piatta, per esempio, o la luna fatta di formaggio.

I musulmani radicali cominciarono a uccidere anche i loro correligionari meno fanatici e sanguinari. In Belgio, il cittadino saudita Abdullah Ahdal, un mullah ritenuto il "leader spirituale" dei musulmani di quella nazione, fu assassinato con il suo assistente tunisino Salim Bahri per aver affermato che, qualunque cosa avesse detto Khomeini a uso e consumo degli iraniani, in Europa vigeva la libertà d'espressione.

... la necessità di essere blasfemi (gli scrittori dell'Illuminismo francese avevano usato deliberatamente la bestemmia come arma, perché si rifiutavano di accettare che il potere della Chiesa ponesse dei limiti al pensiero)

Chi prima era rimasto neutrale, adesso era pronto a prendere posizione, stomacato da quanto aveva visto in tv, dai cartelloni con scritto A MORTE RUSHDIE, CANE BASTARDO e MEGLIO MORIRE CHE VEDERLO VIVERE, e dal dodicenne che spiegava alle telecamere di essere pronto a uccidere il bastardo personalmente. Anche le apparizioni di Kalim Siddiqui e Cat Stevens [gentaglia pro fatwa, Nota dello Zio] erano servite alla causa.

il traduttore giapponese... fu trovato ucciso in un ascensore... Il caso fu messo a tacere... Chi invece non restò in silenzio fu il portavoce dell'associazione giapponese-pakistana, il quale dichiarò esultante: «Ci compiacciamo di quanto è accaduto. Dio ha fatto sì che Igarashi avesse ciò che si meritava. Ne siamo tutti molto felici».

Da quando la ragione era stata ribattezzata irragionevole? Quando era successo che le fiabe dei superstiziosi avevano scalzato lo spirito critico e la satira? Una religione non è una razza, pensava. È un'idea, e le idee reggono (o crollano) perché sono (o non sono) abbastanza forti da resistere ai loro detrattori, non perché si mettono al riparo dalle critiche.

Poi Cat Stevens, ora col nome di Yusuf Islam, riemerse sul "Guardian" al pari di una scoreggia nella vasca da bagno, pretendendo ancora una volta che Rushdie ritirasse il suo libro e si "pentisse". Il suo sostegno alla fatwa, ribadiva, era assolutamente in linea con i Dieci Comandamenti.

Quella sera sull'emittente Arte gli fu chiesto di rispondere al questionario di Proust. Alla domanda "parola preferita" rispose: «Commedia». E a "parola più detestata": «Religione».

L'Italia... stava tentando di persuadere gli Stati membri a sottoscrivere una lettera, firmata congiuntamente dall'Iran e dalla stessa UE, in cui venisse ratificata l'eterna validità della fatwa, in cambio di una breve assicurazione scritta da parte iraniana sul fatto che non sarebbe mai stata portata a compimento... era necessaria anche la sua approvazione... Non avrebbe mai accettato una dichiarazione simile nemmeno in un milione di anni. «Che vadano affanculo, opportunisti bastardi»...

La "lettera italiana" non fu mai né approvata né inviata.

A Londra, il ministro dell'Interno laburista Jack Straw, sempre pronto a blandire i collegi elettorali islamici, annunciò un nuovo provvedimento che avrebbe esteso la legge sulla blasfemia, arcaica, obsoleta e abrogabile, a tutte le religioni oltre a quella anglicana, rendendo dunque lecita, fra le altre cose, una nuova persecuzione e un'eventuale proscrizione dei Versi satanici... Rowan Atkinson [Mister Bean, NdZ] chiese a quegli uomini senza volto e al ministro senza portafoglio cosa ne pensassero della satira. Naturalmente erano tutti suoi fan... Dunque dissero: «Oh, la commedia ci piace da matti, e la satira, poi, non abbiamo nulla contro». Rowan fece un lugubre cenno d'assenso con il capo, poi rimarcò che poco tempo prima, in uno sketch televisivo, aveva usato alcune immagini di musulmani in ginocchio per le preghiere del venerdì, forse a Teheran, mentre una voce fuoricampo diceva: "Continuano le ricerche delle lenti a contatto dell'ayatollah". Voleva sapere se, con la nuova legge, una cosa del genere sarebbe stata considerata accettabile o se sarebbe stato arrestato.

Mi piace pensare che non siano preti e mullah, figuriamoci dinamitardi e assassini, le persone più adatte a sancire i limiti di quanto sia possibile pensare.

Piace pensarlo pure a me.

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