Parlare di acqua può significare parlare di tutto e parlare di niente…tali e tanti gli aggettivi che la definiscono, i sinonimi, i termini correlati e derivati. L’acqua è risorsa, è preziosa, è pura, è fonte di vita, è insostituibile, è ovunque, è limitata, è catastrofe, è pericolo e tanto altro ancora. Quasi a dire: “l’acqua è l’acqua”. Nel termine sta anche la sua definizione. Nient’altro da dire. Nel tutto e niente ci sta appunto la contraddizione di un elemento che, fonte insostituibile e inestimabile di vita, diventa anche elemento di distruzione e, di questi tempi (ma in realtà forse da sempre), merce contesa.
E ben lo sanno gli autori di “Salvare l’acqua. Contro la privatizzazione dell’acqua in Italia”, libro scritto a quattro mani da Claudio Jampaglia e Emilio Molinari. Nel titolo è già esaustivamente espresso il paradosso di fondo sul quale si fonda l’analisi dei due giornalisti: come può l’acqua, elemento naturale che occupa il 70% del Globo, che è alla base della vita di tutti gli esseri viventi, essere in pericolo? E a maggior ragione: come si può pensare di privatizzarla? Come si può pensare di ridurre a oggetto di contesa economica una cosa che, per definizione, è tanto preziosa da non avere prezzo? Una domanda che non nasce dal nulla, ma trae origine da un decreto, il decreto Ronchi appunto, contenente le norme sulla privatizzazione dell’acqua, che il 19 novembre 2009 diventa legge, approvata dalla Camera con 302 voti a favore, 263 contrari e nessun astenuto. Ecco dunque che “Salvare l’acqua”è un viaggio nell’Italia dei Comuni, dei servizi, delle “aziende idriche”, dei bilanci, dei diritti dei consumatori, della politica, degli investimenti, degli sprechi, del pubblico e del privato, delle multinazionali e delle multiutility, per rispondere a una domanda semplice: “qual è il motore della società? Il denaro o i diritti, le Borse o le Costituzioni, lo scontro tra gli interessi di ciascuno o l’etica e un patto globale perchè il mondo non si distrugga da solo? Chi deve prendere la parola per primo: i cittadini o le aziende?” Se l’acqua è un monopolio naturale assoluto e come tale sfugge alle regole del mercato classiche, cos’è che viene privatizzato? Il solo servizio o il bene comune? Secondo quanto scrive Debenedetti sul Corriere della Sera la domanda a monte non è tanto ideologica, quanto pratica: “Chi svolgerà un servizio migliore? Chi per legge dovrà fornirlo per l’eternità, per il solo fatto di essere pubblico, oppure chi, privato oppure anche pubblico, perchè ha vinto una gara per gestire l’infrastruttura, che dopo dieci anni dovrà rendere, e sa che, se sgarra, paga e magari perde la licenza?”. Sulle pagine del Corriere il giornalista ci sta dicendo insomma che l’acqua è sì un bene pubblico, che però a un certo punto diventa privato. Ciò che ci dobbiamo chiedere è: questo bene perde dunque la sua natura pubblica “quando fa girare le turbine (private) che producono elettricità? Quando irriga campi privati? E quella del rubinetto, lo diventa quando riempie il bicchiere? Come gli altri beni della terra, l’acqua è un bene pubblico, e il suo essere pubblico si realizza quando la usa il pubblico vero, l’<<utilizzatore finale>>. Quello che conta non è l’<<in sè>> del bene, ma il modo con cui viene usato. Bisogna distingure il bene dal servizio. Non sono naturalmente dello stesso avviso Molinari e Jampaglia per il quali, quella sostenuta dai favorevoli alla privatizzazione, è una bugia bella e buona. Anzi, è l’ambiguità di fondo su cui si gioca l’intera questione: “il cittadino accede ad un diritto che è l’acqua potabile, perchè questa sgorga da un rubinetto, non perchè va al fosso a raccogliersi l’acqua e se la porta a casa; perchè non è potabile, e non è quello il diritto: il diritto è quel rubinetto che esce, e quindi è la gestione che conta”. Ma è anche vero però che l’acqua non è soltanto “aprire un rubinetto” e scoprire un bene tanto prezioso quanto dato per scontato. L’acqua è anche fiumi, mari, risorsa, energia, alluvioni, frane, e come tale entra dappertutto, nella nostra quotidianità, in qualunque produzione umana. Ecco allora che questo libro vuole ragionare sull’acqua “di tutti”. Quella più legata ai cittadini, non soltanto appunto quella utilizzata dall’agricoltura e dall’industria, ma quella piccola porzione di acqua, che è circa il 10-20%, considerata per gli usi umani. L’acqua tocca tutti gli aspetti della nostra vita, sia essa sociale, comunitaria o altro; e come tale non può entrare nel circuito economico che può essere quello di una normale merce. Perchè essa prima di tutto è un diritto. E senza non si vive.
Attraverso storie e interviste, percentuali e dati di realtà Molinari e Jampaglia ci raccontano di un’Italia tutta, dal Nord al Sud, di destra e di sinistra, che è tra i protagonisti dell’attuale crisi mondiale dell’acqua. Una crisi in cui chi governerà l’acqua governerà la vita. Secondo dati forniti dalle stesse Nazioni Unite entro il 2040 il 50% della domanda di acqua che l’umanità farà resterà senza una risposta. E questo determinerà qualcosa come trecento milioni di “profughi idrici”, che premeranno alle frontiere e determineranno sconvolgimenti socio-politici. Perchè la “petrolizzazione dell’acqua”, secondo gli autori del libro, è prima di tutto una questione politica. E’ la decadenza della democrazia. Perciò affrontare il problema dell’acqua pubblica significa affrontare il problema della democrazia, del ruolo degli enti locali, della partecipazione diretta dei cittadini alla gestione di un bene simile. “Quindi noi sostanzialmente cosa raccontiamo? Raccontiamo che in Italia, come in altri paesi del mondo, i cittadini devono tornare ad occuparsi dei beni comuni e della politica; perchè la politica, nel senso dei partiti soli, non ce la può fare. Dove i beni comuni rifondano la democrazia, noi in Italia torniamo proprio sull’acqua, il bene comune per eccellenza”.
Emilio Molinari (Milano, 12 novembre 1939) è un politico italiano, esponente di Democrazia Proletaria e parlamentare europeo.È stato eletto alle elezioni europee del 1984 per le liste di DP. È stato membro della Commissione per l’energia, la ricerca e la tecnologia e della Delegazione per le relazioni con il Giappone. E’ una figura storica dell’ambientalismo italiano, oltre che animatore del gruppo lombardo che portò alla chiusura della centrale elettronucleare di Caorso. Già consigliere regionale e senatore, è autore del libro Acqua: argomenti per una battaglia (Puntorosso Edizioni 2009, premio Elsa Morante). È stato presidente del Comitato italiano per un Contratto mondiale sull’acqua.
Claudio Jampaglia già caporedattore di “Diario” e “Liberazione”, ha scritto Porto Alegre, il Forum sociale mondiale (Feltrinelli 2002); Cgil, 100 anni al lavoro (Ponte alle Grazie 2006) e ha curato la versione italiana di Guerrilla Kit (Isbn 2005).
Titolo: Salvare l’acqua. Contro la privatizzazione dell’acqua in Italia
Autori: Jampaglia Claudio e Molinari Emilio
Dati: 29 settembre 2010, 220 pagine
Editore: Feltrinelli, collana “Serie bianca” (disponibile anche in ebook)